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Tradizioni da difendere, a Imperia il secco no alla “giuggiolina”

9 novembre 2016 | 11:35
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Tradizioni da difendere, a Imperia il secco no alla “giuggiolina”

Gli operatori della filiera olivicola chiedono di mantenere il nome Taggiasca

Imperia. Giuggiolina nè ora nè mai. Tradizioni da difendere, a qualunque costo. Il presidente del comitato “Salvataggiasca”, Simone Rossi, critica la decisione dell’assessore Stefano Mai che ha deciso a portare avanti la trasformazione della taggiasca in Giuggiolina: ufficialmente, come un nome di “passaggio” in maniera che altri produttori non possano coltivare taggiasche magari in Puglia — da dove arrivano massicce richieste di acquisto di piante per rimpiazzare quelle tagliate dopo l’assalto distruttivo della Xylella — o anche all’estero; in attesa di ottenere dall’Europa la conferma di una Dop per la Taggiasca ligure.

E oggi. alla Camera di Commercio di Imperia si è parlato proprio della “guerra del’olio” con la presentazione dell’attività Comitato Salvataggiasca tra azioni, numeri, strategie, interventi a tutela della cultivar taggiasca. E in atto una corsa contro il tempo tra orti e uliveti della Riviera dove tra l’altro è stata recapitata una lettera aperta intitolata “Taggiasca: la storia, la vita, il futuro, il cuore del nostro territorio”. Così si legge: “Ti sei mai chiesto cosa succederebbe – recita la lettera del Comitato “Salvataggiasca”- se cambiassero la denominazione secolare della cultivar taggiasca in “giuggiolina”? Sicuramente i tuoi alberi si chiamerebbero con il nome della nuova cultivar; le nostre colture si trasformerebbero in uliveti di “cultivar giuggiolina” con rilevante pregiudizio per le nostre aziende. Potresti infatti utilizzare il nome taggiasca solo aderendo alla Dop. Ma la certificazione Dop è complessa, costosa e non è accessibile e vantaggiosa per tutti”.

Slow Food sull’argomento non ha dubbi, come si legge sul magazine dell’associazione a firma di Diego Soracco, che così scrive: “Certo è che, se avvenisse la sostituzione della cultivar, gli operatori della filiera olivicola per mantenere il nome Taggiasca sulle loro bottiglie dovranno, volenti o nolenti, aderire alla Dop Taggiasca, con tutti i costi e la burocrazia che comporta. Lo ricorda l’antagonista Comitato promotore per la protezione, la tutela e la valorizzazione della cultivar taggiasca nel Ponente Ligure — a cui aderiscono diverse realtà quali olivicoltori, aziende, frantoiani… insomma una buona parte degli operatori che non si sentono tutelati dalle associazioni di categoria. Considerato che l’attuale Dop incide su circa il 15% della produzione di olio ligure (un esito che non pare un successo), il cambiamento darebbe una decisa spinta verso l’alto alla percentuale a scapito di quelli che non vorranno o potranno aderire, pur avendo oliveti di varietà Taggiasca, perché dovranno classificare il loro olio “100% italiano” e, volendo, chiamarlo monocultivar Giuggiolina o Gentile. Evidentemente un bel danno. A quel punto la Taggiasca non sarà più un patrimonio e una risorsa di tutti, ma diventerà un “marchio privato”.

