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Sexual offenders: in Liguria il più alto tasso di violentatori, molestatori e pedofili

25 settembre 2016 | 10:47
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Sexual offenders: in Liguria il più alto tasso di violentatori, molestatori e pedofili

Dall’equazione calcolata sulla base dei dati diffusi dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), risulta che ogni 100mila abitanti 4,11 hanno commesso un reato a sfondo sessuale

Liguria. Sessantacinque, ecco il numero di detenuti italiani e stranieri presenti nei sei carceri liguri per reato sessuale. Sessantacinque, un numero che può apparire basso ma se calcolato in rapporto al totale degli abitanti (1.583.263) fa schizzare la regione in vetta alla disonorevole classifica nazionale circa la presenza sul territorio di uomini arrestati come sexual offenders.

Dall’equazione calcolata sulla base dei dati diffusi dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), infatti, risulta che ogni 100mila abitanti 4,11 hanno commesso un reato a sfondo sessuale. Più del Lazio (in seconda posizione con un rapporto pari al 3,33 per 100mila abitanti) e della Lombardia (in settima posizione con un rapporto pari al 2,39 per 100mila abitanti). Una cifra che fa rabbrividire e purtroppo in linea con i numerosi atti di violenza fisica e sessuali perpetrati sulle donne liguri nel quinquennio 2009/2014, e resi noti dal Dipartimento delle Pari Opportunità e dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat)  nell’ultimo rapporto dedicato (giugno 2015). Secondo il documento, appunto, su 100 donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni, il 37,6% ha dichiarato di avere subito violenze, il 26,7% di tipo fisico e il 24,9% di tipo sessuale. Donne prese a pugni, afferrate con forza, colpite con oggetti, minacciate con coltelli e pistole, e in alcuni casi anche costrette a rapporti sessuali senza il loro consenso. Tantissime poi sono state oggetto di stupro. Dopo il Lazio, la Liguria è la regione italiana più brutale nei confronti del sesso femminile.

E non sorprende allora che a tale emorragia corrisponda un ampio indice di reclusi sexual offenderes; ovvero di quella categoria di detenuti che la subcultura carceraria giudica degli “infami”, che gli agenti di polizia penitenziaria chiama invece dei “protetti”, che gli psicologi e gli operatori penitenziari considera tecnicamente costituta da individui che a seguito di un comportamento patologico, psichiatrico o psicologico, sono stati indotti a compiere atti oltre il legalmente consentito. Quindi, violentatori, molestatori, pedofili che nella nostra provincia, fino a qualche anno fa, erano circoscritti in un reparto speciale della Casa di Reclusione di Sanremo, oggi generalmente confinati in quella Circondariale di Genova.

Questa tipologia di detenuti” – spiega Michele Lorenzo, segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Liguria (SAPPe) – “sono confinati in un reparto protetto. Ciò avviene in quanto, diversamente da quelli che hanno commesso reati comuni, loro devono svolgere un numero maggiore di colloqui con psicologici e psicoterapeuti nonché seguire particolari percorsi rieducativi o riabilitativi. La motivazione risiede nel fatto che attualmente  il carcere sta assumendo sempre più la forma di un pronto soccorso della delinquenza il cui principale obiettivo è la cura del detenuto, lasua correzione e rieducazione. Chi ha commesso reati di tipo sessuale, essendo questi dettati da motivazioni principalmente psicotiche e non criminose, deve seguire altre modalità di recupero. Tanto è vero che molto alto è anche il numero di coloro che appena vengono portati dentro, consapevoli del fatto che una volta usciti potrebbero commettere nuovamente il reato, chiedono di essere soggetti alla castrazione chimica”.

Ma al di là di ciò, ecco dunque che emerge il paradosso: chi si è macchiato del reato più ignobile o fra i più ignobili, ha diritto a maggiori e migliori opportunità dei detenuti comuni: oltre a quanto ha illustrato Lorenzo,  questi sono ospitati in sezioni distaccate, del tutto differenti da quelle promiscue e sovraffollate dove si trovano gli altri reclusi, e hanno la possibilità di intraprendere una moltitudine di attività di studio, lavorative, sportive, ricreative e artistiche.

A tal ragione” – continua il segretario regionale – “isexual offender dovrebbero essere confinati nelle Rems, strutture residenziali sanitarie gestite dalla sanità territoriale in collaborazione con il Ministero della Giustizia. Queste residenze garantiscono l’esecuzione della misura di sicurezza (detenzione) e al tempo stesso l’attivazione di percorsi terapeutici riabilitativi. Purtroppo in Liguria non ne esistono ancora. E sarebbero invece oltremodo necessarie. Anche perché il quadro non è per nulla dei migliori, anzi, viviamo in un vero e proprio stato di allerta con il drastico calo di polizia penitenziaria e insieme l’aumento vertiginoso del numero di detenuti e di eventi critici, come suicidi, atti autolesionistici, risse, colluttazioni, attentati incendiari etc”. 

L’emergenza coinvolge comunque tutto il settore interessato, penitenziario e anche giudiziario. Non è un caso che indagando i dati relativi ai sexual offenderes reclusi in Liguria, emerge un aumento compreso fra i 60 e i 100 (dunque corrispondente al totale) nel solo primo semestre dell’anno, da gennaio a giugno 2016. Ciò evince che la carcerazione per questi reati, mediamente, è breve pur quando riguarda quelli più gravi a cominciare dalla pedofilia. In merito, si consideri il saggio pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo di Francesco Macrì, il quale, analizzando 110 sentenze della Corte di Cassazione su autori di violenza sessuale su donne e minori, ha concluso facendo leva sulla presenza di “rilevanti criticità” nella “discrezionalità giudiziaria in materia di commisurazione della pena”:

In conclusione, il dato – in parte anche sorprendente – di maggiore rilevanza penalistica che si evince dall’ampia analisi del “diritto vivente” italiano in materia di “Violenza sessuale” del 2015 è la sussistenza di un chiaro deficit di “legalità sanzionatoria”, ribadendo come con tale concetto ci si riferisca alle esigenze di garanzia, e di certezza del diritto, nel procedimento di commisurazione della pena. Dalle 110 sentenze oggetto di elaborazione statistica è emersa la natura sovente insondabile dell’esercizio in concreto di quegli ampi margini di discrezionalità in capo alle corti di merito, che già la semplice lettura delle norme codicistiche in materia di criteri di commisurazione (art. 133 c.p.), di concorso di circostanze di segno diverso (art. 69), e di reato continuato (art. 81/2 c.p.) attesta. Le ampie discrepanze rilevate, soprattutto in casi di pedofilia (abusi sessuali su minori almeno infraquattordicenni), tra condotte di gravità del tutto simile, rappresenta sicuramente una delle principali criticità riscontrate. Al riguardo, comunque, si pone come ineludibile l’esigenza di condurre indagini sulle sentenze emesse dalle corti di merito, onde verificare quali siano nella prassi giurisprudenziale i fattori, tra quelli di cui al comma 2° dell’art. 133 c.p. (carattere del reo, condotta processuale dello stesso. ecc.), ad avere maggiore influenza concreta nella fase di commisurazione.