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Piccoli risparmiatori che affidano il loro denaro ad una società ma poi fallisce. Che fare?

12 aprile 2016 | 09:10
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Piccoli risparmiatori che affidano il loro denaro ad una società ma poi fallisce. Che fare?

Buongiorno avvocato,

io e mia moglie,  siamo quasi all’età della pensione e siamo senza figli.

Per vivere serenamente gli anni della pensione, avevamo pensato di investire metà del nostro patrimonio .

Ci siamo, quindi, recati presso la nostra banca e siamo stati consigliati dal nostro direttore di fiducia a investire in una rinomata società, apparentemente solida.

Il direttore, nella circostanza. ha precisato che la società in questione era solidissima e che nel giro di massimo quattro anni avremmo raddoppiato il capitale investito.

Due mesi dopo é, purtroppo, accaduto una cosa che ha poi avuto grande riscontro sui giornali di tutta Italia e noi, come altri piccoli risparmiatori ci siamo trovati senza un soldo di quanto investito, in quanto la società é fallita.

Ci siamo trovati nella situazione di tanti con altre banche.

La società in questione ha poi, tra l’altro, un patrimonio non aggredibile da noi piccoli risparmiatori, in quanto esistono altri creditori privilegiati e, oltre a ciò, parte del patrimonio della stessa era destinato a specifici affari, quindi inattaccabile.

Ho saputo solo ora che il direttore della mia banca era già, da tempo, a conoscenza della grave situazione in cui versava la società ma non solo non ci ha dissuaso dall’investire ma ce l’ha consigliato.

Cosa possiamo fare io e mia moglie?

Abbiamo perso i nostri soldi?

Grazie.

Egregio signore,

mi duole rilevare che la  situazione in cui vi trovate oggi sia analoga a quella di tanti altri investitori cui giornali e telegiornali hanno dato ampia visibilità recentemente.

Dalle informazioni che mi fornisce deduco, mio malgrado, una sostanziale inutilità nell’insinuazione al passivo della società fallita.

Occorre, quindi, che in questa sede Le esponga i rimedi alternativi che la legge pone a Sua disposizione, sia contro la sua banca sia contro la Consob, al fine di recuperare almeno parte del capitale investito.

In via preliminare ritengo che la normativa di riferimento cui far ricorso sia da individuare nei seguenti articoli del cod. civile e più precisamente:  nell’art.1337 c.c., che impone alle parti di comportarsi in buona fede nella fase delle trattative precontrattuali, nell’art.1418 c.c., che dichiara nullo il contratto contrario a norme imperative o, quantomeno, negli artt. 1427 e ss. c.c. che dispongono in merito all’annullabilità del contratto relativamente alla responsabilità della Banca e, per quanto concerne altro tipo di responsabilità sia della Banca che della Consob, nella legislazione speciale dettata a tutela della trasparenza e correttezza di un settore delicato come quello dell’intermediazione finanziaria, segnatamente il T.U.F. (Testo Unico Finanziario, ovvero il D.Lgs. 58/98) ed il Regolamento Consob n. 11522/1998, oltre a successive modifiche, i cui principi sono da leggersi in combinato disposto con l’art. 1418 c.c. che assegna ad essi carattere immediatamente precettivo.

Essendo Lei e Sua moglie piccoli risparmiatori, ritengo che possano essere, altresì, applicate le garanzie dettate a tutela del consumatore ex artt. 1469 bis e ss. c.c., in materia di clausole vessatorie nei contratti.

Venendo al caso concreto, considererò in primo luogo la questione relativa alla responsabilità della Banca.

Oltre a quanto accennato a proposito della disciplina codicistica, avuto riguardo alla legislazione speciale, il comportamento della sua Banca va valutato rispetto alla conformità degli artt.li 21 e 23 D.Lgs. 58/98  ed artt.li 26-30 Reg. Consob 11522/98 e successive modifiche.

Gli articoli 21 e 23 del T.U.F. dettano i principi che poi verranno specificati nel Regolamento di Attuazione, ovvero impongono agli intermediari finanziari di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, di evitare o, comunque, segnalare e far autorizzare dal cliente operazioni in conflitto di interesse, di informare compiutamente il cliente prima dell’investimento, di dare forma scritta ai contratti di investimento che devono essere il più possibile dettagliati.

