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Anziano e invalido chiede la messa in posa di un montascale in condominio: il caso

25 ottobre 2016 | 15:02
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Anziano e invalido chiede la messa in posa di un montascale in condominio: il caso

Buongiorno,

sono una signore anziano, vedovo da diversi anni e vivo in un condominio situato a Ventimiglia.

Il mio appartamento si trova al secondo piano dello stabile e presenta una scala che da direttamente accesso allo stesso, senza passare all’interno dell’androne condominiale, da cui é possibile, tra l’altro, usufruire dell’ascensore.

Vista la mia età e l’operazione recentemente subita, mi trovo a deambulare con difficoltà e salire la scala diventa sempre più difficile.

Ho pensato di far posizionare un montasciale ma, purtroppo, la rampa delle scale é troppo stretta e così, considerato che il muro del mio appartamento confina proprio con l’androne delle scale interne, ho richiesto in assemblea condominiale che mi venisse concessa la possibilità di aprire un varco nel mio muro.

Il tutto per consentirmi di entrare in maniera più agevole nel mio appartamento, usufruendo anche dell’ascensore.

Il condominio mi ha negato questa possibilità, adducendo motivi che non comprendo e, anzi, mi sento umiliato dalla situazione.

Possono farlo? Cosa posso fare per ottenere quello che credo mi spetti?

Grazie.

Gentile signore,

prendendo a cuore la Sua richiesta, vista la situazione in cui versa, al fine di fornirLe un parere in merito, credo sia opportuno, in via preliminare, che mi soffermi ad analizzare la disciplina codicistica in tema di comunione di condominio.

Ciò, anche al fine di chiarire se, e in che modo, la delibera condominiale che Lei contesta nel contenuto sia illegittima.

Ai sensi del Codice civile e, più precisamente dell’art. 1100 c.c., la comunione sussiste “ quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone”.

Sul punto, la Giurisprudenza dominante ritiene che nella comunione ciascun partecipante sia comproprietario di una quota ideale dell’intera proprietà.

In questa prospettiva, il condominio risulta essere un tipo particolare di comproprietà, la cui disciplina normativa va ricercata negli art.li 1117 e seguenti del codice civile, le cui norme trovano appunto applicazione “ in tutti quei casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni”.

L’articolo in questine contiene, poi, un’elencazione non esaustiva di tutte quelle parti che in un condominio risultano essere cose “comuni” (opere, installazioni, manufatti ecc. muri maestri, fondazioni ecc,, scale, portoni, portici e cortili..).

In costanza di questi casi, é chiaro che coesiste una proprietà individuale, di cui sono titolari, in modo esclusivo, i singoli condomini e una proprietà di questi ultimi sui beni comuni, tra loro funzionalmente e strutturalmente collegate.

Occorre poi fare una precisazione ulteriore.

Rispetto a tutti i casi in cui sussiste comunione ordinaria, quella condominiale si differenzia, nella sostanza, per la sua natura forzosa.

E’ solo in costanza di condominio, infatti, che la contitolarità prescinde dalla volontà dei singoli contitolari, in quanto la stessa ha ad oggetto beni strettamente funzionali al godimento e all’attuazione delle proprietà esclusive.

Tale circostanza giustifica, tra l’altro, quanto contenuto nell’art. 1119 c.c., ossia l’indivisibilità delle parti comuni del condominio, nonché quanto asserito all’art. 1118 c.c., recante norme sulle spese per la conservazione delle parti comuni, spese a cui i singoli condomini non possono sottrarsi essendo anzi obbligati in tal senso proprio per la loro natura di contitolari di diritti sull’immobile.

Ovviamente, l’obbligo di contribuzione varia in relazione alla misura millesimale appartenente ai singoli, relativamente all’intero immobile condominiale.

Fatte queste brevi premesse, occorre ora verificare se il diniego manifestato dal suo condominio, in merito all’apertura di una porta nell’androne condominiale, abbia qualche fondamento o meno.

Non credo possano sorgere dubbi riguardo al fatto che l’androne condominiale costituisca cosa “comune” nel condominio, per quanto a dire il vero lo stesso non risulti specificamente indicato nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c..

Mi preme sottolineare, però, che ciò che in realtà rileva per la norma in questione é il collegamento strumentale ed accessorio tra il bene e le unità immobiliari appartenenti ai singoli proprietari.

In altri termini il bene, per i suoi caratteri materiali e funzionali, deve essere necessario per l’esistenza e l’uso delle singole proprietà ovvero oggettivamente destinato in modo stabile al servizio e al godimento collettivo, caratteristiche ben presenti relativamente all’androne oggetto del presente parere.

In ordine alle modalità di utilizzo delle cose comuni (tra cui, come detto, figura l’androne condominiale), l’art. 1102 c.c. comma 1 così prevede “ ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglio godimento della cosa”.

Precisa poi il comma 2 dello stesso articolo che “il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.

A ben vedere, la norma in esame, pur indicando limiti al diritto di utilizzo della cosa comune, non esclude affatto che il singolo condomino possa farne un uso più intenso e con modalità particolari rispetto agli altri, purché non venga mutato il titolo del possesso della stessa.

In altri termini, non si deve passare da un utilizzo collettivo a quello strettamente privato (mutamento del possesso), atto ad elidere un qualsiasi rapporto con gli altri contitolari.

Sul punto si é espressa, altresì, la Suprema Corte ( Cass. Civ. Sez. VI Sent. n. 14245/2014), secondo cui “ In tema di uso della cosa comune occorre verificare se l’utilizzo diretto e più intenso da parte di un condomino sia legittimo ex art. 1102 c.c. e non alteri il rapporto di equilibrio tra i partecipanti, occorre aver riguardo non tanto alla posizione di coloro che abbiano agito in giudizio a tutela del loro diritto, quanto all’uso potenziale spettante a tutti i condomini, proporzionalmente alla rispettiva quota del bene in comunione”.

Nel caso di specie, l’uso potenziale dell’androne, da parte di tutti gli altri condomini, non viene meno per effetto dell’apertura di una nuova porta né, si può dire, che venga alterata la destinazione dello stesso.

Dello stesso avviso é, altresì, la Suprema Corte ( Cass. Civile Sez. II n. 24295/2014) che, in un caso simile al suo ha avuto modo di ribadire “ l’apertura nell’androne condominiale di un nuovo ingresso a favore dell’immobile di un condomino é legittima, ai sensi dell’art. 1102 c.c., in quanto, pur realizzando un utilizzo più intenso del bene comune da parte di quel condomino, non esclude, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non altera la destinazione del bene stesso”.

Alla luce di quanto detto, ritengo che nessun divieto possa esserle frapposto dal condominio in cui abita, con la conseguenza che Lei ben potrà, a sue spese, disporre l’apertura di una nuova porta che dia sull’androne, in modo da permetterLe di usufruire dell’ascensore condominiale.

Cordiali saluti.

Abogado Fonte Luca

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