Triora, tra leggenda e realtà: nel paese della valle Argentina dove si incontrano le streghe

31 ottobre 2016 | 17:52
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Triora, tra leggenda e realtà: nel paese della valle Argentina dove si incontrano le streghe

Era l’estate del 1587 quando nel borgo iniziò quello che passerà alla storia come il “processo alle streghe di Triora”

Triora. Oggi l’affascinante borgo della valle Argentina vive anche grazie al suo passato. Un passato intriso di magia e superstizione che, cinquecento anni fa, costò la vita di alcune persone. Se oggi il paese si popola di visitatori per la festa di Halloween è anche e soprattutto grazie al loro sacrificio.

Era la fine dell’estate del 1587 quando nel piccolo borgo iniziò quello che passerà alla storia come il “processo alle streghe di Triora”. In realtà, che qualcosa fosse cambiato, nell’aria si avvertiva già da almeno due anni. Da quando, cioè, era iniziata una carestia che aveva portato la popolazione allo stremo. Era necessario, ormai, trovare un colpevole, un capro espiatorio. E lo si trovò in un gruppo di donne che abitavano alla periferia del paese e che, si diceva, si riunissero alla “Cabotina”: “Era la località…orrida e deserta, detta Cabotina. In tale luogo si sarebbero svolti i convegni notturni delle streghe, le quali avrebbero giuocato a palla con bambini in fasce, palleggiandoseli da un albero all’altro fra quei radi alberi di noce…”. L’accusa, per loro, era terribile: erano bagiué. Streghe.

Pestilenza, carestia e cannibalismo infanticidio: per questi crimini vennero arrestate venti donne che, a causa delle denunce estorte con la tortura, divennero presto trenta. Non resistendo alle terribili torture inflitte, tredici donne, quattro ragazze e un giovane confessarono le loro colpe. Ma il processo, per il quale si scomodò persino il vicario dell’inquisitore di Genova e quello di Albenga, Gerolamo Del Pozzo, fece anche altre vittime. Tra queste, la più famosa (forse perché di nobile famiglia), fu Isotta Stella: una sessantenne che morì per le torture subite. Un’altra donna, in preda alla disperazione, si gettò invece dalla finestra.
Ad indicare i nomi delle presunte streghe erano stati gli stessi paesani, spinti dal loro sacerdote che sosteneva con forza la presenza del maligno nel borgo e arrivò, durante una predica, ad esortare i parrocchiani affinché denunciassero le streghe.

La morte di Isotta e quella di altre donne non servì per smorzare quel clima di terrore che si era venuto a creare. Anzi. L’arresto e la morte di alcune donne, soprattutto di persone nobili e influenti nella comunità, non fece altro che spaventare ancora di più gli animi dei paesani.

L’anno successivo, nel mese di maggio del 1588, arrivò a Triora l’inquisitore capo che, dopo aver visitato le carceri nelle quali erano rinchiuse le presunte streghe, dispose la scarcerazione di una ragazzina di tredici anni. Nel mese di giugno il clima di terrore si inasprì con l’arrivo del commissario Giulio De Scribani, inviato direttamente dal governo genovese dal quale dipendeva il borgo.

Tredici donne incarcerate furono portate a Genova dove vennero chiamate a rispondere di reati gravissimi: reato contro Dio, commercio con il demonio, omicidio di donne e bambini.
Iniziarono così nuovi interrogatori e supplizi che non fecero altro che allargare a macchia d’olio i confini geografici di quella che divenne una vera e propria caccia alle streghe: le persecuzioni, infatti, si estesero anche in paesi vicini, come Castel Vittorio, Badalucco e Sanremo.

Alcuni dei documenti prodotti durante il processo si trovano oggi, in copia, al museo etnografico e della stregoneria di Triora. Gli originali, invece, sono custoditi nell’Archivio di Stato di Genova. Qui si legge dei supplizi tremendi e degli interrogatori spietati ai quali vennero sottoposte le arrestate. Per quattro di loro, De Scribani chiese una morte sul rogo, ma il governo tentennò e chiese l’intervento di un secondo commissario, Serafino Petrozzi. Le indagini proseguirono e si arrivò alla conferma della condanna a morte per stregoneria.