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“Iscritto al Crif a mia insaputa, che fare?”

8 novembre 2016 | 11:50
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“Iscritto al Crif a mia insaputa, che fare?”

Buongiorno,

abito in provincia di Savona e qualche giorno fa ho fatto una brutta scoperta.

Volendo aiutare economicamente mia figlia che si deve sposare, ho richiesto alla mia banca un mutuo per l’acquisto della casa.

Con mia sorpresa ho scoperto di essere stato iscritto al Crif e il mutuo mi é stato rifiutato.

Ho chiesto spiegazioni e mi é stato detto che ciò é avvenuto a seguito di un assegno emesso a vuoto di grande importo.

Io a suo tempo avevo denunciato il furto del mio mio portafoglio con annesso libretto degli assegni e l’ho segnalato alla mia banca di fiducia.

Che colpa ne ho io?

Nessuno mi farà più credito e non potrò aiutare mia figlia.

Cosa posso fare per uscire da questa situazione? Chi mi ripaga del danno che ho in questo momento?

Grazie

Caro signore,

prima di fornire la soluzione al Suo quesito e, quindi, provvedere a verificare se risulti o meno lecita la sua iscrizione nel registro CRIF, occorre che provveda a richiamare la disciplina codicistica in tema di tema di adempimento delle obbligazioni.

La norma di riferimento va ricercata nell’art. 1175 c.c., secondo cui “ debitore e creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”.

Si tratta del noto principio di buona fede oggettiva, elemento necessario in tutte le obbligazioni e, oltremodo, nei rapporti contrattuali.

V’è di più.

Già nella fase delle trattative e nella formazione del contratto, é onere delle parti comportarsi secondo buona fede (si veda rif. Art. 1337 c.c.) e a tale principio deve uniformarsi anche l’interpretazione del contratto stesso (ex art. 1366 c.c. “il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”).

Stesso discorso vale anche per l’esecuzione del contratto.

Ai sensi dell’art. 1176 cc., relativamente all’adempimento dell’obbligazione prevista nel contratto, il c.c. specifica che “ nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività prestata”.

Non vi é chi non veda che il “normale” debitore, per eseguire la prestazione richiesta dall’obbligazione contratta, debba usare una diligenza imposta dalle normale regole generali di comportamento, che l’uomo di media avvedutezza ed esperienza utilizzerebbe per compiere la prestazione oggetto del rapporto obbligatorio.

Nell’eventualità, invece, che l’oggetto dell’obbligazione sia una prestazione di natura professionale, come nel suo caso, il parametro di riferimento é da ricercare nella diligenza del professionista, da valutarsi in relazione all’attività esercitata.

Nel suo caso specifico, ad un debitore qualificato come la sua banca é richiesta la conoscenza e l’applicazione delle regole dell’arte che disciplinano la prestazione professionale oggetto di obbligazione.

Occorre ora verificare se, nel caso concreto, questa obbligazione “professionalizzata” non é stata correttamente adempiuta e, quindi, in altri termini valutare se la sua segnalazione al Crif sia o meno legittima, visti i fatti che mi ha raccontato.

E’ di tutta evidenza che, per il furto del portafoglio e dell’utilizzo del blocchetto degli assegni, Lei non abbia alcuna responsabilità.

Risulta, infatti, una sua pronta denuncia alle forze dell’ordine, nonché segnalazione alla sua banca della circostanza.

E’ accaduto, invece, che la sua banca, non solo non abbia tenuto minimamente conto di quanto detto ma, oltremodo, abbia vieppiù consentito ad un soggetto estraneo di ritirare e incassare, con firma falsificata, importi notevoli.

Dalla disamina della situazione, si può desumere che la sua iscrizione nel registro del CRIF sia del tutto illegittima, altresì, tenuto conto che, in ogni caso, l’inserimento nel predetto archivio deve presupporre l’apparenza di un’insolvenza che sia imputabile al debitore medesimo.

Nel caso di specie, ciò che é chiaro é che il suo inserimento é avvenuto per colpa palese dell’istituto di credito.

Può dunque desumersi che la sua banca avendo operato una segnalazione di tale tenore, non in seguito ad un inadempimento non certo a lei imputabile, ma come conseguenza di una sua negligenza, abbia violato il dovere di solidarietà sociale previsto ex art. 1175 e 1176 c.c..

Tali articoli del codice civile, in altri termini, fanno riferimento al principio secondo cui “ ciascun contraente é tenuto a non pregiudicare ingiustificatamente le ragioni dell’altro” ( in tal senso di veda anche Cass. Civ. n.23033/2011 relativamente a caso analogo).

Chiarita la responsabilità della sua banca, appare opportuno passare ora alla quantificazione del danno risarcibile.

Atteso che, nel suo caso il danno non può essere quantificato nel suo specifico ammontare, lo stesso ex art.1226 c.c. sarà oggetto di una valutazione in via equitativa, da parte del Giudice.

Non v’è dubbio che la segnalazione operata dalla sua banca, oltre a costituire di per sé un comportamento pregiudizievole per la sua eventuale attività lavorativa, ha leso di fatto la sua reputazione di soggetto solvibile.

E’, tuttavia, di tutta evidenza che l’onere della prova, ex art. 2697 c.c., circa l’esistenza del pregiudizio patito gravi sul danneggiato e, cioé, sulla sua persona.

Non basterà affermare solamente che derivi dal comportamento colpevole della banca, dato che lo stesso dovrà essere debitamente provato.

Trattandosi, però, di un danno non patrimoniale, potrà giovarsi della presunzione anche semplice, allegando solamente l’esistenza degli elementi di fatto richiamati in precedenza e, cioè condotta negligente della sua banca nel segnalarla al CRIF e rifiuto del credito opposto dalla banca stessa.

Non ritengo vi siano altri soggetti terzi (quali Banca d’Italia) che debbano rispondere dell’accaduto, se non il suo istituto di credito.

Cordiali saluti.

Abogado Fonte Luca

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