Completato il restauro del polittico di Sant’Antonio Abate di Borghetto d’Arroscia

1 aprile 2017 | 15:56
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Completato il restauro del polittico di Sant’Antonio Abate di Borghetto d’Arroscia

L’icona del santo è accompagnata ai lati da san Giovanni Battista e da san Pietro, come vuole la comune e diffusa devozione ligure

Borghetto d’Arroscia. Sarà presentato domani, domenica 2 aprile, il restauro del polittico di Sant’Antonio Abate di Guido da Ranzo, di proprietà della parrocchia di Ubaga, frazione di Borghetto d’Arroscia. L’evento è in programma alle 16 ad Albenga presso la Sala conferenze, in via M. Lengueglia 12.  Si tratta di una singolare opera d’arte che ha coinvolto in profondità gli interventi restaurativi del polittico, attuati, per dirla con il restauratore, Riccardo Bonifacio, «con tecniche differenti, alle diverse tipologie di lacuna per scongiurare il rischio di una lettura “deviante”», con stuccate e ripetute stesure di colori a vernice.

Sarà presente il direttore del Museo diocesano, don Mauro Marchiano, quindi il vescovo diocesano Guglielmo Borghetti, il direttore dell’Ufficio Beni culturali mons. Giorgio Brancaleoni, con il vice direttore Alma Oleari, l’ispettore di zona della Soprintendenza, dott. Alfonso Sista, e il restauratore, Riccardo Bonifacio.

La figura di Pietro Guido da Ranzo e della sua bottega risale nella sfera artistica ligure, tra la fine del XV secolo e la metà del XVI. In particolare la sua pittura, a soggetto sacro, emerge in Val d’Arroscia e negli ambienti vicini, caratterizzandosi con uno stile personale e un prestigioso linguaggio artistico, adatto a chiese, oratori e santuari. All’artista viene attribuito il polittico di sant’Antonio abate, datato 7 dicembre 1532, riportato in trono con lo sfondo orato, avendo ai piedi il porcastro e il bastone a tau e in alto due angioletti musicanti.

L’icona del santo è accompagnata ai lati da san Giovanni Battista e da san Pietro, come vuole la comune e diffusa devozione ligure, conosciuta anche da altri pittori operanti in Liguria, quali Antonio Brea e il Canavesio. Sensibilità che spiegano, come ha scritto Alfonso Sista nella relazione storica del restauro, la manifestazione di Pietro Guido «come continuatore ripetitivo di un linguaggio che nel Ponente ligure, a partire dalla fine del Quattrocento, riassume apporti di diversa origine, coniugando con grande sensibilità eclettica l’essenza dei maggiori protagonisti di quella stagione.