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Storie di torture, barbarie e violenze, Saleh passa dalla Riviera e sogna di raggiungere il fratello in Francia

5 luglio 2016 | 19:03
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Storie di torture, barbarie e violenze, Saleh passa dalla Riviera e sogna di raggiungere il fratello in Francia

L’odissea di un giovane che per mesi ha vissuto in Libia, torturato e violentato prima della partenza per l’Europa

Imperia. “Quando arrivi in Libia, quello è il momento in cui inizia tutto, cominciano a picchiarti fino a farti morire”, Saleh, 23 anni, arriva dal Gambia. E’ passato per Imperia l’altra sera in pullman per raggiungere Ventimiglia e unirsi ad altri disperati come lui che vogliono superare il confine e che alla fine vengono rispediti indietro. Ma lui lo sa e se la giocherá tutta per andare al di lá del confine.

Davanti ad un cappuccino decide volentieri di raccontare, in uno stentato italiano, tutto quello che ha vissuto per quasi un anno prima della partenza su uno di quei grossi barconi, ma ad una condizione: “Non mi fotografare in volto altrimenti me ne vado e non ti dico nulla”.

Ed eccolo il racconto che non ti aspetti. “Quando sono partito per la Libia rischiando di morire i trasportatori si rifiutavano di darmi da bere e a volte sparavano a chi supplicava un goccio d’acqua, come è successo a un gruppo di ragazzi che stava morendo di sete – spiega bevendo lentamente il cappuccino appena servito – avevo capito che quello era l’inizio dell’inferno, ma non avevo alternative. Nel mio paese c’erano guerre e criminali. Mio padre e mia madre sono morti tre anni, i miei fratelli all‘estero e io ero rimasto solo“.

In Libia ha visto per sette lunghi mesi qualsiasi genere di violenza. ”Questi trafficanti ti trattano come bestie. Non hanno pietá, non guardano in faccia a nessuno. Ti ammazzano solo se fai un cenno con una mano”.

La sua, ad esempio, è una storia che parla di abusi da parte di trasportatori, trafficanti, gruppi armati e bande criminali. Episodi di violenza talvolta anche gratuiti. Ha dormito per mesi su un pavimento sporco dentro un ex deposito militare. Doveva attendere, paziente, il giorno della partenza per la Sicilia dove poi è sbarcato la settimana scorsa. C’erano giorni che non vedeva cibo.

In tutto il Paese, lungo la rotta sud-nord, dal deserto ai porti del Mediterraneo, è diventato un redditizio traffico di esseri umani. Con i soldi puoi fare miracoli. Se non ne hai abbastanza rischi la pelle. Lui stesso lo conferma. “Io ho speso quasi 2 mila euro per raggiungere l’Europa – racconta – ma ci sono persone che conoscevo che hanno speso anche di più. Chi non aveva abbastanza soldi è stato violentato e torturato con una ferocia inaudita”.

I migranti e i rifugiati, una volta arrivati in Libia, vengono presi dai trafficanti, ma vengono venduti anche ad alcune bande criminali. “Chi non ha i soldi per permettersi il viaggio verso l’Europa – dice – patisce le pene dell’inferno: ho assistito a rapimenti, detenzione in carceri sotterranee per mesi, violenze sessuale, pestaggi. Io stesso sono stato preso a calci e pugni – dice mentre mostra una cicatrice ad una gamba – Mi hanno ferito con un coltello solo perché avevo chiesto un po’ d’acqua. Ma sono anche stato fortunato perché mi hanno anche fatto lavorare vicino al porto.  Ma ho visto anche di peggio come l’estate scorsa quando ho assistito alla morte di un gruppo di uomini durante la prigionia nel mio stesso deposito: erano tutti malati. I carcerieri non li ha portati all’ospedale e alla fine li abbiamo dovuti seppellire noi stessi”.

E le donne? “A loro, spesso, riservano torture peggiori. Gli stupri sono talmente comuni che molte donne assumono contraccettivi prima di mettersi in viaggio, per evitare di rimanere incinte. La violenza è commessa dai trasportatori, dai trafficanti o dai gruppi armati, sia durante il viaggio che nella fase di attesa dell’imbarco verso l’Europa. Quando sono partito mi hanno di nuovo preso a pugni e a calci per farmi salire un barcone dove abbiamo trovato posto in 80 quando quella barca ne poteva contenere al massimo 30. Ma non potevo fare diversamente”.

Adesso Saleh si è rimesso in viaggio. Sa bene che a Ventimiglia ci saranno altri ostacoli. “Ormai la morte l’ho vista in faccia. Non mi spavento se vedrà degli uomini in divisa alla frontiera – dice – Io farò di tutto per superare il confine: dall’altra parte ho un fratello e un cugino. Hanno trovato un lavoro in una città non lontano da Parigi: li è la meta del mio viaggio”.