Il Reg. Consob ripete tali principi.

All’art. 26 si prevede, infatti, che  l’intermediario deve conformare il suo comportamento, al fine di ottenere il miglior risultato possibile per il cliente in relazione al rischio.

All’art. 27 dispone che nel caso di conflitto di interessi, l’intermediario non può procedere se non dietro autorizzazione scritta da parte del cliente.

All’art.28 impone che l’intermediario, prima dell’operazione di investimento, chieda al cliente informazioni sulla sua esperienza e situazione finanziaria, nonché sulla propensione al rischio e sugli obiettivi di investimento di questo, per poi consegnare al potenziale investitore un documento, che lo stesso dovrà sottoscrivere, sulla natura, i rischi, e le implicazioni dell’operazione.

All’art.29 impone agli intermediari finanziari di segnalare al cliente, in ossequio alla c.d. suitability rule, le operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione, nonché di astenersi dal porre in essere le stesse, e, nel caso in cui il cliente persista nel proposito di investire nonostante sia stato avvertito dell’inopportunità dell’esecuzione, di farsi rilasciare un ordine per iscritto.

In ultimo l’art.30 stabilisce che i contratti conclusi debbano avere contenuto molto particolareggiato e completo di tutte le caratteristiche dei titoli in oggetto.

Tutte le norme sopra elencate hanno carattere imperativo, essendo poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo, anche a livello costituzionale, e costituiscono il contenuto specifico dei comportamenti esigibili e degli obblighi inderogabili da parte di chi offre servizi di investimento, ovvero operatori professionali abilitati e privilegiati, a cui si impone un’alta competenza specifica e, soprattutto, diligenza, correttezza e trasparenza superiore rispetto a quella cui è tenuto il buon padre di famiglia nei rapporti contrattuali.

Ora, nel suo caso specifico, non pare vi sia dubbio che Lei e Sua moglie, investendo metà dei vostri risparmi, e la sua Banca sollecitando, in persona del suo direttore, tale investimento e permettendone la realizzazione, abbiate posto in essere un rapporto contrattuale.

La natura di tale accordo viene qualificato da alcuni come una compravendita (solitamente qualora le obbligazioni siano già presenti, al tempo dell’investimento, nel portafoglio titoli della Banca), mentre da altri é ricondotto sotto il nomen iuris del mandato (nel caso, per esempio, in cui la proprietà dei titoli fosse stata acquistata per opera del mandante-cliente, in nome e per conto del mandatario- la Banca ).

Ciò posto, la Banca versa in una situazione di responsabilità contrattuale ove, con il suo comportamento, violi anche una soltanto delle prescrizioni di legge di cui si é parlato precedentemente.

Analizzando il caso concreto, posso rilevare che la colpa grave (se non il dolo) della banca, e più precisamente nella persona del direttore, consiste in questi elementi di seguito elencati:

1) mancato rispetto dei canoni di diligenza, correttezza e trasparenza, estrinsecatisi anche dall’omissione di assumere informazioni dettagliate da Lei e da sua moglie (Vostra esperienza in fatto di investimenti), secondo le disposizioni di cui all’art. 28 Reg. Consob, omettendo di informarVi, in qualità di piccoli risparmiatori, del rischio cui vi esponevate volendo investire una così cospicua parte del vostro patrimonio, delle caratteristiche dei titoli in oggetto e delle condizioni rovinose in cui, senz’altro, già si trovava l’emittente società “consigliate” e che, a soli due mesi dal fallimento del titolo, la Banca non poteva non conoscere o comunque avrebbe dovuto conoscere;

2) mancata sottoposizione alla Vostra attenzione del  prospetto contenente l’informativa sul rischio che avreste dovuto leggere e sottoscrivere prima di procedere all’investimento;

3) violazione da parte della Banca della c.d. “suitability rule”(lealtà) per non averVi dissuaso dal porre in essere un tale tipo di investimento, chiaramente inadeguato nel senso di cui all’art. 29 Reg. Consob e per non essersi astenuta dall’effettuare tale investimento ai sensi dello stesso articolo;

