Il Maestro di Cappella della Diocesi ricorda il corista e direttore di coro Franco Pettenaro

25 novembre 2016 | 17:12
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Il Maestro di Cappella della Diocesi ricorda il corista e direttore di coro Franco Pettenaro

Sanremo. Alle 3 della mattina di martedì 22 Novembre u.s., memoria liturgica di Santa Cecilia, Patrona dei cantori e dei musicisti, all’ospedale di Sanremo ha terminato il suo pellegrinaggio terreno, dopo dieci anni di combattimento contro il cancro, Franco Pettenaro. Classe 1947, marito e papà splendido, meravigliosa voce di basso, grande cultore del canto liturgico e direttore delle Corali delle parrocchie di Pontedassio (città dove viveva con la moglie Rina ed il figlio Angelo) e di Rezzo. Terminata la sua attività di tecnico di radiologia presso l’ospedale di Imperia nel 1999, ha avuto modo di dedicarsi ancora di più alla passione della sua vita: la musica.

Lo ricorda così il suo caro amico Davide Tepasso, Maestro della Cappella Musicale della Diocesi di Ventimiglia-San Remo: «Lo conobbi nell’estate di vent’anni fa. A Realdo (Alta Valle Argentina), in occasione della Messa solenne in onore di Nostra Signora Assunta, il giorno di Ferragosto. Ero stato invitato ad accompagnare all’organo la schola cantorum e terminata la Celebrazione uscimmo da quella chiesa amici io e Franco, ma amici davvero. Imponente la sua figura, come la sua caratura morale ed il suo slancio nell’aiutare con generosità chi avesse incontrato nel bisogno. Alto e “ben piantato per terra”, come la sua fede che testimoniava nei gesti di tutti i giorni e con un sorriso che ti faceva arrendere, anche durante l’ultima fase della sua malattia. Ricordo i suoi interventi solistici non solo durante la “Celebrazione del nostro primo incontro” ma di tanti Ferragosto che a quello sono seguiti. Il suo timbro chiaro, la sua articolazione molto esatta, l’espressione profondamente sincera con cui elevava al Signore il suo canto d’amore, destavano in chi ascoltava una commozione difficile da riuscire a nascondere. Ricordo “Bella tu sei qual sole” e “O Bella mia speranza”, canto – quest’ultimo – che sempre concludeva la Santa Messa solenne ferragostana a Realdo. Tra il ricordo di chi non c’era più e l’intensità dell’espressione del cuore di Pettenaro non c’era fedele che non uscisse dalla chiesa con le lacrime agli occhi.

Un uomo che desiderava “conoscere” e continuamente aggiornarsi. Seguiva l’evoluzione continua del repertorio dei canti per la Liturgia nell’Italia dei decenni appena trascorsi, con un’attenzione ed una cura davvero esemplari. Aveva introdotto nel repertorio delle corali delle due realtà parrocchiali in cui era direttore brani “nuovi”, sia relativamente alla recente edizione di tali composizioni, sia relativamente ai loro autori. Senza mai scivolare nella tentazione di scegliere un repertorio che indulgesse né a nostalgie di tempi passati né ad “emozionali trovate” caratteristiche della musica pop, che di sacro non ha nulla, né nel testo né nella musica, sebbene così spesso, purtroppo, se ne ascoltino in abbondanza nelle nostre chiese.

Quante volte ci siamo incontrati con Franco in questi vent’anni, e sempre “attorno all’altare”, in occasione di liturgie solenni: a Sanremo, ad Imperia, a Rezzo, a Vallecrosia, a Ventimiglia…

Ma l’incontro di quest’estate, il 10 Luglio, non lo sapevamo ma sarebbe stato l’ultimo. Avevo saputo da pochi giorni dell’aggravamento del suo stato di salute che preludeva al nono dei dieci interventi chirurgici a cui, in questi ultimi anni, sarebbe stato sottoposto. Eravamo nel Santuario della Madonna delle Grazie e dei Poveri di Valsorda, nella ricorrenza del Miracolo e dell’Apparizione della Santissima Vergine in quel luogo nel sec. XVII. Ero stato invitato con la Cappella Musicale della Diocesi di Ventimiglia-San Remo a tenere un Concerto spirituale. E decisi di farlo sul tema: “Indossiamo l’abito più bello”, dal momento che la Vergine, proprio lì, chiese alla ragazza sordomuta guarita in quell’istante: “Vai da tua madrina e chiedile che ti dia l’abito più bello e portalo qui”. E’ stato un concerto in cui abbiamo ripercorso alcuni aspetti del significato profondo della bellezza e della purezza di quell’abito con cui il Signore ci ha rivestiti il giorno del Battesimo: l’abito regale di Figli, Figli di un Padre davvero speciale, Dio! E, al termine del concerto, me lo vedo arrivare, con quell’incedere solenne ed umile al medesimo tempo, alto come una montagna, con gli occhioni pieni di lacrime. Mii ha abbracciato con un calore. Ma è la sua testimonianza di vita e di fede vera che ci tengo a sottolineare. I ricordi sono “cose del passato”. Ma quello che “nell’oggi” ci hanno lasciato come eredità spirituale quelli che ci hanno preceduto non sono meri ricordi ma TESTIMONIANZE, se caratterizzate dalla coerenza e dall’integrità e dalla fede come vale per Franco Pettenaro. Gli avevo dedicato il Concerto, quel pomeriggio, a Valsorda. E lui, prima di salutarmi, mi disse che quel che chiedeva al Signore e alla Madonna non era di guarire ma di compiere con serenità ed abbandono filiale la Volontà di Dio. Questo gli stava a cuore! Solo questo. E tale preghiera il Signore ha pienamente soddisfatto con abbondanza di Grazia. Mai un lamento, mai un’insofferenza, mai un gesto di impazienza, ma sempre accogliendo il dolore come dono e offrendolo con amore a Colui che ha donato Se stesso. Questo è vivere il canto liturgico, così fedelmente e così profondamente da fare di tutta la propria vita, anche nei momenti più incomprensibili dal punto di vista puramente umano, una liturgia di gioia e di speranza, una Liturgia che, ora, per Franco è diventata partecipazione alla LITURGIA PERENNE, tra le schiere dei cantori celesti.  L’hai indossato adesso  “l’abito” più bello di “corista eterno”, per partecipare alla “moltitudine della lode” che mai cesserà di elevare le sue armonie all’Agnello immolato e Vittorioso!

Grazie, Franco, per la tua amicizia, il tuo esempio e la tua lezione di vita!»