Ventimiglia, “Ecco perché scappano dall’Africa”: Bruna Sironi racconta la vita in Sudan ed Eritrea

3 ottobre 2016 | 23:45
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Ventimiglia, “Ecco perché scappano dall’Africa”: Bruna Sironi racconta la vita in Sudan ed Eritrea

“Sanno benissimo a cosa vanno incontro. Ma restare nei loro paesi è molto più rischioso”

Ventimiglia. Una chiesa di Sant’Antonio gremita ha accolto Bruna Sironi, cooperante, esperta di Sudan e Corno d’Africa, inviata a Nairobi per “Nigrizia”. Introdotta dal parroco don Rito Alvarez e accompagnata da Maurizio Marmo, responsabile della Caritas Intemelia, Bruna Sironi ha raccontato a lungo come si vive in Africa ed, in particolare, nei paesi che vengono abbandonati dalle migliaia di migranti che poi arrivano in Italia.

L’incontro con l’esperta non è stato fissato in un giorno a caso: il 3 ottobre, infatti, è la “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza”, sia a livello nazionale che Europeo. E ad oggi sono 3500 i migranti che nel mar Mediterraneo hanno trovato una tomba. “E’ il confine più letale della Terra”, ha dichiarato Maurizio Marmo, introducendo la Sironi, che non si è addentrata sugli aspetti legati al viaggio dei migranti, ma ha raccontato nei dettagli cosa è accaduto e cosa sta accadendo in Africa, spiegando così i motivi che spingono centinaia di migliaia di persone a lasciare il proprio paese.

“Sono tutti perfettamente consapevoli di quello che potrà succedere loro durante il viaggio”, ha esordito la Sironi, “Ma preferiscono partire perché evidentemente stare a casa è più pericoloso”. Eritrea, Sudan, Somalia sono i paesi dai quali si scappa di più. “Ma ora la situazione sta cambiando per via di un’evoluzione politica negativa anche in altri paesi”, ha spiegato la cooperante, “Sono tutti paesi che violano i diritti umani dei loro cittadini. Non c’è libertà di culto, né di associazione e altro ancora: la gente scappa perché non si sente più a casa sua”.
In Eritrea, per esempio, con un decreto del presidente è stata riconosciuta la libertà di culto solo a quattro confessioni: musulmana, cristiana copta, cristiana cattolica e luterana. Tutte le altre religioni sono state bandite: “I pastori valdesi sono stati imprigionati”, ha raccontato la Sironi. Un altro problema è quello del servizio militare, obbligatorio per tutti, seminaristi e suore compresi.

A non avere diritti in Sudan, invece, sono i cristiani: “Qui ci sono musulmani integralisti che utilizzano la religione a scopo politico. Questo è il clima che si respira in quei paesi”.

A mancare è anche la libertà di associazione, oltre a quella di stampa: i giornali subiscono censura e repressione e molti sono costretti a chiudere perché il governo ne proibisce la vendita mandandoli in sofferenza economica.

Per non parlare del “lavoro schiavo”: così lo ha definito Bruna Sironi, parlando dei “giovani che devono prestare un servizio nazionale a tempo indeterminato. Sottopagati e spesso utilizzati per lavori che non rispondono a quelli che sono i loro desideri. Non possono più sognare il loro futuro e quindi l’unico modo che hanno per togliersi da questa cappa di oppressione è scappare”. Ma nemmeno questo è semplice: per uscire dal Sudan e dall’Eritrea è necessario possedere un visto che viene concesso solo dietro ad un pagamento.

Spesso, inoltre, i migranti sono utilizzati per nascondere altri traffici: quello di armi, per esempio. “Il controllo del territorio spesso è conteso tra governo e forze dell’opposizione”, ha spiegato Bruna Sironi, “Il pericolo è che i trafficanti si ritaglino i loro territori, i loro “santuari”, dove portare avanti attività illegali, come traffici di esseri umani, droga o armi”.