Usava il bancomat dell’amante ricoverato in ospedale per fare acquisti, sessantaduenne assolta a Imperia
E’ stato dimostrato che i prelievi di denaro servivano per gli spostamenti e per prestare assistenza al compagno
Imperia. Era stata accusata di aver sottratto soldi dal bancomat di A.A., mentre quest’ultimo era ricoverato all’ospedale di Imperia in rianimazione. L’uomo, suo amante e convivente, era deceduto qualche settimana più tardi.
Era stata la figlia di A.A. a denunciare C.F., 62 anni, poi rinviata a giudizio per violazione dell’art. 55 del Decreto Legislativo 231/2007 che prevede la reclusione fino a cinque anni, l’utilizzo indebito di bancomat e carte di credito altrui. Secondo l’accusa quei prelievi al bancomat per quasi 6mila euro in pochi giorni non erano stati autorizzati da A.A. che era in rianimazione. Il processo è stato celebrato ieri mattina davanti al giudice monocratico Laura Russo che, dopo aver sentito i testimoni, ha assolto C.F., difesa dall’avvocato Giulio Bettazzi ai sensi dell’art. 530 comma II c.p.p..
In particolare il processo ha consentito di accertare che C.F., di anni 62, e A.A., ben più anziano, erano amanti, conviventi e che la loro intenzione era quella di sposarsi. L’imputata si è difesa sostenendo che dovendo assistere A.A. nel periodo trascorso in ospedale (dove poi malauguratamente è deceduto) non poteva lavorare e spendeva grosse cifre anche per gli spostamenti e per prestare assistenza al compagno. Era proprio questi a insistere perché C.F. utilizzasse i suoi bancomat fornendogli i relativi pin. Evidentemente il giudice ha creduto all’imputata o, comunque, ha ritenuto che la pubblica accusa non avesse fornito la prova dell’utilizzo indebito.
“D’altra parte – ricorda l’avvocato Bettazzi – nei rapporti familiari o parafamiliari è del tutto normale utilizzare i bancomat senza distinzione facendo confluire i soldi in una sorta di virtuale fondo comune. Nessuno pensa mai di farsi rilasciare una autorizzazione scritta all’utilizzo del bancomat della moglie o del marito. Se fosse passata la tesi dell’accusa, ognuno di noi avrebbe dovuto immediatamente preoccuparsi di munirsi di autorizzazione dei propri congiunti. Fortunatamente è arrivata l’assoluzione”. Per le motivazioni dell’assoluzione, il giudice si è presa 90 giorni.