Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati

5 novembre 2016 | 09:57
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Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati
Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati
Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati
Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati
Boom di presenze al Museo della Resistenza. Peccato sia vivo solo grazie a volontari e privati

Quest’anno oltre 2000 visitatori alla scoperta del ‘casone’ e del grande castagno della libertà rifugio per militari malati.

Carpasio. “Per noi il Museo della Resistenza di Carpasio è motivo di grande soddisfazione, sia per le oltre duemila persone che nell’ultima stagione d’apertura lo hanno visitato che per il finanziamento privato della Compagnia portuale di Genova a favore della buona conservazione di questo che è un autentico pezzo di storia”. Le difficoltà economiche sono davvero pesanti ed è un vero peccato, ma l’orgoglio non smette di vibrare nelle parole di Giovanni Rainisio, presidente del ‘casone’ che sorge alla Costa carpasina diventata meta di scolaresche, famiglie, gruppi e pullman di turisti da ogni dove (ultimamente anche dalla Germania) che lo raggiungono per scoprire le diverse centinaia di reperti che vi si trovano catalogati all’interno delle due sale. Con il cospicuo aiuto è stata già infatti realizzata buona parte della necessaria manutenzione che ora vedrà impegno anche nell’ottimizzazione della passeggiata che porta al vecchio castagno, quello che salvò tanti nostri soldati e per questo anch’esso oggi punto di pellegrinaggio.

All’interno dei locali, testimonianze partigiane di ogni tipo, a partire da documenti militari passando per un grande numero di armi (come bombe, caricatori ma anche il Majerling, famoso mitragliatore tedesco MG42), parti di aerei, fotografie originali, divise indossate all’epoca. E ancora la corda con cui fu impiccato dai nazifascismi il garibaldino Franco Ghiglia (Gigante) e pure la grande pentola usata per cucinare dalla banda di Felice Cascione, “u Megu” e la campana che, al mattino alle 10 e alle 7 della sera, lo ricorda suonando le note di “Fischia il vento” che lui stesso scrisse.  E poi tanti cimeli e persino la barella che vide il comandante Silvio Bonfante, nome di battaglia Cion, decidere di morire suicida piuttosto che finire nelle mani dei tedeschi. Ovunque ti giri gli oggetti e le foto parlano e per Gabriella Campigotto, con il marito Antonio ormai nove anni custode e cicerone del Museo, “da stringere il cuore sono le lettere e gli scritti dei giovani condonanti a morte”. In sintesi, tracce della lotta partigiana nella prima zona Liguria, da Ventimiglia a Ceriale, da quando è nata, l’8 settembre del  1943 fino al termine il 25 aprile del ‘45. “Per me esserne custode – spiega ancora la signora Gabriella – è un’emozione, un piacere: la gente qui entra con rispetto, uscendone con gli occhi lucidi“.

Nel dopoguerra, questa vecchia struttura in pietra, che per quasi due anni era stato il comando della Prima zona partigiana, venne donata dai proprietari all’Anpi che la diede in gestione all’Istituto storico, l’Isrecim, della Provincia di Imperia. Un sito che oggi è diventato punto d’attualità perché ha il cuore nel passato. E proprio per questo dovuta è la manutenzione che è in atto e che ha già attuato il rifacimento di un pezzo del tetto, sistemate e ritinteggiate finestre e porte e risanato un muro. “E adesso –  prosegue Rainisio –  iniziamo la sistemazione e la messa in sicurezza del sentiero che porta all’enorme castagno diventato per tutti un monumento”. Avendo infatti  il tronco vuoto, la grande pianta permise ai molti militari malati che non erano in grado di scappare di trovare rifugio all’interno della sua cavità che poteva contenere anche sei persone: gli infermi salivano una scaletta e si calavano dentro, poi con una corda tiravano su la scaletta. Un ingegnoso sistema che salvò dai rastrellamenti tedeschi diverse persone. Una pianta che oggi è simbolo della lotta per la liberazione nella Valle Argentina.

Il Museo della Resistenza di Carpasio, che riaprirà i battenti a fine marzo / inizi aprile prossimo, “è un sito storico prezioso, che cerchiamo di tenere il meglio possibile perché sia per i giovani punto di incontro e riflessione sulla libertà, sulla nostra Italia, e sul valore della democrazia. E lo facciamo credendoci, pur con tutte le difficoltà economiche che ci sono.  – conclude il Presidente – La Provincia, soggetto che avrebbe dovuto tenerlo in piedi, accusa intatti serie difficoltà obiettive”. Motivazione morale e senso di gratitudine sono dunque alla base, anche dell’operato della signora Campigotto che alle giovani generazioni, al di la di qualsiasi idea politica, raccomanda di “non dimenticare quel periodo, perché già solo il fatto di parlarne è frutto della libertà che loro, pagando con la vita, ci hanno regalato”.