“Ventimiglia Migranti in transito”, un progetto per migliorare l’accoglienza
Realizzato da WeWorld in collaborazione con l’associazione Popoli in Arte
Ventimiglia. Presentato nella sala della Biblioteca Aprosiana “Ventimiglia Migranti in transito”: progetto nato nell’ottica di migliorare le condizioni di vita dei migranti in Italia ed, in particolare, di quelli in transito nella città di confine, aumentati considerevolmente dopo la chiusura delle frontiere.
Realizzato da WeWorld in collaborazione con l’associazione Popoli in Arte, il progetto ha coinvolto circa 300 persone, che sono state intercettate in alcuni luoghi di transito a Ventimiglia.
“Ho lavorato in Eritrea, in Sudan e in altri paesi africani e conosco molto bene i problemi che i migranti hanno incontrato nel loro paese”, ha esordito Stefano Piziali, responsabile Dip. Advocacy e Programmi in Italia WeWorld, “La nostra onlus lavora però anche in Italia, in due ambiti: quello della prevenzione dell’abbandono della scuola e quello per l a prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne”. Proprio nell’ambito di quest’ultimo progetto, portato avanti all’interno di diversi pronto soccorsi di ospedali Italiani, gli operatori di WeWorld hanno potuto constatare l’aumento significativo di donne migranti che si recavano ai loro sportelli e, dice Piziali, “raccontavano storie di una brutalità incredibile, storie di sofferenza subita nei loro paesi ma, in molti casi, continuavano a subire violenza anche qui in Italia”.
Da qui la decisione di avviare un progetto sui migranti anche nel nostro paese, con l’obiettivo, in primis, di ascoltare gli stranieri presenti in Italia.
“Abbiamo scelto Ventimiglia”, ha spiegato Piziali, “Perché per diversi motivi non rappresenta agli occhi dell’opinione pubblica una frontiera problematica: a parte in alcuni momenti, in cui la città compare sugli schermi dei Tg, l’opinione pubblica è più concentrata sulle città che accolgono i barconi”.
E’ nato così “Ventimiglia Migranti in transito”, con l’obiettivo di aumentare nei migranti la consapevolezza del proprio status di portatori di diritti, facendo emergere il loro pregresso e le loro aspirazioni e dando loro supporto umano. Oltre a questo, con “Ventimiglia Migranti in transito”, le associazioni coinvolte hanno assunto il compito di informare i migranti rispetto a rischi e opportunità della loro condizione giuridica, avviando gli interessati alle procedure per la richiesta d’asilo in Italia o in Francia e dando voce ai loro bisogni.
“Non è stato un percorso facile, ma siamo soddisfatti”, ha concluso Piziali, “Sappiamo che non dipende da noi risolvere il problema delle migrazioni, va oltre le possibilità delle municipalità e a volte anche oltre le possibilità di uno Stato: è un problema complesso che si può risolvere solo con accordi internazionali. Abbiamo però voluto dare a queste persone migranti almeno un primo sostegno per far capire loro che anche se arrivano come irregolari hanno dei diritti”.
Ad entrare nel dettaglio del progetto è stata poi Elena Caneva, coordinatrice Centro Studi WeWorld: “Il progetto si è svolto nell’arco di tre mesi durante i quali gli operatori hanno cercato di intervenire per fornire un supporto ai migranti in diversi luoghi, alcuni più formali e altri meno: dal quartiere delle Gianchette al campo della CRI fino alla stazione ferroviaria, alle rive del fiume Roja e altro per capire quali fossero le loro necessità, le loro aspirazioni e i progetti futuri”.
Da questo progetto sono state raccolte una serie di informazioni: in primis che i migranti fanno viaggi lunghissimi che attraversano diversi paesi. Viaggi che durano mesi e anche anni, ricchi di insidie, soprusi e violenze.
In secondo luogo i motivi per cui partono sono molteplici: motivi economici, la volontà di studiare in un paese europeo, la fuga da guerre e da situazioni di rischio per la propria vita. “Questo ci ha fatto capire”, ha spiegato, “Che non si può più parlare di categorie facendo distinzione tra migranti economici e profughi: sono categorie obsolete”.
Un altro aspetto evidenziato dal progetto è che l’accordo con la Turchia e la conseguente chiusura delle rotte balcaniche non ha mutato il fenomeno migratori in Italia: “A farlo è stata semmai la chiusura delle frontiere da parte di Francia e Austria”.
Gli operatori di WeWorld e Popoli in Arte hanno fatto colloqui individuali con circa 400 persone e poi anche incontri in assemblee partecipate: allarmante il fatto che circa metà degli uomini ascoltati fossero minori non accompagnati.