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“Io, Lorenzo Gariano di Imperia salito sull’Everest”, 10 anni fa l’impresa entrata nella storia

21 maggio 2016 | 09:42
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“Io, Lorenzo Gariano di Imperia salito sull’Everest”, 10 anni fa l’impresa entrata nella storia

L’alpinista racconta per Riviera 24 un’impresa storica, mentre il suo compagno di spedizione è tornano a scalare il tetto del mondo

Imperia. “La vera impresa non è arrivare in vetta, ma inseguire i propri sogni credendo nella possibilità di realizzarli”. 21 maggio 2006-21 maggio 2016. Dieci anni fa la spedizione per entrare nella storia e Lorenzo Lorenzo Gariano, 57 anni, è entrato nella storia. Ha scalato l’ Everest ( Chomolungma, Dea madre dell’Universo Dea madre dell’Universo). E’ stato il primo alpinista ligure a farlo.

“Dieci anni fa proprio oggi, io e Noel Hanna arrivammo sulla vetta dell’Everest per la prima volta. Io quasi non riuscii a tornare giù ero molto affaticato. Grandi ricordi e grandi emozioni di ieri che vivo ancora oggi  – racconta con tanta emozione in gola Lorenzo Gariano che abita a Imperia – E quello stesso anno Noel proseguì in bici per una pedalata lunga 1600 km per raggiungere il mare in India e stabilire un record mondiale.  Ancora oggi ringrazio Noel per avermi permesso di raggiungere il tetto del mondo. Insieme siamo stati una grande squadra”.

E Noel ci riprova proprio adesso, dieci anni dopo quella storica spedizione non commerciale, ma di grande spiritualità e forza interiore. E l’augurio di Lorenzo Gariano per Noel Hanna è che “gli dei possano lasciarlo nuovamente salire in totale sicurezza. So che ti prenderai cura di lei come fai con tutti”.

lorenzo gariano

Lorenzo Gariano, persona semplice, di grandi doti umane, ricorda come è iniziata questa sua grande passione per la montagna. “Ci sono momenti nella vita che hai bisogno di riscoprire te stesso e queste fantasie le coltivavo da ragazzino. Appena ne ho avuto la possibilità sono andato nel deserto del Sahara dopo aver seguito per caso una trasmissione televisiva di un grande esploratore contemporaneo inglese. Ero rimasto colpito da questo suo viaggio in solitario in Namibia lungo la costa degli scheletri per via di tutti i naufragi che vi sono stati. Ho poi incontrato l’esploratore a Londra, mi ha dato dei consigli ed ho intrapreso il mio grande viaggio nel deserto che mi ha preparato all’alta quota. Due anni fa avevo fatto un grande viaggio nel Kilimangiaro ed è iniziata la mia passione. Il deserto mi ha fatto capire che potevo riuscire a fare le scalate. E nel 2003 sono stato sull’Hymalaya e provare a scalare il Lotse a 8516 metri d’altezza, sicuramente più difficile dell’Everest. Poi nel 2006 con Noel abbiamo scalato l’Everest”. Un’impresa non per tutti. “Andare sull’Everest – dice – potrebbe anche essere facile, ma devi anche pensare di mettere in cassaforte le energie necessarie anche per tornare a casa e non rimetterci la pelle. Ci sono persone che soffrono il mal di montagna, si chiama “summit fever”. E’ la “febbre della vetta” a tutti i costi, io per fortuna non sono così. Rispetto la signora delle montagne come le altre sei cime che ho scalato”.

Il ricordo più bello? “Tanti e troppi. Sicuramente l’emozione più grande è stata quella di aver piantato la bandiera tibetana sul tetto del mondo in onore di un popolo che ha sofferto per decenni i soprusi e continua a sopportarli tutt’ora della Cina.  Ci sono tanti scalatori che fanno queste spedizioni per motivi commerciali. Io l’ho fatto per me stesso, ma soprattutto per il popolo tibetano e farlo per loro”. E quella volta a seguirlo c’erano anche due giornalisti di Imperia: chi vi scrive e Giorgio Bracco del Secolo XIX. Ogni giorni incollati al pc della redazione per seguire l’impresa. Emozionante sentire la voce di Gariano al satellitare salutare i lettori e Radio 19.

