Anna Blangetti, la “zitella” del teatro sanremasco: “Recitare è necessario come costruzione di sé”

27 marzo 2017 | 09:40
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Anna Blangetti, la “zitella” del teatro sanremasco: “Recitare è necessario come costruzione di sé”

In occasione della Giornata mondiale del teatro, la direttrice artista nonché attrice, scenografa e regista della Compagnia Stabile Città di Sanremo si racconta su Riviera24.it

Sanremo. La moglie brontolona, la vedova scaltra ma anche la pia e petulante zitella sono i personaggi che più ama interpretare. Per i compagni di brigata, in virtù della sua inveterata attitudine al comando, è “Adolfa”. Per tutti i sanremaschi e tutti i sanremesi è una agguerrita paladina del teatro matuziano che, prima di calcare la scena, come portafortuna, recita sempre Storia egissiana di Dino Ardoino. È Anna Blangetti, attrice, scenografa, regista, sceneggiatrice, costumista, traduttrice in vernacolo nonché direttrice artistica della Compagnia Stabile Città di Sanremo che, in occasione della Giornata mondiale del teatro, di cui oggi cade la ricorrenza, si racconta su Riviera24.it.

Buongiorno signora Blangetti,vuole ripercorre gli atti più importanti della sua carriera nel mondo del teatro?

Chiamarla carriera forse è un eufemismo, comunque il teatro è sempre stato una mia grande passione fin dalla tenera infanzia. Per “motivi familiari”, ho potuto lasciarmi andare a questo hobby solamente nei primissimi anni Novanta, per la precisione nel ’91 e nel ’92. Da allora sono piano piano entrata nel suo meccanismo e, ahimè, non ne sono più uscita, tanto che oggi gestisco sotto tutti gli aspetti la Compagnia Stabile della Città di Sanremo. Come dico sempre, “Dal chiodo al copione”.

Quali “ruoli” ricopre all’interno della Compagnia?

Al di là del tradurre, trascrivere, modificare testi, copioni e quant’altro, recito e curo la regia di molti spettacoli. Per questa mia inveterata attitudine al comando, in sede gli amici mi chiamano “Adolfa”, il che è un tutto dire.

Insieme alla Compagnia, è principalmente attiva nell’ambito del teatro dialettale: vuole parlarcene?

Fondata nel 1970 da Francesco “Nini” Sapia, la compagine si è imposta nel corso degli anni come un’istituzione culturale per la conservazione e la diffusione del dialetto sanremasco. Per noi di una carta età, noi che abbiamo nelle orecchie il dialetto delle madri, dei nonni, dei bisnonni e via in su, il teatro dialettale è un grandissimo valore. Di conseguenza, è nostro preciso dovere difenderlo, fare il possibile per mantenerne qualcosa. A questo proposito, da otto anni, con il collega Gianni Modena e la supervisione del poeta locale Aldo Bottini, organizzo un corso di dialetto per i ragazzi delle scuole medie. Ci tengono molto a conservare viva la nostra parlata.

Dei tanti personaggi che ha interparto, qual è quello che più ha cucito addosso?

Per questioni anche fisiche, i miei personaggi preferiti sono generalmente quelli della moglie brontolona e della vedova. Quello che tuttavia più mi è cucito addosso è il personaggio della zitella, pur non essendolo mai stata!

Chi è il suo modello?

Ho più di un modello. Senza dubbio, Maria Pia Ferrandini, Nicoletta Semeria e Alda Olivari: tre grandi maestre, colonne portanti della Compagnia Stabile Città di Sanremo, alle quali presto dedicherò anche una serie di incontri-ricordi.

I giovani sono interessati al teatro?

Direi di sì, in quanto grazie all’attività di teatro dialettale che svolgo nelle scuole medie, ho potuto verificare con i miei occhi la grande passione dei giovani, anche più piccoli, quando chiedo loro di fare una piccola esibizione. Ovviamente, lavorare nel mondo del teatro significa assumersi impegni non indifferenti. Perché il teatro è anzitutto disciplina, una disciplina che, come tutte, richiede costanza, impegno, predisposizione caratteriale, soprattutto il piacere di mostrarsi. Non bisogna infatti sottovalutare la componente esibizionistica, essendo questa una molla scatenante che non basta a se stessa, ma richiede, appunto, tanta dedizione.

Quanto c’è bisogno di teatro oggi?

Oggi come ieri, del teatro c’è sempre bisogno: il teatro è necessario come costruzioni di sé. Inoltre, nell’ambito del mio caso specifico, quindi del teatro dialettale, ha una valenza primaria nel tramandare tradizionali, abitudini, modi di dire, proverbi nonché la memoria di luoghi che le commedie conoscono ma le persone hanno dimenticato per via dell’urbanizzazione.

Quali sono i progetti futuri della Compagnia?

Anzitutto la rappresentazione sul palco del Teatro Ariston della commedia annuale che la Compagnia offre alla cittadinanza in occasione dei festeggiamenti patronali di San Romolo. Continueranno poi corsi di teatro per i bambini delle elementari, i corsi di dialetto per i ragazzi delle medie, gli incontri per adulti sulla conoscenza e la diffusione della letteratura dialettali e tanto altro ancora. Il tutto sempre con la benevolenza del Comune di Sanremo, il quale, speriamo, ci sostenga ancora economicamente.

Perché?

Perché dal qualche anno grava sulla Compagnia, dal 1995 ente convenzionato con il Comune, lo sfratto. Questo ricade sullo nostra sede in piazza Cassini e coinvolge anche altre associazioni come Cai, Csi e Banda municipale. Tutti quanti auspichiamo una pronta ed opportuna sistemazione della situazione per poter proseguire la nostra attività.  

Per concludere, vuole regalarci una piccola esibizione come se fosse sul palco di un teatro?

Certamente, con piacere. Reciterò per voi la poesia che dico sempre prima di aprire una commedia “ Storia egissiana” di Dino Ardoino: U Faraùn u l’éira aciacrinàu / percòuse u s’éira acortu che sa fia, / metèndu int’i pastisci a dinastia, / a tegniva in cuntegnu scustümàu // e d’amanti a n’aveva ina partia. / Tütu, per fara smete u l’ha pruvàu, / cue bone e ascì cue grame, ma u l’è stàu / tèmpu pèrsu. E da pàire de famija // u l’ha pensau che forsci per frenà / u muvimèntu int’a stansia da létu / da prinsipessa u fusse bèn fissà // – tramite in inflessibile decrétu – / che ogni zuénotu amessu a prufità // de sue gràssie u purtasse in lensurétu / de grosse prie da lascià pöi lì: / e Piramidi i sun nasciüe cuscì”.