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Don Piccoli indagato di omicidio, in Riviera per stare lontano dalle chiacchiere

18 agosto 2016 | 07:45
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Don Piccoli indagato di omicidio, in Riviera per stare lontano dalle chiacchiere

E’ scosso anche il vescovo Petrocchi dell’Aquila: “Non lo avevo mai incontrato, era stato incardinato dal mio predecessore”

Albenga/Imperia. Era una “vacanza” per stare lontano dalle chiacchiere, durante la quale Piccoli ha celebrato messa nella cappella della clinica San Michele. Ma quella vacanza per monsignor Paolo Piccoli si è protratta per più di un anno durante il quale il sacerdote dalle simpatie tradizionaliste si è fatto spesso vedere con tanto di tricorno alle celebrazioni con rito tridentino, tanto care al vescovo Mario Oliveri.

La storia del monsignore veneto, indagato di omicidio aggravato per aver ucciso un confratello, ha scosso il mondo della chiesa. Il vescovo coadiutore Guglielmo Borghetti ricorda che don Piccoli “in autunno inoltrato aveva lasciato la Diocesi di Albenga e Imperia”, mentre monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila si dice scosso per la vicenda. “Con profondo dolore ho appreso la notizia che don Paolo Piccoli – sacerdote incardinato nel Presbiterio di questa Arcidiocesi ma da sei anni dimorante fuori dal territorio aquilano – è indagato dalla magistratura con l’accusa di omicidio, a danno di un anziano sacerdote di Trieste”.

Il vescovo ricorda anche di non aver mai avuto avuto modo di incontrare personalmente don Paolo Piccoli. “Con il permesso del mio predecessore, monsignor Molinari – dal novembre 2010 ha lasciato questa comunità ecclesiale, per riavvicinarsi al suo ambiente di provenienza (è di origini venete). Da quanto mi è stato riferito, tale decisione fu presa perché le drammatiche difficoltà post-sisma interferivano negativamente sulle sue già precarie condizioni di salute. Si pensò, di conseguenza, che don Paolo avrebbe potuto curarsi meglio vivendo in un ambiente più tranquillo e prossimo alla sua famiglia”.

Già da tempo, proprio a causa di seri problemi di salute, era stato posto in stato di “Previdenza integrativa” (quiescenza), nel quadro dei Regolamenti della CEI. “Insieme ai miei collaboratori, seguo con attenzione gli sviluppi della situazione e attendo con serenità le decisioni che gli inquirenti riterranno opportuno prendere – precisa il vescovo – Anche in questa triste situazione, ribadisco la mia salda e motivata fiducia nella Magistratura e nelle Forze dell’Ordine, auspicando che la verità emerga rapidamente e nella sua interezza. Inoltre, con tutto il cuore spero che don Paolo Piccoli possa dimostrare la sua estraneità ai fatti delittuosi che gli vengono contestati. Da quanto mi risulta, al momento don Paolo Piccoli è solo indagato, perciò – come per ogni altro cittadino – se non viene emanata nei suoi confronti una sentenza di colpevolezza, è d’obbligo che gli venga mantenuta la “presunzione di innocenza”. Non si tratta di una concessione, ma di un obbligo etico, giuridicamente fondato”.
Tra l’altro anche il Codice di Diritto Canonico prevede la custodia della “buona fama” (cfr. can. 220). “Pertanto, è sulla base delle decisioni che verranno prese dalla Magistratura che si decideranno eventuali misure da adottare in ambito ecclesiastico, nella salvaguardia della dignità della persona e nella rigorosa applicazione delle normative canoniche”, conclude il presule dell’Aquila.