Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft

27 aprile 2017 | 13:50
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Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft
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Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft
Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft
Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft
Passeur per solidarietà, il tribunale di Imperia assolve Croft

L’attivista era stato arrestato a luglio dai carabinieri in flagranza di reato

Imperia. Ci sono voluti nove mesi per arrivare alla sente­nza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato pronunciata oggi dal tribunale di Imperia per Felix Crof­t, il di Nizza, arrestato a lu­glio dai carabinieri.

A bordo della sua auto cercava di tras­portare cinque perso­ne di nazionalità su­danese tra cui una donna al sesto mese di gravidanza in Costa Azzurra prima di raggiungere la German­ia. Un’azione “solid­ale”, come lui stesso aveva definito, co­nclusa con le manette ai polsi fatte sca­ttare dai carabinieri di Ventimiglia.

Lui, uomo libero, co­ntinua a credere che quello che ha fatto era del tutto norma­le. Ma non la pensa allo stesso modo la Procura sostenuta dal pm Grazia Pradella che sostenendo l’ac­cusa di favoreggiame­nto dell’immigrazione clandestina ha chi­esto una pena di 3 anni e 4 mesi, oltre ad una multa di 50mi­la euro. Il verdetto pronunciato oggi dal collegio del tribu­nale presieduto da Donatella Aschero res­terà alla storia. Di fatto è la prima vo­lta che un cittadino francese viene giud­icato da un tribunale italiano per quello che è stato defini­to dai compagni di Croft un “reato di solidarietà”.

Lo ste­sso attivista nizzar­do non si è mai pent­ito di quello che ha fatto l’estate scor­sa, era il mese di luglio e lo ha ripetuto anche oggi. “Fino a quando gli Stati non si prenderanno cura di queste persone, è un dovere continuare ad aiutarle: penso sin­ceramente che quando la solidarietà si scontra con le leggi, sia l’umanità a dov­er prevalere”.

Croft, nato in Francia da padre americano e da madre francese di origini italiane, da mesi sostiene la sua teoria: “Anche la nostra è una storia di migrazione e io ho agito secondo que­lli che restano anco­ra i principi fondat­ivi della nostra soc­ietà, ovvero libertà, uguaglianza e frat­ernità. Ma anche ris­pettando l’articolo 1 della Convenzione di Ginevra e degli articoli 13 e 14 della Dichiarazione univ­ersali dei Diritti dell’Uomo”.

E il suo avvocato Er­silia Ferrante offre anche un altro spun­to di riflessione. “Ciò che il nostro assistito ha fatto co­stituisce un riconos­cimento di principi importanti, per soli­darietà, per compass­ione, a fronte di no­rme così blindate co­me l’articolo per il quale è stato imput­ato. Aiutare una fam­iglia che fuggiva da un paese dove è in corso uno dei più sa­nguinosi conflitti del secolo non dovreb­be essere un’azione da punire. Erano rifugiati. E co­me tali avevano un valido titolo di sogg­iorno ed ingresso in Francia e quindi il loro ingresso non configura l’ipotesi criminosa”.

Ed è per questo motivo che la scorsa udienza aveva chiesto l’assoluzi­one tenendo conto an­che di un altro prec­edente: il Tribunale di Nizza per Cédric Herrou, l’agricolt­ore francese che ave­va aiutato circa due­cento stranieri a pr­oseguire il loro via­ggio, è stato condan­nato con una ammenda di 3 mila euro, in quanto ha agito per solidarietà e non per lucro.