Sessantottenne si rompe la caviglia sul sagrato della chiesa di Imperia, il giudice ordina maxi risarcimento e i conti della parrocchia vengono sequestrati
Gli avvocati difensori ricorrono in appello: “Errore del giudice perché gli scalini della parrocchia sono del Comune, la sentenza va annullata”
Imperia. Una sessantottenne cade sugli scalini della chiesa della parrocchia di Santa Maria Maggiore a Castelvecchio. Il giudice onorario del tribunale di Imperia “condanna” la parrocchia al pagamento di un maxi risarcimento da 150 mila euro e per questo motivo i conti della chiesa diretta da don Joseph Arockiasamy vengono “sequestrati” dai legali della pensionata.
Risultato? Una quindicina di famiglie, assistite dalla parrocchia, restano senza aiuti e anche le bollette da pagare della chiesa restano un bel grattacapo da risolvere. Tutto chiaro? No, neanche per idea. Perché se il giudice avesse approfondito meglio la questione avrebbe scoperto che scalini e sagrato non appartengono alla parrocchia, bensì al Comune. E’ l’ente il vero colpevole di quell’infortunio. Ed è su questo elemento chiave che i legali della parrocchia di Castelvecchio hanno fatto ricorso in appello cercando di ribaltare la sentenza di primo grado.
I giudici genovesi, passando ai raggi x il ricorso, hanno “sospeso” la sentenza: al momento l’ottantenne potrà essere liquidata solo per la metà del risarcimento che ha ottenuto su disposizione del “Got” di Imperia. E come se non bastasse anche l’assicurazione della parrocchia si è “ritirata” perché si è appunto scoperto che non è parte in causa.
Una storia che è cominciata sei anni fa quando la signora, al termine di un concerto ospitato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, era caduta accidentalmente sul sagrato perchè gli scalini erano sconnessi procurandosi la frattura trimalleolare della caviglia sinistra con successivo ricovero all’ospedale Galliera di Genova dove era stata sottoposta ad una doppia operazione.
I suoi legali hanno citato la parrocchia quando ancora era retta da don Giorgio Marchesini. Si è arrivato così davanti al giudice onorario del tribunale di Imperia che, senza batter ciglio, ha condannato l’imputato” ad un maxi risarcimento di 150 mila euro. Ad indagare meglio sulla vicenda sono stati proprio i legali della parrocchia che hanno scoperto che il vero colpevole era il Comune. Infatti è spuntato fuori un documento che ha confermato come il proprietario di scalini e sagrato della Santa Maria Maggiore è l’ente pubblico.
Per i legali “il Got ha commesso un errore: avrebbe dovuto indagare meglio sulla vicenda evitando così di bloccare anche i conti della parrocchia stessa che ora si trova in gravi difficoltà nel sostenere le famiglie bisognose”. Ed ora don Joseph Arockiasamy ha alzato bandiera bianca: “I pochi spiccioli raccolti durante le messe della domenica non bastano neppure per pagare una bolletta”.
Ma nulla è perduto: il ricorso in appello presentato dagli avvocati difensori della parrocchia si fonda quindi sull'”errato e manchevole percorso logico ermeneutico in punto an debeautur seguito dal primo giudice al fine di rendere la gravata sentenza”. In buona sostanza la tesi seguita dal giudice, al fine di dichiarare la responsabilità ex art. 2051 c.c. della parrocchia di Santa Maria Maggiore, è viziata sotto molteplici profili, che i legali hanno cercato di dimostrare. Avrebbe sorvolato totalmente sull’eventuale accertamento del diritto di proprietà e/o dell’obbligo custodiale a carico della parrocchia con ciò evidenziando come tale basilare accertamento non sia stato affatto compiuto dallo stesso giudice. Avrebbe dovuto indagare e pretendere la prova. Ovvero che il vero proprietario era il Comune. Era quello il bersaglio giusto da colpire.
Che cosa chiedono ora i legali della parrocchia? Ovviamente che la sentenza di primo grado venga annullata e fare in modo che anche i soldi possano essere utilizzati per aiutare i bisognosi della chiesa. Ma i tempi della decisione si allungano e addirittura la sentenza potrebbe arrivare nel 2020. Nel frattempo la pensionata può già spendere la metà del risarcimento ottenuto, fatto salvo dover poi restituire anche quei soldi se i giudici genovesi dovessero annullare la sentenza del giudice di Imperia.