E intanto il Gruppo Oleario della Confcommercio della Provincia di Imperia intende contribuire alla discussione in merito alla creazione di una nuova DOP relativa al settore oleario, sviluppando alcune considerazioni e idee da condividere con gli altri soggetti interessati. “Il nostro intento è quello di individuare una linea di comportamento che tenga conto delle valutazioni e dei valori espressi da più parti, per giungere ad una proposta da condividere con tutti le componenti della filiera di produzione, trasformazione e commercializzazione e procedere con un progetto di sviluppo di nuove modalità che consentano di mantenere inalterati i valori occupazionali e produttivi attuali e permettano di sviluppare nuove opportunità per l’incremento del valore  aggiunto prodotto. La nostra proposta nasce quindi da alcune considerazioni che riteniamo fondamentali e non rinunciabili: ogni sviluppo di una nuova certificazione di prodotto non deve interferire con la ricchezza legittimamente prodotta attualmente ad ogni livello; il prodotto certificato non deve essere portatore di disvalori e la procedura di certificazione deve consentire il mantenimento delle produzioni di eccellenza conosciute in tutto il mondo; deve essere garantita una modalità di certificazione che consenta di promuovere un prodotto di eccellenza riconoscendone la piena valenza solo se collegato ad un territorio di produzione; il valore del prodotto deve essere accresciuto dalla presenza di modalità di produzione che garantiscano un costante soddisfacimento dei quantitativi di commercializzazione che vengano ritenuti opportuni e realizzabili in ogni anno per evitare “sostituzioni di prodotto”; la procedura di certificazione deve avere costi diretti e indiretti che non incidano in maniera pesante sul prezzo finale di commercializzazione. Dati questi presupposti riteniamo che il punto di forza di una attività di sviluppo di una certificazione Dop nel campo oleario debba garantire, al di là di ogni legittimo dubbio, la certezza che non vengano dissipati patrimoni di conoscenza del prodotto e di qualità percepita da parte dei clienti. Ci riferiamo ovviamente alla cultivar “Taggiasca” che oggi porta con sé un valore indipendentemente dal fatto che non è collegata ad alcuna denominazione di origine. Questo valore è unanimemente riconosciuto mentre sono in corso differenti valutazioni sulle modalità di utilizzo del nome. Una tesi propone la realizzazione di una nuova DOP Taggiasca che attraverso la cancellazione della cultivar taggiasca (attribuendo una nuova denominazione dello stesso prodotto definendolo cultivar “giuggiolina” o altro) arrivi a realizzare un disciplinare approvato dall’unione Europea. La seconda tesi parte invece dal presupposto che non si debba in alcun modo giungere alla cancellazione della cultivar “Taggiasca”, per mantenerne inalterato il valore culturale e commerciale, ed eventualmente realizzare una nuova DOP (Liguria ?) che possa poi indicare in ogni confezione la presenza esclusiva della monocultivar taggiasca. Il nostro gruppo intende fornire un diverso approccio al problema che prenda in considerazione il prodotto che deve essere oggetto di certificazione e la strategia migliore per ottenere un risultato che non sia di intralcio alla produzione e commercializzazione. Riteniamo quindi che l’attribuzione della dop Taggiasca deve essere inizialmente prevista per l’oliva da mensa o tavola quale apripista per l’ottenimento delle DOP di tutti i prodotti derivanti dall’Oliva. Questa diversa impostazione porta con sé un percorso che permette di individuare un prodotto legato al territorio ed in grado di valorizzare l’intera filiera e, stando alla interpretazione più accreditata, utilizzare legittimamente il nome “taggiasca”. Si procederebbe quindi alla richiesta successiva di riconoscimento DOP all’olio e gli altri prodotti che discendono dall’oliva,  predisponendo un idoneo disciplinare. Tale procedura garantirebbe la conservazione della cultivar Taggiasca e di una DOP legata al prodotto e al territorio di produzione e non escluderebbe l’ulteriore riconoscimento di una dop per l’olio prodotto con lo stesso frutto. Tale procedura è stata peraltro già utilizzata con successo per l’oliva Nocellara del Belice e per l’Olio della Valle del Belice. Siamo certi che il nostro contributo alla discussione sarà valutato positivamente da tutti i soggetti interessati. Da parte nostra siamo disponibili a confrontarci senza pregiudizio alcuno al fine di individuare una soluzione condivisa che porti al risultato auspicato di sviluppo della nostra economia e cultura agroalimentare”.