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Hikkimori, la sindrome di autoreclusione sociale degli adolescenti arrivata dal Giappone

9 marzo 2017 | 09:51
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Hikkimori, la sindrome di autoreclusione sociale degli adolescenti arrivata dal Giappone

E’ una condizione di estremo isolamento che colpisce i giovani, quasi letteralmente incatenati davanti al computer

I primi casi in Italia sono stati diagnosticati nel 2007 e da allora il fenomeno e’ in continua crescita ed e’ associato a internet addiction. Inizia all’incirca tra la terza media e la prima superiore, gli adolescenti posti di fronte alle comuni sfide della crescita, tendono ad evitare sempre di più il mondo esterno fino a scegliere l’autoreclusione in una loro sfera, dei social network o dei video giochi, fatto di una stanza, in cui i contatti con gli altri sono relegati solo all’universo virtuale.

Ci si chiede se il rapporto parossistico tra Hikkimori e web sia la causa o l’effetto. In merito ci sono due teorie: la prima afferma che gli Hikkimori nascono per colpa della rete, che con le sue tante attrattive ti cattura al suo interno allontanandoti dal mondo, mentre la seconda sostiene che i ragazzi manifestano un disagio, perché non reggono il peso del confronto e della continua aspettativa che arriva dalla cultura contemporanea.

Si va a generare cosi un circolo vizioso con isolamento sociale, reclusi in casa nella loro stanza e il mondo virtuale della rete, posto bellissimo dove andare, potenzialmente infinito e pieno di stimoli, in cui crearsi una vita fuori dalla vita. I sintomi che caratterizzano la sindrome di Hikkimori sono: depressione, letargia, disturbi ossessivi compulsivi, incomunicabilità e isolamento sociale.

Nei casi più gravi , chi e’ colpito da tale patologia vive recluso in casa, abbandonando qualsiasi attività e comunicando solo attraverso internet. Negli Hikkimori il sentimento prevalente e’ la vergogna, vivono come un fallimento la distanza tra il mondo che si e’ immaginato e previsto per se’ e quella che invece e’ la realtà.

Gli adolescenti affetti da tale patologia manifestano una forte avversione per tutte le attività sociali, dall’uscire con i coetanei alla pratica di attività sportive di gruppo e soprattutto un’accentuata fobia scolare che non riguarda ne’ le materie, ne’ lo studio, ne’ gli insegnanti ma la socialità complessiva, il rischio di rifiuto, la competizione.

Riguardo al trattamento bisogna entrare in contatto con questi ragazzi trovando il modo attraverso internet, con Skype o con le chat di interagire creando un’empatia base per un’alleanza terapeutica per poter affrontare un percorso di psicoterapia.

Dottoressa Daniela Lazzarotti

www.danielalazzarotti.com

www.facebook.com/dottoressalazzarotti