La grande fuga da Ventimiglia alla Costa Azzurra: migranti disperati si affidano ai passeur
Il reportage della cronista di Riviera 24.it insieme ai colleghi di “Agorà” lungo i sentieri a cavallo della frontiera italo francese
Ventimiglia. Li incontriamo sul ciglio della strada, in via Tenda. E’ buio e se ne stanno seduti in piccoli gruppetti ad ascoltare la musica dai loro smartphone. Cantano e ballano e quando chiediamo da dove arrivano, uno di loro sorridendo risponde: “Ventimiglia”. Sono eritrei, giovanissimi, tra i sedici e i ventidue anni. Sorridono e cercano di rispondere alle nostre domande, ma hanno paura. Paura dei giornalisti che magari giornalisti non sono e che possono scoprire il loro viaggio clandestino.
Vicino al passaggio a livello, attendono il fischio dell’ultimo treno e, soprattutto, il segnale del passeur che hanno precedentemente incontrato. Quando arriva, avvolto in un giubbotto scuro, il passeur si avvicina e parla un istante con loro: è questione di pochi minuti, poi ritorna da dove è venuto, nel greto del fiume Roja, scomparendo per un attimo alla vista di tutti.
Passa l’ultimo treno notturno per la Francia. Si alza il passaggio a livello e il gruppo di giovani, con zaini sulle spalle e trolley alla mano, si incammina sulle rotaie: sono velocissimi e nel buio diventano presto ombre inghiottite dalla prima galleria. Diventa fondamentale, in questo passaggio, la figura del passeur: la ferrovia ad un certo punto si ramifica e si rischia di sbagliare strada, trovandosi magari al Campo Roja di Bevera, proprio là da dove i giovani sono partiti.
Seguendo la strada ferrata, il gruppetto di eritrei arriva a Latte. Da qui raggiunge la frazione di Grimaldi ed infine il sentiero che porta al viadotto autostradale. Ma dopo la morte della sedicenne Milet Tesfamariam e del diciottenne Alì Ahmad, le reti sono state rinforzate e diventa più difficile raggiungere la carreggiata.
Ai ragazzi allora resta una sola strada, forse la più pericolosa: il passo della morte. Un sentiero poco conosciuto, che scala il costone della montagna e conduce a Mentone in poche ore. Tra nuda roccia e macchia mediterranea, il sentiero si fa sempre più difficoltoso e ad ogni passo bisogna stare attenti a non precipitare nella scarpata.
Nel buio della notte, di quei ragazzi che ora sono in balia di se stessi non si vede più nulla se non la flebile luce dei loro telefoni cellulari: è l’unica fonte di illuminazione che hanno per non rischiare di perdersi o precipitare. A questo punto sono soli: difficile che il passeur li accompagni. Per pochi spiccioli (50 o 100 euro a persona), non rischia di certo la vita anche lui. La marcia dei giovani eritrei non si arresta: nel cuore della notte camminano in fila ed il loro passare sembra una danza di lucciole.
Non sanno, quei ragazzi, che verranno quasi certamente fermati dai gendarmi che presidiano il sentiero dal versante francese e che il loro viaggio, pericolosissimo, potrebbe rivelarsi del tutto inutile. Vanno avanti, nella notte, fino a scomparire al nostro sguardo: non conosciamo la loro sorte. Non sappiamo se sono arrivati né dove.
La maggior parte sono minorenni e, in quanto tali, dovrebbero godere di protezione internazionale. Invece scappano, nella notte, come i ladri. A differenza di questi ultimi, però, per loro non c’è nemmeno la cella di una prigione per trovare riparo: fin quando non raggiungeranno la loro meta il loro unico rifugio sarà la strada.
[Domani giovedì 27 novembre alle 8,00 su RaiTre andrà in onda il programma Agorà con uno speciale che racconterà, mostrando i filmati realizzati nella notte, il viaggio dei migranti].