Post alluvione, danno da 4 milioni di euro per Monesi minacciata dalla paleofrana
Situazioni ancora complesse sul Parco delle Alpi Liguri per le case lesionate e le strade interrotte
Mendatica. La dichiarazione dello stato di emergenza tarda ad arrivare, ma intanto i conti della paleofrana che ha lesionato diverse case a Monesino e Piaggia, nel Parco delle Alpi Liguri, arrivano e sono pesanti. Si parla di almeni 4 milioni di euro. Si tratta di una prima stima del danno provocato dall’alluvione dello scorso 24 novembre che in provincia di Imperia ha colpito soprattutto questa fetta di territorio.
Altri 600 mila euro sono i danni subiti solo a Mendatica, altra zona duramente colpita dall’eccezionale tempesta di acqua che ha provocato frane e smottamenti che hanno reso impraticabili strade e sentieri montani.
L’unica nota positiva è dettata dal fatto che la paleofrana, a detta dei tecnici e geologi incaricati dai Comuni si è “addormentata”. Non ci sarebbe insomma il pericolo di altri cedimenti strutturali di edifici e case della zona di “Monesino”. Ma se dovesse riprendere a piovere in maniera incessante come è accaduto a fine novembre la situazione potrebbe diventare decisamente pericolosa. Tutta l’area è diventata “una zona rossa”. Non si può accedere perché vige un’ordinanza comunale firmata dal sindaco Piero Pelassa. Una analoga è stata firmata anche da Ivo Alberti, sindaco di Briga Alta per Piaggia. Le due località montane, dunque, restano ancora isolate.
E proprio il sindaco Piero Pelassa ha presentato un’istanza per ottenere fondi per compiere altre rilevazioni, queste più costose, che serviranno ad approfondire la conoscenza del fenomeno di scivolamento a valle della montagna. Sempre a proposito di frane: occhi puntati anche a Lavina di Rezzo dove la frana del rio Santa Lucia è al momento in “pausa”. Come si ricorderà ha trascinato con sè una casa e ne ha rese inagibili altre due. “La strada è stata riaperta, ma in caso di nuove allerte – precisa il sindaco Renato Adorno – sarà necessario chiuderla di nuovo perché la montagna non è in sicurezza”.