Ventimiglia, “Io, disabile, costretta a vivere con una pensione da fame”

24 agosto 2016 | 09:17
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Ventimiglia, “Io, disabile, costretta a vivere con una pensione da fame”

La storia di Adolfa Sommella e la risposta dell’assessore ai Servizi Sociali Vera Nesci

Ventimiglia. Gravemente malata di cuore e impossibilitata a lavorare: Adolfa Sommella, conosciuta da tutti con il nome di Tamara, racconta la sua storia, tra ristrettezze economiche e paura del futuro.

Tamara è una delle persone, residenti nella città di confine, che dopo aver richiesto al comune un aiuto economico si è vista recapitare una lettera con scritto: “l’erogazione di nuovi contributi è temporaneamente sospesa”.
“Cosa fare se non disperarsi?”, domanda la donna, 57enne, ex collaboratrice scolastica andata in prepensionamento per gravi motivi di salute.

“Questa è la mia diagnosi”, mostra la donna, “Sono invalida e inabile al lavoro al 100%: fare sforzi potrebbe uccidermi. Ma devo arrangiarmi perché nessuno mi aiuta”. “Vivo con una pensione minima, prendo 16 pastiglie al giorno e alcune medicine me le devo pure pagare. Ma come pensano che si possa stare con poche centinaia di euro al mese?”, si sfoga Tamara.

Nel suo appartamento in via Brigate Partigiane, l’unico “lusso” è una televisione: nessun altro elettrodomestico è presente in casa, ad eccezione di una piccola lavatrice. “Guardi il frigo: è vuoto. Dovrei mangiare il pesce: ma come si fa?”, racconta la donna, “E’ impossibile. Poi ci sono le bollette, l’affitto… o pago o mangio. La lettera che mi è arrivata, dopo che ho chiesto un aiuto in comune, mi ha fatto sprofondare nel panico: ho paura quando inizia un nuovo mese, ho paura di non riuscire ad arrivare alla fine”.

“Per me è altissima anche la tassa della spazzatura: oltre 250 euro per 48 metri quadrati di abitazione”, dice, “E l’affitto, nonostante io abiti in una casa dell’ARTE, è per me sempre troppo”. 137 euro: questo il canone mensile pagato dalla signora. Più o meno metà delle entrate di un mese.

Con lei, molto spesso, vive anche il figlio 19enne, Gabriele. Disoccupato, il giovane cerca lavoro e aiuta la madre come può, anche se di certo non bastano quei 284,00 euro mensili che gli passa il padre come mantenimento: “Eppure ai servizi sociali dicono che con quei soldi mio figlio dovrebbe aiutarmi. Ma come fa? Deve mangiare anche lui! Si rendono conto o no di quanto è cara la vita oggi?”.

Il comune, d’altra parte, riferisce che la sospensione dell’erogazione dei contributi è solo temporanea e, dunque, la decina di residenti che ha ricevuto quella lettera a casa deve stare tranquilla. “Si tratta di pochi casi”, specifica l’assessore ai Servizi Sociali Vera Nesci, “Che riguardano sia persone che ricevono contributi economici per periodi limitati nel tempo sia cittadini a cui spettano contributi per periodi più lunghi. I motivi per cui sono state inviate le lettere sono sostanzialmente tre: normale turnazione dell’erogazione, disguido tra gli uffici (era necessaria una verifica del bilancio, come già accaduto in passato) e presentazione di una nuova richiesta, come sembra essere il caso della signora, proprio nel momento in cui la verifica veniva attuata”.

Nessuna volontà, dunque, di sospendere l’erogazione dei fondi. Mentre i contributi per pagare l’affitto sono stati ridimensionati per il maggior numero di richieste pervenute in comune: quest’anno sono un centinaio le persone che dovranno dividersi tra di loro i circa 50mila euro erogati dalla Regione.

Ma quando si vive in ristrettezze economiche, ogni “no”, anche solo temporaneo, può portare all’esasperazione: “Cosa devo fare?”, chiede Tamara, “Andare alla Caritas? Magari qualcosa danno anche a me. Ci dicono di essere buoni con i migranti: io non ce l’ho con loro, però per loro i soldi ci sono. E noi? A noi hanno tolto la dignità: non ho nemmeno i soldi per morire”.