Quella per lui era la seconda spedizione. L’anno prima ha visto la morte in faccia rischiando di non rientrare al campo base. “E’ proprio così. Quel primo tentativo di scalare l’Everest nel 2005 fallì – dice-  L’unico compagno di spedizione muore in cordata. Io avevo deciso di proseguire fino all’ultimo campo, a quota 8300 metri. La visibilità era decisamente scarsa, non potevo indossare la maschera protettiva. Quando la vetta era distante solo 250 metri ho subito un principio di congelamento a una guancia e a un occhio. Il satellitare era fuori uso, pure quello congelato. Dovevo desistere. Ero talmente nel delirio e molto affaticato che farneticavo. Pensavo ala mia famiglia e al pagamento dell’affitto del box di mio fratello”.  Quindi la missione era fallita?” Sì era fallita – sorride Gariano –  Ma l’importante è riprovare e io ci ho riprovato l’anno dopo ancora più preparato di prima e ci sono riuscito”.

Ma Lorenzo Gariano non è solamente riuscito a scalare l’Everest, ma tutte le Seven Summits, le montagne più alte per ognuno dei sette continenti. Chi è appassionato d’alpinismo, sa l’importanza di questo traguardo. Non è il primo italiano a riuscirvi (prima di lui Reinhold Messner, Alberto Magliano e Giuseppe Pompili) ma il primo non scalatore, certamente sì. “Ho voluto vedere fino a che punto potevo arrivare. Bello, affascinante e emozionante. Ogni cima raggiunta un ricordo indimenticabile, ma soprattutto ho capito il valore assoluto della vita…”.

lorenzo gariano

La storia di questo piccolo, grande uomo è incredibile. E’ nato nel Regno Unito da genitori calabresi. A 8 anni è tornato in Italia. Viveva da uno zio in Liguria perché soffriva di asma bronchiale cronica. “Ero impedito, non potevo neanche giocare a calcio”. Tra i libri preferiti, “Le mie montagne” di Walter Bonatti. A 18 anni, terminati gli studi in agraria, è rientrato in Inghilterra. È il 1976 e per mantenersi comincia dai lavori più umili. Ben presto diventa padre di una bambina che dall’età di 10 anni crescerà da solo. Riesce a mettersi in proprio con un negozio di piante e fiori, ma la perdita prematura del padre rimette tutto in discussione. In quegli anni sono  cominciati i grandi viaggi, come l’attraversamento in solitaria del deserto del Mali. Tutto infilato in una agenda dei ricordi: la prima vetta scalata fu il Kilimanjaro in Tanzania nel febbraio 1997. Tre anni dopo era il marzo 2000 è salito sull’Aconcagua, nelle Ande argentine. Passa l’estate e a settembre dello stesso anno conquista anche l’Elbrusm nel Caucaso. Ancora una spedizione nel 2001. Esattamente nove mesi dopo eccolo sul McKinley, in Alaska. L’avvicinamento all’Everest dura cinque anni, fino alla spedizione storica del maggio 2006. Arriviamo sotto Natale e mentre in famiglia festeggiano sotto l’albero lui festeggia sul Carstenz Pyramid in Australasia. Ma è solo l’anno dopo arrivano in cima al Vinson Massif, in Antartide, che completa la sua collezione delle “mission impossible”, le Seven Summits del pianeta.

Umile e diretto Lorenzo Gariano è un uomo dal grande cuore: ““So di essere un viaggiatore che è andato oltre le proprie capacità. Per questo oggi mi sento di ricambiare verso quelle terre che me lo hanno permesso”. Oggi Gariano si occupa di escursionismo con altri amici, ma soprattutto di aiutare il popolo nepalese piegato dal terribile terremoto dell’anno scorso. Raccogliendo fondi è riuscito a sollevare il villaggio di Thame, un centro sperduto del Paese asiatico e a Kakani, un piccolo borgo rurale a 25 chilometri da Kathmandu con una scuola dove i bambini potranno imparare mestieri per vivere dignitosamente nelle loro terre”.