“Cri, uno di noi”: il saluto di Ventimiglia al 30enne Cristian Lorenzi

3 aprile 2017 | 17:04
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“Cri, uno di noi”: il saluto di Ventimiglia al 30enne Cristian Lorenzi

Gli amici di Cristian, che praticava judo, hanno portato a spalla il feretro indossando il kimono bianco

Ventimiglia. Oltre trecento persone si sono riunite nella cattedrale di Ventimiglia alta per dare l’ultimo saluto a Cristian Lorenzi,  il 30enne che ha perso la vita in un tragico incidente in corso Genova quando, a bordo del suo scooter Y-Max, si stava recando al lavoro a Monaco, come faceva ogni giorno.

“Gesù parla a noi che siamo nel cammino e questa parola ci pone di fronte una meta: la vita eterna. Di fronte alla morte c’è il timore, c’è il nonsenso del rifiuto ed è nella nostra natura fuggirla. Ecco che Gesù attraverso i suoi insegnamenti ha indicato la strada per superare tutto questo. Con fatica, con tempo, ma questo può essere superato: la morte non è un salto nel vuoto, nel buio, nel nulla ma invece è una continuità verso quella meta che già conosciamo nell’oggi e che il credente può scoprire giorno dopo giorno nella sua vita. Ecco perché ognuno di noi è chiamato proprio dalla parola di Dio a riscoprire questa sua profonda responsabilità. Come Cristian ha celebrato il suo tempo, vivendo l’esperienza della fede, vivendo l’esperienza della solidarietà, dello stare insieme agli altri, del condividere le cose. Il suo carattere forte, capace di stare accanto a coloro che gli erano vicini, ma anche lontani, la testimonianza di voi che siete tutti qui attorno a lui, questo ci dice una vita vissuta, una vita fortemente capita, una vita dove non c’era il perdere tempo, ma c’era invece l’occuparsi di chi ti sta accanto”, ha detto don Luca Salomone nella sua omelia.

“Ognuno di noi ha le sue memorie, ognuno di noi ha i suoi aneddoti sull’incontrarsi con lui: non deve diventare semplicemente ricordo”, ha aggiunto il sacerdote, parroco di Ventimiglia alta, “Noi siamo stati davvero coinvolti da un amore che non ci lascia. Ecco perché quando si diventa cristiani accade proprio questo: in una grande misura accade che noi lasciamo dei segni che rimangono, non come una memoria del passato ma come una realtà sempre presente. Ecco perché la vita dello spirito è tutta nostra e oggi Cristian vive proprio questa esperienza tutta spirituale ma reale: è accanto a voi, è qui in mezzo a voi, il suo corpo ci lascia ma il suo spirito rimane anzi contempla il volto di Dio e lui dal cielo ci richiama a fare del bene come siamo capaci, come anche lui sapeva. Ma capaci di dare tempo a ciò che non passa ed è proprio l’amore. Vogliamo superare la fatica attraverso lo sguardo di Cristian che ci dice “amate”, affaticatevi nell’amare, spingetevi verso l’oltre. Lui tutto questo lo coglieva, non semplicemente per il suo carattere o perché i suoi genitori glielo avevano insegnato, ma perché lo sentiva dentro. E dentro di sé abitava, come in ognuno di noi, la voce di Dio. Ecco allora seguiamo questa voce, lasciamoci coinvolgere con questo incontro con Cristian e viviamo l’esperienza del nostro quotidiano non semplicemente verso qualcosa che non conosciamo, ma verso la realtà che già lui conosce, che è la realtà di Gesù che ti accompagna giorno dopo giorno”.

Gli amici di Cristian, che praticava judo, hanno portato a spalla il feretro indossando il kimono bianco. Prima che il feretro partisse verso l’ara crematoria di Nizza, in piazza è esploso un grande applauso e un coro: “Cri, uno di noi”.