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Luoghi del vivere: tra architettura e psicologia

10 giugno 2016 | 09:14
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Luoghi del vivere: tra architettura e psicologia

Il tempo ci ha trasportato da “dentro le mura” ad una città orizzontale, interscambiale, culturalmente aperta a diverse etnie. Un mondo in un piccolo mondo chiamato città

E’ vero, potrò sembrare un nostalgico, ma a volte ripensare il passato mi aiuta a guardare avanti e trovare nuovi modi di vedere le cose. Esistono ancora generazioni di persone nate in casa, con l’ostetrica, premurosa e preparata che accompagnava i primi vagiti e metteva in fasce i neonati, gioia e futuro in una casa. Non è passato poi così tanto tempo da “quel tempo” e il progresso ha fatto passi da gigante lasciando presagire un’ideale “benessere diffuso”. L’idea della modernità ci ha illuso che nel tempo potesse portare la società verso un vivere sereno e felice. Il progresso è avanzato e avanza giorno per giorno, ma quanto è cresciuta la felicità nella nostra modernità?

Le case potevano essere le case di una vita, oggi le case si cambiano, mutano, perdono quei sapori che si ricordano sin dall’infanzia. Chi non ricorda il profumo del caffè quando, ai tempi della scuola, anticipava di poco la sveglia della madre? Chi non ricorda l’odore della casa dei nonni, la casa di una vita? Un susseguirsi di generazioni che di padre in figlio si perpetuava nel tempo ha cessato di esistere. Le città storiche ci parlano, ci raccontano storie, profumi, emozioni. Ci regalano vibrazioni legate a semplici ma potenti sensazioni. Una piazza storica, se siamo capaci di ascoltare, ci racconterà del tempo passato, della vita che si è svolta tra i carruggi, le strette vie lastricate, le piazze. In una piazza storica, pur soli, non si è mai soli, la storia è una splendida compagnia. In un agglomerato moderno, privo di storia e personalità, anche se affollato, ci si sente irrimediabilmente soli. Non sei solo ma ti senti solo.

Il tempo ci ha trasportato da “dentro le mura” ad una città orizzontale, interscambiale, culturalmente aperta a diverse etnie. Un mondo in un piccolo mondo chiamato città. Ho passato del tempo in città diverse da Sanremo e ho sempre avuto la forte sensazione di come le città stratificate nel tempo, con un nucleo storico che ha poi allargato e ceduto le sue originali forme del tempo alla modernità, abbiano qualcosa di diverso rispetto a luoghi costruiti in tempi moderni senza valori antichi. E’ il senso di città che si respira non dal costruito ma negli spazi che lo mettono in relazione.Le vie, i carruggi, le piccole piazze sono il vero legante che rendono un luogo una città.

Vi invito a fare una passeggiata nella nostra città, nelle vie dove il costruito non ha storia e non ha relazione con gli spazi che la circondano e nel nostro meraviglioso, per architettura e senso della città, centro storico. E’ un esercizio che può sembrare banale e scontato capace però di far ri-vivere in noi emozioni dimenticate. Siamo un popolo che vive con un bagaglio emotivo dato da millenni di storia, tracce di vita che rendono la nostra esistenza diversa e profonda. E’ come ascoltare una musica che sembra fatta per noi, se ascoltiamo un brano e proviamo una forte emozione sentiamo il nostro corpo pervaso da brividi. Lo spazio costruito è la nostra musica, le relazioni che la storia ha scritto non possono essere ignorate e perse, e in questo architettura e psicologia hanno in comune l’esplorazione: concreta e dal tratto visibile quella dell’architettura; eterea, leggera e mai definita quella dell’animo. Due viaggi diversi per una sola emozione.

Paolo Tonelli

www.paolotonelli.com

www.facebook.com/sanremoturquoise