Ventimiglia, l’ultimatum dei lavoratori della casa di riposo Chiappori: “Senza tutele pronti a scendere in piazza”

Disposti a cambiare il tipo di contratto pur di non perdere il posto di lavoro
Ventimiglia. I 36 dipendenti della casa di riposo Chiappori lanciano un ultimatum: “Entro sabato attendiamo risposte, altrimenti scenderemo in piazza”.
Mancano ormai poche ore allo scadere dei 45 giorni di trattative che i lavoratori hanno a disposizione per tentare di salvare il loro posto di lavoro. Quarantacinque giorni durante i quali le proposte che i sindacati hanno presentato al Consiglio di Amministrazione della casa riposo di Latte sono state rigettate in toto. E ora i dipendenti hanno davvero paura.
Risale a ieri, l’ultimo incontro tra il rappresentante sindacale della UIL, che difende la posizione dei 36 dipendenti, il presidente della Fondazione Ernesto Chiappori Onlus Claudio Berlengiero e il direttore amministrativo della medesima struttura, la dottoressa Alice Mortarotti. Un incontro teso, durante il quale i dipendenti, per bocca del sindacalista, hanno lanciato l’ultima proposta alla fondazione: “Siccome il problema sembrava essere il costo sostenuto per i lavoratori con un particolare tipo di contratto”, spiegano, “Abbiamo proposto di diventare tutti dipendenti con contratto per personale di area sanitaria privata. Il presidente Berlengiero si è preso qualche giorno di tempo per parlarne con il CdA: entro sabato dovrà darci una risposta”.
Disposti a cambiare il tipo di contratto pur di non perdere il posto di lavoro: è questa l’ultima proposta dei dipendenti che, in questo momento, vivono nel terrore di essere lasciati a casa: “Se la fondazione non accetterà”, dicono, “L’11 dicembre ci ritroviamo tutti senza un lavoro. Rimarrebbe a quel punto solo la possibilità di entrare nella cooperativa, ma questo significherebbe annullare tutto e ripartire con il contratto in vigore nelle coperative: perdiamo diritti, anzianità, tutto. Sarebbe come se non avessimo mai lavorato a Latte, invece lì c’è gente che ci lavora da 35 anni…ripartire proprio da zero sarebbe un’umiliazione”.
Tra le proposte formulate dai sindacati nei giorni scorsi e non prese in considerazione dalla fondazione ci sono quelle di cambiare l’orario di lavoro e di fare richiesta di FIS (Fondo di Integrazione Salariale) all’INPS: in pratica la busta paga dei lavoratori sarebbe stata coperta all’80% da fondi FIS. “Non hanno accettato”, spiega un dipendente, “Perché hanno detto che alcuni di noi non sarebbero rientrati in questo FIS”. “Abbiamo anche proposto di dare, sotto forma di donazione, 150 o 200 euro al mese alla fondazione”, aggiunge, “Ma non hanno accettato nemmeno questo. La verità è che dopo il licenziamento collettivo abbiamo diritto a 45 giorni di trattative, ma qui di trattative non ne stanno facendo perché sembra di avere davanti un muro di gomma”.
“Ora abbiamo proposto di cambiare il nostro contratto”, concludono i lavoratori, “Più di questo non sappiamo che fare. Se la risposta sarà negativa, allora entreremo in stato di agitazione e inizieremo la nostra guerra”.