La provincia di Imperia si mobilita in massa contro la strage di cani al Festival di Yulin in Cina
Campanaro, responsabile Lav Sanremo Imperia: “Abbiamo invitato i cittadini a inviare un’email all’Ambasciatore cinese per chiedere di fermare il massacro di Yulin”
Imperia. Ogni anno, in occasione del solstizio d’estate, al Festival di Yulin in Cina, migliaia di cani sono macellati, cucinati e mangiati. Nella maggior parte dei casi sono cani catturati per le strade, sottratti ai loro padroni con metodi cruenti e poi uccisi a martellate, sgozzati, bolliti semivivi.
Iniziato nel 2009 recuperando un’antica tradizione, il “Lychee and Dog Meat Festival”, com’è anche conosciuto, ha scatenato fin da subito polemiche provenienti da tutto il mondo. Proteste che negli ultimi tempi sono andate rafforzandosi coinvolgendo sempre un più alto di numero di persone, anche italiane. Tra queste ultime, in primissima linea, c’è una moltitudine di liguri, in particolare uomini e donne provenienti dalla provincia di Imperia mobilitatisi in massa su impulso delle campagne promosse dalla Lav, sezione Sanremo Imperia.
“La Lav” – spiega Cristina Campanaro, responsabile della sede locale – “ha invitato i cittadini a inviare un’email all’Ambasciatore cinese per chiedere di fermare il massacro di Yulin e vietare il consumo di cani e gatti in Cina. La sensibilità dell’opinione pubblica nazionale e internazionale nei confronti degli animali è in grande aumento così come la consapevolezza che ogni paese, ogni singola località debba prevedere interventi legislativi e pratici a tutela degli animali che ne garantiscano il rispetto quali esseri viventi e con una propria vita relazionale ed emotiva”.
Perché, continua la Campanaro: “non solo in occasione del Festival di Yulin si compie l’eccidio: in Cina il consumo di carne di cane e gatto è ancora molto diffuso. Migliorare la fertilità maschile, allontanare gli spiriti maligni e le malattie, sono le credenze alla base di un massacro che ogni anno costa la vita a milioni di animali macellati spesso e in maniera sommaria, torturati a bastonate e cucinati. La tradizione non può e non deve essere pretesto per giustificare la cultura della crudeltà e della morte: tradizione e cultura devono adeguarsi alla crescente sensibilità e consapevolezza che gli animali, tutti, sono esseri senzienti e portatori di diritti, quello alla vita in primis”.