Il parroco di Pontedassio scrive ai ladri: “Restituiteci il nostro Gesù Bambino”

10 gennaio 2017 | 18:44
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Il parroco di Pontedassio scrive ai ladri: “Restituiteci il nostro Gesù Bambino”

Dopo il colpo di sabato scorso c’è ancora tanta amarezza per una comunità rimasta ferita

Pontedassio. Prima il furto in canonica, l’amarezza di aver visto portarsi via il “tesoro” della chiesa. Ora una lettera aperta ai ladri scritta di suo pugno dal parroco di Pontedassio, don Matteo Boschetti. “Restituiteci il nostro Gesù Bambino”.

“Confesso che mai avrei pensato di dover scrivere una lettera aperta ai ladri però essere sacerdote vuole dire anche non spezzare mai nessun dialogo anche quando umanamente i sentimenti sono di tutt’altro tipo”, inizia così la lettera del prete che coordina l’attività pastorale della chiesa di Santa Margherita dopo che la canonica è stata letteralmente svaligiata dai ladri in fuga con un bottino che ammonterebbe a 150 mila euro.

“Tuttavia tante volte in momenti difficili si sperimenta l’amicizia e la forza di una comunità e soprattutto l’aiuto di tanti, primi fra tutti per umanità, professionalità e solerzia i carabinieri di Imperia intervenuti nell’ nell’immediato anche per quello che stanno facendo in questi giorni nello svolgimento delle indagini. Il furto di sabato ha turbato me, e ancora di più tutta la mia comunità di Pontedassio, per la modalità, per le cose rubate, perché il male fa sempre tanto rumore, e tanto altro male genera. Però come parroco e come fratello non posso non esporre il mio rammarico per l’azione che avete fatto. A volte si può provare umanità per chi ruba per fame, simpatia per chi deruba il ricco, come un novello Robin Hood, per dare ai poveri. Però non posso che sentire sdegno e disprezzo per chi ruba al povero, qualsiasi scusa possa accampare”.

Scrive ancora il sacerdote: “La parrocchia non è ricca, non è sede di chissà quali introiti, con tanta fatica pago le bollette e copro la manutenzione della chiesa, non ho attici superlusso, anzi avete visto voi stessi casa mia, i mobili Ikea e le tante bollette da pagare sulla scrivania… ma gli argenti? La cassaforte non celava chissà quali ricchezze? Si la parrocchia possedeva alcuni importanti, belli e preziosi arredi, frutto non di regalie, o speculazioni finanziarie, ma comprate dai poveri per i poveri, anzi per il più Povero! Le cose che adesso sono nelle vostre mani sono il sudore, la fatica di generazioni, sono lo sforzo di un paese che ha voluto il meglio, non per il parroco, ma per tutti, perché quei calici erano per la Messa e la Messa è di tutti, è per tutti, e per fortuna i sacrifici dei tanti che gli hanno offerti non sono di certo nel metallo tra le vostre mani, ma sul Libro della Vita “dove ladri non arrivano e la tignola non consuma””.

Infine un passaggio è dedicato all’appello che il prete rivolge ai ladri: “Ma un ultimo appello da Uomo a Uomo, anzi di più, da Fratello a Fratello, (perché anche se mi hai umiliato è così che ti vedo) è il più importante per me, che mi faccio voce di tutto il paese: restituiteci subito il nostro Gesù Bambino! Il nostro Bambino nello non può diventare un oggetto da museo, non è fatto per il feticismo di qualche collezionista, ha raccolto i baci di generazioni e generazioni di pontedassini, che la notte di Natale gli si sono avvicinati con tante ansie nel cuore, gli hanno confidato i dolori e le angosce di due secoli di storia del nostro paese, era il sorriso dei bambini che in lui vedevano riflessa la gioia stessa del Natale. Almeno il Gesù Bambino deve tornare! Non potete tenerlo tra le vostre mani, impunemente, senza sentirne il rimorso, senza che bruci tra le vostre dita, perché non è da essere umani umiliare la preghiera dei semplici e farsi beffe della fede dei poveri. Restituiteci il nostro Gesù Bambino”.