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Creare sinergie, le donne unite non solo l’8 marzo

8 marzo 2017 | 18:17
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Creare sinergie, le donne unite non solo l’8 marzo

Questo pomeriggio la nostra redazione ha ospitato cinque donne di valore che hanno trattato del ruolo femminile nella società di oggi

Sanremo. L’otto marzo, quest’anno, è tornato a essere davvero la Giornata internazionale della donna. In oltre 40 paesi del mondo, tra cui l’Italia, tra cui la Liguria, milioni di attiviste sono scese in strada per dire basta alle discriminazioni e alla violenza. “Scioperiamo per affermare la nostra forza. Scioperiamo per avere un salario minimo, perché non siamo più disposte ad accettare salari da fame e perché vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito e l’abolizione dell’obiezione di coscienza”, hanno urlato citando il documento a suggello dell’iniziativa. Un’iniziativa che ha rilanciato il significato di questa data e a cui, a suo modo, anche Riviera24.it ha voluto contribuire.

Questo pomeriggio, infatti, la nostra redazione ha dato la parola a cinque donne, donne di valore, che, partendo da storie, identità e professioni anche profondamente diverse le une dalle altre, hanno trattato del ruolo femminile nella società di oggi e fatto il punto su cosa è stato fatto e su quanto ancora bisognare fare per il raggiungimento e il riconoscimento della pari opportunità.

Nonostante le numerose conquiste ottenute nel corso degli anni anche da un punto di vista normativo – ha dichiarato Sonia Carolì, direttore provinciale CNA Imperia – è sempre molto difficile trovare donne imprenditrici con capacità e soprattutto disponibilità ad avere un ruolo attivo all’interno di un’organizzazione. Questo perché, molto probabilmente, il carico di lavoro che comporta affrontare il portare avanti un’attività, difficilmente si concilia con gli impegni familiari e le cure, le attenzioni che i nostri affetti richiedono. Conciliare tempi di vita e di lavoro è una sfida che ancora oggi noi donne dobbiamo superare e raggiungere. Credo che questo sia un tema che debba essere affrontato non solo da un punto di vista normativo-legislativo, perché comunque alcuni strumenti li abbiamo avuti e hanno una storia. Mi riferisco nello specifico alla legge 125 che è del lontano 1991 e oramai compie ventisei anni. Così come la legge 53 del 2000, che sul tema della conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro delle donne ha scritto una pagina nuova della letteratura normativa per il nostro Paese”.

Vero è – ha proseguito Carolì – che trasformare i precetti normativi in modalità di gestione della società è molto diverso e molto spesso ci troviamo di fronte a donne sulle quali pesa non solo il carico di lavoro imprenditoriale, ma anche quello di cura della famiglia o di congiunti che necessitano di essere accuditi in maniera particolare. Mi viene da dire che anche la legge 285 del 1997, nonostante fosse prevalentemente incentrata sulle disposizioni a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, fu importante perché investì risorse in servizi per i bambini più piccoli agevolando il rientro al lavoro dopo una maturità. Gli eventi della vita esistono, e se un giorno ci troveremo all’interno di una società capace a distribuire equamente il carico di lavoro familiare tra i suoi componenti a prescindere dal genere, allora forse ci ritroveremo con una politica e un mondo di rappresentanza più attivo e partecipativo della vita delle donne”.

Il cammino da compiere, dunque, è ancora lungo. In questo percorso, tuttavia, muoversi come un corpo unico in nome dei propri diritti e delle proprie libertà è fondamentale. Ne è convinta anche la presidente di Fidapa Bpw Italy, sezione di Sanremo, Beatrice Vanzo: “L’importanza di essere unite nel perseguire certi obiettivi, nel portare avanti i nostri diritti è di assoluto rilievo. Bisognerebbe prendere a modello il mondo animale che è sempre fonte di insegnamento. Per esempio, i volatili sono piccoli e sono facili prede se presi individualmente ma uniti in un stormo riesco a mettere in fuga anche il predatore più agguerrito. Questo ci fa capire quanto se compatte possiamo portare avanti, quanti risultati possiamo raggiungere. In tutto questo, credo che un ruolo significativo lo ricoprano le associazioni come ad esempio Fidapa: un’aggregazione femminile con oltre 11.300 socie a livello nazionale, la cui missione è promuovere, coordinare e sostenere le iniziative delle donne che operano nel campo delle arti, delle professioni e degli affari. Quindi incoraggiamo le donne a un continuo impegno nonché a una consapevole partecipazione alla vita sociale, amministrativa e politica della loro comunità, adoperandosi per rimuovere gli ostacoli ancora esistenti. Agiamo inoltre per rimuovere ogni forma di discriminazione a sfavore delle donne, sia nell’ambito della famiglia che in quello del lavoro, e sempre nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di pari opportunità. Ciò per mettere in evidenza che, oltre alla necessità di una rappresentanza, forte è anche il bisogno di avere rappresentatività, ovvero dobbiamo delineare bene la nostra capacità e quanta capacità abbiamo nel portare avanti gli interessi del gruppo che stiamo rappresentando. Questo è decisivo, perché senza possiamo fare tante parole ma non ottenere nessun risultato”.

