Inchiesta Tenda Bis, gli indagati facevano la “cresta” sui materiali forniti per poi rivenderli

24 maggio 2017 | 17:40
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Inchiesta Tenda Bis, gli indagati facevano la “cresta” sui materiali forniti per poi rivenderli

Un’attività investigativa che ha portato le fiamme gialle a chiedere il supporto della gendarmeria di Marsiglia

Cuneo.Vincenzo D’Amico, dell’Anas, direttore dei lavori; Antonino Froncillo, di Fincosit, direttore tecnico di cantiere; Antonio Palazzo, dipendente Fincosit e capo cantiere; Luigi Mansueto, di Gallerie di Tenda scarl; Nunziante De Rosa, operaio Fincosit. E ancora Claudio Eusebio responsabile di area dei cantieri Nord Italia per Fincosit; Sergio Scarpelli di Fincosit, contabile di cantiere; Domenico Belcastro di Italconsul spa e Giovanni Di Chiara. Gli ultimi due sono consulenti esterni.

Eccoli i nomi degli indagati nell’operazione coordinata dal sostituto procuratore Chiara Canepa che ha portato alla luce una serie di irregolarità nella realizzazione del tunnel Tenda Bis che collega Limone Piemonte e la Val Vermenagna alla Val Roya, in Francia. Devono rispondere a vario titolo dei di furto aggravato, frode in pubbliche forniture e detenzione illecita di materiale esplodente. Altre otto persone sono state raggiunte da avvisi di garanzia.

I destinatari delle misure di custodia cautelare (tra domiciliari e obblighi di dimora), in sostanza, sono il personale di società costruttrici del raddoppio del tunnel per la Francia ovvero la “Grandi lavori Fincosit”, la “Galleria Tenda scarl” e Anas. Un’indagine molto complessa che ha preso le mosse lo scorso anno sotto la guida del colonnello Massimiliano Pucciarelli, comandante provinciale della GdF che ha visto impegnati in particolare gli uomini del nucleo mobile della compagnia di Cuneo.

Secondo quanto ha potuto ricostruire la guardia di finanza che ha indagato sulle società costruttrici del raddoppio del tunnel tra Italia e Francia c’era un accordo fra gli indagati per rivendere materiali di metallo che sarebbero dovuti servire per la galleria. Li avrebbero rivenduti come rifiuti ricavandone circa 100 mila euro ad aziende che raccolgono il metallo nelle province di Cuneo e Torino.

Un’attività investigativa che ha portato le fiamme gialle a chiedere il supporto della gendarmeria di Marsiglia. Un passaggio in Francia necessario che ha permesso di sequestrare tutto il cantiere su entrambi i versanti.Proprio nel Paese d’Oltralpe si è verificata una parte delle frodi ipotizzate. Gli investigatori sono riusciti a individuare il meccanismo con cui gli indagati avrebbero sottratto materiali, per poi rivenderli.  Il materiale sottratto dal cantiere e rivenduto serviva per la “realizzazione a regola d’arte” del nuovo ponte. Si tratta di centine, piedritti, tondini zigrinati, micropali e altri profilati.