Il parroco don Rito Alvarez e i volontari piangono per Milet: “Siamo responsabili di quello che è successo”
Una comunità scossa per l’accaduto e un fiocco sulla porta della chiesa: “Milet perdonaci”
Aggiornamento delle 18,40
Ventimiglia. Un fiocco e una frase: “Milet perdonaci”. Lo hanno lasciato sulla porta della chiesa di Sant’Antonio il parroco don Rito Alvarez e i volontari che aiutano i migranti arrivati a Ventimiglia e che tentano di espatriare in Francia.
“Tutti dobbiamo sentirci responsabili di questa tragedia – dice ancora scosso per l’accaduto il prete che cerca di rincuorare i fratelli che hanno assistito impotenti alla morta della sedicenne eritrea travolta da un tir poco oltre la barriera dell’autostrada a Ventimiglia – Stiamo vivendo un momento straziante, difficile, ma siamo vicini a queste gente che ogni giorno spera solo di poter lasciare l’Italia e proseguire il cammino dopo essere scampate miseria e persecuzioni”.
E’ forte il dolore, ma anche il senso di impotenza dopo la disgrazia accaduta ieri sull’A10 tra Ventimiglia e Mentone. Raccolti in preghiera don Rito e i suoi collaboratori da ieri si sono stretti attorno ai fratelli della sedicenne eritrea uccisa mentre percorreva la galleria per raggiungere Mentone.
E oggi i fedeli si sono in preghiera nella chiesa dove da mesi si cerca di aiutare i migranti in arrivo dall’Africa. “Oggi è un giorno triste perché Milet, a soli 16 anni, ha perso la vita – ha detto dall’altare don Rito – Chiediamo al Signore la forza per poter continuare ad andare incontro alle necessità dei nostri fratelli e vogliamo dare un senso e impegnarci perchè queste cose non accadano più. Siamo vicino ai fratelli eritrei che stanno vivendo un dolore inconcepibile”.
E don Rito nella sua omelia ha sottolineato l’importanza dell’unità come vuole il Papa. “In questo momento stiamo facendo distinzione tra fratelli di serie A e di serie B, come per i lebbrosi del Vangelo, che erano considerati cittadini di serie B: ci sono persone che possono vivere tra le case e altre no. E allora con questo brano del vangelo che parla dei lebbrosi pensiamo un po’ ai migranti: a loro che devono vivere in questa situazione e affrontano un viaggio di mesi e anni nella sofferenza e nel dolore. Hanno perso i loro compagni nel deserto, li hanno persi nel mare, li hanno persi così anche nella loro terra dove non hanno potuto avere i loro diritti. Sono come i lebbrosi del Vangelo, si trovano qui in Europa e nessuno li vuole. Allora vogliamo ascoltare Milet, ci sentiamo in dovere di parlare con Milet e sentire quelle parole che non ha potuto dirci. Le parole che non può dirci le vogliamo dire noi, dobbiamo vedere con i suoi occhi. In questo mondo in cui viviamo, dove i poveri sono sempre vittime dei potenti, non possiamo che chiedere a queste povere vittime di perdonarci – ha sottolineato il parroco – Abbiamo bisogno di prendere coscienza sulle ingiustizie di questo mondo. Nessuno di noi si immagina le sofferenze di queste persone perché nessuno di noi viene mandato indietro quando sta cercando di raggiungere il suo sogno. Loro non sanno neanche leggere i cartelli stradali, non conoscono i pericoli ai quali vanno incontro e se nessuno di noi che vive sul territorio glieli dice allora loro restano soli come i lebbrosi del vangelo che si nascondono e non hanno nessuno che possa occuparsi di loro”.