Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”

25 dicembre 2016 | 10:02
Share0
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”
Vallebona, la “Vecchia Distilleria” compie 160 anni, Pietro Guglielmi: “E’ un’opportunità per il futuro”

Pietro è un ragazzo che da elettricista ha deciso di cambiare vita e di dedicarsi alla vecchia attività di famiglia esistente dal lontano 1856

Vallebona. In un paese dell’entroterra di Bordighera vi è un azienda che quest’anno ha festeggiato il 160° anno di attività, si tratta del “La Vecchia Distilleria” di Pietro Guglielmi.

Pietro è un ragazzo che da elettricista ha deciso di cambiare vita e di dedicarsi alla vecchia attività di famiglia esistente dal lontano 1856. La passione trasmessa dal padre e dal nonno e la voglia di rimettere sul mercato un prodotto che era sparito insieme alla fortuna di essere cresciuto in una distilleria lo hanno spinto a “buttarsi” in questo progetto.

“L’attività era nata come hobby, una semplice bottega che produceva un’alchimia e poi si è trasformata in un’imprenditoria artigianale e commerciale tra Francia e Italia quando entrò nel mercato fino agli anni ‘70. Successivamente abbiamo continuato a produrre qualcosa localmente, ma quando ci fu la famosa gelata dell’85 la pianta scomparì” – racconta Pietro.

In località Castellan, il cui topos deriva dalla scoperta di reperti archeologici risalenti all’età “pre-romana” che lasciano intuire un insediamento agricolo pastorale, Pietro piantò nel 2004 gli aranci amari nella dimora per produrre la famosa acqua di fiori d’arancio, visto che il luogo rivierasco dal clima mite offre l’opportunità di coltivare le piante originarie della Cina in qualsiasi periodo dell’anno. Infatti in primavera i fiori d’arancio amaro permettono al distillatore di ottenere un prezioso olio essenziale dall’aroma dolce, femminile e inconfondibile, meglio conosciuto come Neroli, dal nome della duchessa di origini francesi Anna Maria Orsini di Bracciano, principessa di Nerola, amante di questo profumo. In estate, invece, distillando rametti con foglie e piccoli frutti, si ottiene l’olio essenziale Petit Grain, dal francese “piccoli frutti”. In autunno maturano i frutti dai quali si recupera la buccia che, essiccata o fresca, è utilizzata per aromatizzare le bevande. L’uso dolciario della produzione gli ha dato poi la possibilità di entrare nel mercato internazionale.

Negli anni ha seguito corsi e ha studiato per poter rinnovare l’attività e con tanto lavoro e fatica ci riuscì visto che nel 2012 la produzione della distilleria è entrata come quinto presidio Slow Food nella provincia di Imperia. I prodotti che vengono realizzati sono l’acqua di arancio e l’acqua di rose in campo cosmetico ( due creme per il viso) e alimentare, inoltre distillano anche un po’ di macchia mediterranea che va dal timo, alla lavanda, al Pino Mugo, al rosmarino e all’eucalipto.

“La raccolta dei fiori viene svolta in più passaggi, seguendo i ritmi della fioritura. Innanzi tutto i fiori vengono colti a mano uno ad uno selezionando esclusivamente quelli aperti perché l’essenza è dentro al petro facendoli cadere su tele di juta – spiega il distillatore – Finita la raccolta, le tele vengono svuotate su di un altro telo in cui i fiori vengono ripuliti a mano dalle impurità come le foglie, i rametti o gli insetti. Poi si pesano per poterli passare nell’alambicco classico in acciaio per la distillazione, che dura alcune ore. Alla fine si ottiene l’olio essenziale di neroli che viene separato dall’acqua aromatica e abbiamo così due prodotti diversi, entrambi dal valore inestimabile”.

“Le piante, che sono coltivate con il metodo dell’agricoltura biodinamica, stanno ancora crescendo e impiegano circa dieci anni, il prodotto è di nicchia e la resa è molto bassa quindi ancora adesso si fa poco prodotto, però la cosa bella è che c’è parecchia richiesta” – dice Pietro – “Sarebbe bello che qualche giovane si appassionasse a questa idea, perché è un prodotto di nicchia molto richiesto e se ci fossero più persone vi sarebbe la possibilità di aumentare il mercato. Sicuramente è un’opportunità per il futuro”.