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La cultura e il colore: dallo Zen al Futurismo

17 giugno 2016 | 09:36
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La cultura e il colore: dallo Zen al Futurismo

La scelta di particolari gradazioni di colore nell’architettura, nel design, nella moda, nel cinema e in ogni espressione dell’uomo non è mai casuale

La scelta di particolari gradazioni di colore nell’architettura, nel design, nella moda, nel cinema e in ogni espressione dell’uomo non è mai casuale. Infatti esistono sempre dei significati sottesi più o meno evidenti che portano ad un linguaggio non verbale cosi detto “iconico”.

I colori non si presentano mai in modo astratto, ma sono sempre in relazione con molteplici fattori: la sostanza cui appartengono, l’ambiente socio culturale attraverso l’esperienza sociale e individuale, relazionandosi a immagini simboliche e iconiche sedimentate nel tempo in un racconto complesso e articolato che ha radici molto lontane.

I colori sono capaci di esprimere cultura estetica, visibilità, emozione, forza sino ad arrivare nel profondo psicologico di ogni individuo.

In estremo Oriente convivono una raffinata sensibilità cromatica legata a tutte le sfumature che una natura ricca e rigogliosa è capace di ispirare e un distacco ascetico dal colore nell’architettura e nel design. E’ il risultato dell’insegnamento Zen che, ricercando uno stato più profondo e autentico della bellezza, porta ad una stilizzazione e ricerca dell’essenzialità. I colori così intesi, quasi un velo di illusione che avvolge la materia celandone il vero e puro significato, vennero considerati superflui cercando di dissolverne l’effetto andando verso la centralità del nucleo essenziale, il bianco e nero. Una coscienza estetica che trova i suoi concetti fondamentali nei valori spirituali esprimendo così attraverso le raffigurazioni sobrie e interpretative della natura tipica giapponese, tranquillità, riserbo e sobrietà. Nel design questo punto di vista viene espresso attraverso l’uso di materiali che non hanno timore del passaggio del tempo, tessuti naturali, pietra, legno che ci raccontano colori desaturati, terrosi, grigi fangosi e bianchi naturali. Dove le imperfezioni non sono difetti ma verità assolute.

Nei manifesti del Movimento Futurista vengono accostate cromie per opposizione e contrasto capaci di creare ritmi in movimento, dinamici e vitali dove “le ombre che dipingeremo saranno più luminose delle luci dei nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei musei, saranno il giorno più fulgido contrapposto alla notte più cupa.”*

Dalla moda all’arte, da Parigi all’Italia i toni audaci erano proposti con crescente vigore e forza in una serie di “tappe” verso un’idea di liberazione dei colori che porterà, sul finire degli anni Sessanta, all’affermazione di una vitale e policroma libertà esibizionista e trasgressiva. Dallo Zen al Futurismo. Dal bianco/nero alla policromia più spinta e potente perchè “Ogni persona ha un suo proprio colore, una tonalità la cui luce trapela appena appena lungo i contorni del corpo. Una specie di alone. Come nelle figure viste in controluce.” (Haruki Murakami, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, 2013)

*tratto da “Pittura futurista manifesto tecnico

Paolo Tonelli

www.paolotonelli.com

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