#sanremo2017, nella quiete del “Savoy” dove si cantano ancora le canzoni di Tenco
Un pomeriggio con Filomena, nonna sanremese, che si era innamorata dell’artista di Cassine
Sanremo. Ti lasci alle spalle il Casinò e la chiesa russa, sali per qualche tornante lungo una strada stretta poco lontano dall’hotel Royal e ti ritrovi nella pace di Sanremo. Lontano dalle luci scintillanti di via Matteotti, dalle slot e dalle roulette del tempio dell’azzardo e della calca attorno all’Ariston, ecco il maestoso “Savoy”, o meglio l’Albergo Savoia.
E’ un palazzo color crema che sembra “Buckingham Palace“, con un giardino ben curato. Poco oltre il cancello, in fondo al lungo viale, ecco la dependance dove nella notte fra il 26 e il 27 gennaio del 1967 morì Luigi Tenco. Sono passati 50 anni: qui è sepolto il mistero del cantante di Cassine. Morto suicida o ucciso? Il tempo, da queste parti, sembra essersi fermato.
A due minuti dal Casinò dove nel 1967, alla serata inaugurale del Festival, Tenco cantò “Ciao amore ciao” per poi essere bocciato dalla giuria, sorgono ville lussuose. Gli inglesi, mezzo secolo fa, svernavano nella Riviera dei Fiori sotto il sole tiepido passeggiando sul lungomare di corso Imperatrice. In via Nuvoloni c’è una calma talmente piatta che si sente il profumo del mare salire tra le curve.
Nell’ex Savoy, trasformato in parte in alloggi, ci abitano il custode quarantenne e la sua famiglia. Cancello chiuso e luci accese al piano terra. Il resto è tutto vuoto. I proprietari dell’hotel hanno in mente di realizzare per buona parte residence e case vacanza. Ma qualcosa che ricordi la figura di Tenco neppure l’ombra. Solo Filomena, pensionata di 75 anni, che abita in una palazzina poco lontano dal Savoy, qualche giorno fa, ha fatto capolino davanti al cancello, come se fosse in pellegrinaggio e anche oggi era lì davanti. I cantanti impegnati nelle prove all’Ariston, lei a curiosare oltre il cancello. “Io c’ero nel 1967 – ricorda con gli occhi lucidi – Avevo 25 e mi ero innamorata di quell’uomo. Quella sera, al Casinò quando cantò quel pezzo, avevo i brividi”.
Un brano che non fu apprezzato né dal pubblico né dalla giuria, arrivò al dodicesimo posto su sedici brani in classifica e fu escluso dalla finale. Non rientrò nemmeno col ripescaggio. “Ma io – ammette – la canto ancora adesso perché aveva parole profonde, bellissime. Ieri sera iniziava il Festival mi sono piazzata davanti alla tv e ho sentito Tiziano Ferro. Quando ha cantato “Mi sono innamorato di te” – confessa nonna Filomena – ho pianto, non mi vergogno a dirlo”.
Immagini mai sbiadite che restano scolpite nella memoria di molti ragazzi dell’epoca come Filomena che hanno poi vissuto il ’68. Via Luigi Tenco esiste a Modena, a Cento, a Gela, a Lecce, a Mantova, a Vittoria, a Osimo, a Monghidoro: il paese di Morandi. Non a Sanremo. Filomena, e non solo lei, spera però che l’amministrazione Biancheri non si dimentichi di questo grande artista. Quel 1967, ora, è come evaporato: neppure il nastro della registrazione televisiva è disponibile. Dell’esibizione di Tenco rimangono solo alcune foto di un uomo in abito insolitamente formale, teso davanti al doppio microfono e alla scenografia optical. Sanremo potrebbe fare qualcosa di più al di là di tutto: magari una statua come quella dedicata a Mike Bongiorno o almeno una strada da dedicare al cantante che stava rinnovando la musica leggera italiana con una pattuglia composta tra gli altri anche da Fabrizio De André, Gino Paoli, Bruno Lauzi e Umberto Bindi.