
Quella di Natale però aveva la magia e la lucina blu sul comodino, giocava a sostituire il cielo
Cervo. I miei sogni di bimbo navigavano sotto il lenzuolo di una vela. Sognavo mio papà marinaio scivolare sull’orizzonte, come un equilibrista mentre cercava di arrivare in porto, da me, il più presto possibile. Quante notti erano uguali per i miei occhi ed orecchi, a fissare finestra e porta.
Quella di Natale però aveva la magia e la lucina blu sul comodino, giocava a sostituire il cielo, invitando nella mia cameretta luna e stelle.
Conoscevo il passo e soprattutto il suo fischio pari a quello del merlo. Eravamo nel cuore dell’inverno e il più delle volte a fischiare, era solo il vento di tramontana. Quel fischiettare non era né allegro né sonoro, come quello che arriva nel periodo degli amori. Non mi rimaneva che raccogliere un desiderio dentro al cuore, incartarlo come una caramella e appenderlo all’albero. Ricordo quel gesto virtuale che stagliava frammenti di polvere di stelle, soffiati dalla mia mano. Eppure era un reale momento di verità.
Quell’albero mollava le cime come fosse quello di una nave ed era il gioire delle carezze delle onde, pari a quelle di mio padre. Quell’impossibile navigare e non restare fermi ancorati, se non tra le nostra braccia.
Il vento, il fischio, il buio, le onde… Ora tutto era favorevole nel dì, porto di Natale.