E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione

16 agosto 2016 | 15:06
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E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione
E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione
E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione
E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione
E’ Enrico Luly il perverso kebabbaro in Sangue Misto, film horror che parla d’integrazione

Il cinema è il suo mestiere, Jack Nicholson il suo pigmalione. Ecco l’arte e le ambizioni dell’attore imperiese

Imperia. La somiglianza con il suo beniamino Jack Nicholson c’è. Ma per lui non basta. Per immergersi nel film in cui sta  lavorando, ma non solo per questo, prende spunto per studiarne e carpirne gestualità, atteggiamenti e profondità di sguardi. Per l’attore imperiese Enrico Luly è un grande momento, assorbito com’è in Sangue Misto, il lungometraggio horror di Davide Scovazzo che parla di multicultura e integrazione.

Il film è un progetto corale ideato da Davide Scovazzo, che ha riunito i registi Raffaele Picchio, Edo Tagliavini, Paolo del Fiol, Pellegrino Dormiente, Isabella Noseda, Chiara Natalini e Lorenzo Lepori. Otto città, otto registi, otto gruppi etnici: “Dall’estremo nord all’estremo sud, – spiega  Scovazzo – un ‘viaggio’ italiano che è racconto dell’urgenza d’integrazione e conoscenza reciproca con le tradizioni e le identità delle diverse culture con cui viviamo gomito a gomito ogni giorno, attraverso la lente del cinema di genere. Puntiamo a restituire allo spettatore una fotografia forte di quali standard qualitativi può raggiungere tutta una nuova generazione se ben ispirata, motivata, in possesso di buone attrezzature ma senza budget faraonici e, soprattutto, armata di buone idee; un film, in tutto e per tutto credibile, vendibile sul mercato e interessante dal punto di vista festivaliero e promozionale. Un prodotto che, nella sua eterogeneità, aspiri all’eccellenza e faccia della varietà (di razze, di città, si stili di regia) un punto di forza e non di dispersione”.

Un film, dunque, impegnativo ma assai motivante per Enrico il cui percorso artistico è davvero particolare “Esco infatti dal Dams di Imperia,  il mio vecchio sogno al quale mi iscrissi tre mesi dopo essermi laureato in economia e amministrazione delle Imprese. Proprio nella facoltà imperiese mi trovai nell’ambito attoriale teatrale che scoprii poiché tra le possibilità per ottenere crediti formativi. Galeotto, poi, fu l’incontro artistico con l’attore Franco Carli e da qui con Davide Scovazzo che mi diede, nel 2003, la possibilità di lavorare nel suo primo corto. Ottime, nel frattempo, le esperienze col Teatro Impertinente, col Parcheggio delle Nuvole, la Compagnia Aerea Teatro e le produzioni dei registi Di Gerlando e altri notevoli artisti e registi. Ma è la strada condivisa con Scovazzo che mi ha portato fino al suo straordinario progetto attuale”.

L’arte l’ha nel sangue, questo si percepisce. E come spesso succede agli artisti che calcano il teatro, prima di entrare in scena Enrico è nervosissimo e gonfio d’ansia “la persona più odiosa del mondo!ammette simpaticamente sottolineando quanto cinema e teatro, se pur ambiti ben diversi, lui li viva come molto simili nell’approccio e nel godimento di ogni preciso momento.  “Svestire i panni di me ‘Enrico’ e diventare, un ricco, un plebeo, o qualsiasi altro ruolo mi incuriosisce e mi stimola”.

Ed è per questo che, se Sangue Misto è attualmente in lavorazione, per Enrico Luly per fine 2016 si apre già un nuovo progetto, “Il giro di Ryisuro” cortometraggio drammatico firmato dal regista Paolo Del Fiol che racconta di un soldato in concedo che, con una spedizione di mercenari, cercherà di salvare dalla detenzione in un canile il cane sminatore con cui aveva lavorato in Medio Oriente (e che aveva salvato la vita al suo plotone in un situazione disperata). Luly qui sarà una guida siriana che aiuterà i soldati in cambio di un passaggio nel mondo occidentale.

Una crescita artistica di grandissime soddisfazioni, quella del nostro grande Enrico Luly, che fa leva sulla sua intima sete di conoscenza del mondo ma, prima ancora, sulla sua insita esigenza di essere felice.“Alla base di questa professione non deve mai mancare l’umiltà, la voglia di sapere e sperimentare, pur nella consapevolezza che oggi vivere d’arte è davvero molto difficile”.