Dipendenze, “Genitori, non siete soli”. Lo psicologo Roberto Ravera dopo il suicidio del sedicenne di Lavagna

22 febbraio 2017 | 10:23
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Dipendenze, “Genitori, non siete soli”. Lo psicologo Roberto Ravera dopo il suicidio del sedicenne di Lavagna

“Le famiglie devono essere capaci di dire stop, perché i giovani a volte hanno bisogno di essere fermati…lo chiedono”

Sanremo. “E se capitasse a noi?”. Chi, da genitore, non si è posto domante e perplessità dopo il recente fatto di cronaca del sedicenne lavagnese suicida durante una perquisizione della Finanza chiamata dalla madre del giovane nell’intento di salvarlo dal mondo della droga? Nessuno può e deve ergersi a giudice perché nessuno può sapere quanto ogni vicenda sia impregnata di fatica e sofferenza. E nessuno afferma che sia tutto facilmente risolvibile. Sicuramente “bisognerebbe che i genitori fossero capaci di uscire fuori dalla paura, dall’isolamento e dal timore, consapevoli che non sono soli” . spiega lo psicologo Roberto Ravera che oggi, attraverso Riviera24, apre utili riflessioni alle famiglie del nostro territorio; una provincia e in particolare una Sanremo che, è bene non dimenticare, negli ultimi decenni è stata maglia nera in fatto di droga, pagando un pesante contributo di giovani tossicodipendenti.

La difficoltà nel crescere i figli è storica ma, rispetto ad una volta, oggi i figli numericamente sono molti meno e spesso vengono subissati di grandissime aspettative da parte delle famiglie, sia in termini di successo sociale che personale. I giovani sono perciò molto condizionati dall’idea di piacere, di essere sulla cresta dell’onda. “Questo ha un po’ sfalsato quella fase di preadolescenziale/adolescenziale dentro la quale si sperimenta, dove si può sbagliare, si può ricominciare, dove si può avere più maschere. Una fase un po’ folle di suo, pertanto anche a grande rischio (uso di droghe, disturbi alimentari passando per il gioco d’azzardo).Tutto questo è la testimonianza non solo di un disagio ma di una reale difficoltà a trovare uno spazio dentro la società.  E non dimentichiamo che il ritardo sempre più marcato dell’adolescenza comporta un prolungamento della stessa fase di rischio”continua il Direttore della Struttura Complessa di Psicologia dell’Asl 1 Imperiese. E non si pensi che la problematica delle dipendenze sia solo prettamente adolescenziale. “Tutti noi biologicamente abbiamo forme di vulnerabilità, fragilità. Per tanti ragazzi, ma anche per giovani adulti, diventa difficile sostenere i ritmi di una società che ti chiede di essere performante, sempre un po’ più avanti. Tutte le sostanze vanno allora a fare una sorta di automedicazione. E’ il modo attraverso il quale determinate persone si auto curano dalle ansietà, dalle depressioni, dalle insicurezze”. – prosegue lo specialista. Ecco allora che bere, tirare coca o abusare di psicofarmaci diventano strumenti per rilassarsi. Andrebbe comunque sempre ricordato che tutti i cannabinoidi hanno un conseguenza sulla psiche e che a volte il fenomeno come il consumo di cannabis è secondario ad altri disturbi psicologici più consistenti, perciò può succedere che l’uso delle sostanze vada a rendere ancora più deflagrante il problema che esiste a monte.

E se dunque capitasse a nostro figlio? “Generalmente il primo passo è l’operatività è essenzialmente familiare: si possono mettere in campo i genitori e anche altri componenti del nucleo. In questa fase è importante il dialogo: un dialogo magari diverso, capace di andare oltre le domande esplicite, in grado di sondare ed aprire aspetti nuovi e più profondi.  Aspetti che a volte i giovani non sanno affrontare e che, per questo, vanno educati alla cultura della profondità”. Un parlare un dialogo innanzitutto interiore che ha un suo vocabolario, complesso, ricco di sfumature. “Un’armonia, una fascinazione che nasce dalla capacità di saper dire ‘io capisco ed ascolto chi tu sei ma tu cerca di capire anche chi sono io’. E questo succede quando si fa riferimento alle esperienze di vita e le si condividono con i giovani”.

Una ricetta per essere buoni genitori nessuno la conosce ancora, ma certo è che bisogna “tornare a recuperare spazi, momenti, tipi di relazioni, aprendo un fronte di dialogo diverso laddove i giovani spesso si arroccano in silenzi ostinati. I genitori devono essere capaci di dire stop. I giovani a volte hanno bisogno di essere fermati…lo chiedono.  Si tratta di un percorso che deve iniziare già dall’infanzia dei nostri figli “creando all’interno della famiglia spazi di silenzio e dialogo, dove tutti gli elettrodomestici siano spenti e aprendo momenti di condivisione, come andare insieme ad una mostra o a teatro. Occasioni in cui i figli si abituino a stare in silenzio, ad essere disciplinati nell’incontro con gli altri e con le altre realtà. Questo però senza asfissiarli rispetto a tutta una serie di aspettative, di paure, di ansietà e di angosce che rischierebbero di creare un effetto nefasto in termini di insicurezze. Si tratta dunque di armonizzare un quadro educativo, rendendolo più essenziale e genuino, più autentico”.

E laddove si avvertisse la presenza di un problema, presidi ed esperti possono tentare di fare un lavoro più clinico, più individuale. All’Asl 1 Imperiese esistono infatti servizi sanitari in prima linea a cui potersi affidare: consultori, Sert, servizi psicologici e quelli di salute mentale ma anche i pediatri di base così come i medici di medicina generale. A questo si somma anche la disponibilità e l’accoglienza fornita dall’Ancora come altre istituzioni.Il servizio sanitario italiano vanta consultori aperti a tutti, dove ‘tutti’ possono essere ascoltati. Un servizio d’eccellenza a livello internazionale che dobbiamo riconoscere come una grandissima risorsa”.