Autori al 36 con Francesco Scopelliti e ‘La Via dell’Agave’

La Via dell’Agave è il Ponente ligure, quella striscia di terra schiacciata tra il mare e la montagna
Sanremo. Stasera a partire dalle ore 21 il giovane autore del Ponente Ligure Francesco Scopelliti col suo ultimo libro”La Via dell’Agave” sarà il protagonista dell’appuntamento semi-conclusivo del programma inaugurale di giugno del nuovo Spazio aperto “36” di Via Venti Settembre.
Questi ricordi di Francesco hanno un valore importante perché fungono da memoria rigida della sua generazione. Oltre alle bellissime descrizioni dell’infanzia trascorsa nell’entroterra ligure e ad Imperia, sono ripercorse le più importanti manifestazioni nazionali recenti, quella del 2010 e l’ultima del 15 ottobre del 2011, che hanno segnato il confine tra la speranza di cambiare le cose e la desolante presa di coscienza di non essere capaci di riuscirci.
Le parole del libro hanno bisogno di orecchie in grado di ascoltarle. Questo ascolto però risveglia la nostra voglia di cambiamento e l’aiuta a ritrovare la via della resistenza.
Introduce: Jacopo Gugliotta
Francesco Scopelliti nasce ad Imperia il 21/12/1982. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Dolcedo, piccolo borgo dell’entroterra. Escluso il periodo universitario svoltosi a Torino è sempre stato in Liguria, territorio che ancora oggi lo stupisce, affascina, ispira, ferisce, nonché ne sia un figlio bastardo in quanto calabrese da parte paterna. Di professione contadino e giardiniere, il CSA La Talpa e L’Orologio è la sua casa.
Ha pubblicato i romanzi “L’Impero e l’imperatore” e “Amarti da morire” per ennepìlibri, il racconto “Un passo, un altro” nella raccolta “Parlami d’Aurelia” per Diabasis edizioni ed il racconto “Manetta” nella raccolta Papel n.2 per edizioni Zem, più svariati racconti auto-prodotti grazie ad amici e compagni.
“La Via dell’Agave è il Ponente ligure, quella striscia di terra schiacciata tra il mare e la montagna; quella terra arsa, piena di agavi e di piante grasse messe in ogni dove, quel western mancato, dove moderni indiani e cowboy combattono per avere dignità, una casa, un lavoro. La Via dell’Agave, però, è anche il ritratto di un paese, l’Italia, che pare vagare totalmente allo sbando senza direzione e di una generazione rimasta senza appigli, schiacciata tra le memorie del posto fisso e il miraggio di un futuro sempre più incerto. Una generazione che resiste, nonostante tutto; resiste all’incertezza, alla precarietà, allo sconforto. Resiste a se stessa e alla tentazione, troppo facile, di lasciarsi andare. Una Generazione Agave che cerca di fiorire nonostante il paesaggio, attorno, le sia ostile.
La scrittura diventa, allora, necessità; il raccontare una forma di resistenza e di lotta.
È il ricordo a mantenere vivi, a generare la consapevolezza che non tutto è perduto e che, dopo il declino, è fisiologicamente necessario un cambiamento.
Sono le ginocchia sbucciate dell’infanzia, gli amori effimeri dell’adolescenza, gli incontri/scontri dell’età adulta a rammentarci di ciò che davvero siamo, a darci la forza per divenire altro, a permetterci di credere che saremo in grado comunque di fiorire, anche solo per un attimo bellissimo.