E se la lotta alle discriminazioni può essere condotta con il supporto di un gruppo, la storia è testimone dell’esistenza di associazioni che hanno invece promosso la discriminazione di genere. A riguardo Sara D’Amico, membro del Lions Club Sanremo Matutia, ha raccontato: “Il gruppo Lions Club International  è nato nel 1917 con un’impostazione nettamente maschilista. Le donne hanno dovuto attendere molti anni prima di sedere fra le loro fila e il raggiungimento dell’uguaglianza uomo-donna Lions è stata raggiunto solamente ieri, nel 1987. E nella nostra città, il Lions Club Sanremo Matutia ha sottoscritto la carta di pari opportunità l’anno successivo. Attualmente a livello mondiale ci sono circa 1 milione e 400 mila Lions, di cui solo il 25% è donna. Diversamente che in passato, però, all’interno dell’associazione alla donna è riconosciuto non solo il compito di gestione familiare, sono promosse anche le diverse professionalità e le diverse intelligenze”.

Ma la società di oggi quanto ancora è sessista, quanto è ancora improntata al concetto di diversità? “Come quella raccontata nel 1949 da Simone de Beavoir in Il secondo sesso – è intervenuta la pedagogista clinica Roberta Rota, anche lei membro Lions Club Sanremo Matutia oltreché Fidapa Bpw Italy – la società attuale è a mio parere ancora sessista. Per le donne ancora oggi è difficile combattere il concetto di diversità, dell’altro, dell’altro da noi, quindi il concetto stesso di donna che non riesce a riconoscersi. Un aiuto in tal senso attiva dalle associazioni, le quali cercano di promuovere nuove culturale, nuove visioni di pensiero capaci anche di interpretare il concetto di diversità come autenticità. Perché in fondo siamo tutti diversi, ciascuno di noi è unico e originale, e questo dono ci viene dato dato ontologicamente per quello che noi siamo. Ognuno di noi ha qualcosa da dare, ognuno di noi ha qualcosa che può fare e sicuramente la capacità di pensiero divergente delle donne è un grossissimo motore, perché noi donne siamo amore, siamo l’essenza stessa dell’amore”.

Esistono tuttavia forme di amore che amore, purtroppo, non sono. “Uno dei primi obiettivi messi in atto quando assunto la carica di assessore alle Servizi sociali del Comune di Ventimiglia – ha spiegato Vera Nesci, avvocato e assessore ai Servizi sociali e socio sanitari, ai Servizi alla persona e ai Servizi educativi e scolastici del Comune di Ventimiglia nonché presidente dello Sportello di ascolto e informazione “Orizzonti donna” – è stato quello di aprire uno sportello antiviolenza. Questo perché, purtroppo, oggi come ieri la violenza sulle donne è un male diffuso e ciò nonostante gli strumenti normativi predisposti negli ultimi anni. Ecco che in tale contesto l’esistenza di un centro di aiuto per le donne è diventato necessario. Bisogna affiancare le donne, bisogna supportarle, tutelarle, bisogna far capire loro che possono uscire da quello che nel momento della disperazione appare come un tunnel cieco. Le donne possono farcela anche se hanno dei bambini, una famiglia e soprattutto se noi diamo loro aiuti finanziari. Perché, giustamente, il passaggio per uscire da una situazione di violenza in cui la donna è la vittima., è fondamentale vivere una situazione di autonomia economica. In qualità di avvocato ho dovuto affrontare casi di donne spaventate dal fatto che la denuncia potesse trarle fuori dal malessere ma insieme potesse far perdere loro la protezione garantita da quello stesso stato di malessere. Il risultato è una situazione statica, di sofferenza generalizzata e impossibilitata a mutare nel tempo”. Ma chi sono queste donne? “Si tratta di donne tendenzialmente giovani, sia lavoratrici che non, e soprattutto donne con bambini. Inoltre, ultimamente è aumentata la percentuale di donne immigrate vittime di violenza. Anzi, posso affermare che sono proprio loro i soggetti più vulnerabili tra quelli vulnerabili. Perché spesso queste donne non hanno attività lavorativa, non conoscono persone, sono molto chiuse all’interno del loro nucleo familiare e ciò le isola maggiormente. Come aiutarle? C’è un solo modo: fare sistema, muoversi insieme in nome di una sola causa, la loro, la nostra”.