4) mancato inserimento nel contratto di alcuna informazione sulla società emittente ai sensi dell’art. 30 Reg. Consob;

5) cosa ancora più grave, non averVi, nei due mesi successivi all’investimento, avvertito delle variazioni in perdita del titolo, né della possibilità di vendere il titolo per trasferire il capitale rimasto in un mercato più sicuro (ad esempio quello immobiliare), né comunque aver prospettato  alcun rimedio per evitare la perdita dell’intero capitale, finalità, tra l’altro, che è imposta agli istituti di credito in quanto soggetti privilegiati sul mercato finanziario, i quali, se non devono necessariamente produrre un guadagno per il Cliente, devono comunque curare che lo stesso non subisca perdite rovinose, soprattutto se piccolo risparmiatore. Ciò anche considerato che, in un caso come il presente, il direttore al tempo dell’investimento, già sapeva fino a che punto la situazione finanziaria della società in cui vi consigliava di investire, fosse compromessa.

Ora, tale ultimo inciso connota la responsabilità del direttore della Banca, anche di un profilo penale.

Il dolo de quo non solo emerge dall’omertà del direttore, in merito al disastro che stava per abbattersi su di Voi come su tutti gli altri piccoli risparmiatori, che, si ricorda, era già ampiamente previsto al tempo dell’investimento, ma si esprime anche nel raggiro posto in essere ai Vostri danni, dato che siete stati persuasi ad investire, nella falsa speranza di raddoppiare in breve tempo il capitale quando già era nota la prossimità del default.

Anzi, con tutta probabilità, proprio perché tale circostanza era nota, é di tutta evidenza che fosse proprio la Banca ad avere interesse a “disfarsi” di un titolo che sapeva non avrebbe reso più nulla, se non crescenti passività, con tutta la fretta, conseguente, di trasferirne il rischio su  ignari piccoli risparmiatori come Voi, di certo non speculatori finanziari e, dunque, non in grado di comprendere che cosa celasse in realtà l’operazione che andava ad intraprendere.

Insomma, non solo il direttore ha violato il rapporto di fiducia che si crea tra la Banca ed il Cliente, ma pare aver posto in essere una vera e propria truffa ai sensi dell’art. 640 c.p..

Non va sottaciuto poi che pare evidente il sussistere di un conflitto di interessi tra Banca e cliente, sussistente in operazione di tale tipo.

In altri termini, si tratta della contrapposizione tra l’interesse del Cliente ad ottenere il massimo guadagno con il minor rischio e quello della Banca a trasferire il rischio di mercato, particolarmente evidente come in questo caso in una società già, per così dire, “decotta”, sui piccoli risparmiatori.

Il tutto chiedendo, addirittura, la corresponsione di una commissione per ciascun ordine di titoli, già così pregiudizievole per i consumatori ed a loro insaputa.

Passando, ora, a considerare la responsabilità della Consob, in primis evidenzio che l’attività della stessa ha come obiettivi la tutela degli investitori e l’efficienza, la trasparenza e lo sviluppo del mercato mobiliare.

La stessa ha, pertanto, il potere-dovere di accertare le evidenti falsità dei dati comunicati dai promotori delle operazioni di collocamento dei titoli sul mercato e di assumere iniziative di ripristino della verità della comunicazioni e di impedimento al decorso ulteriore dell’operazione stessa.

La disciplina di riferimento è offerta dalla parte IV del citato T.U, titolo secondo, artt.li 91-101 che così prevedono: nell’esaminare il prospetto informativo che l’emittente obbligatoriamente deve predisporre, accingendosi ad emettere obbligazioni destinate non solo al mercato primario, ma anche a quello secondario, in cui i piccoli risparmiatori costituiscono i soggetti più deboli, la Consob ha il potere-dovere di utilizzare i propri poteri ispettivi e repressivi, da un lato disponendo esibizioni ed integrazioni documentali, ispezioni ed inchieste, al fine di accertare l’esattezza e la completezza dei dati e delle notizie comunicati o pubblicati, nonché dall’altro lato, nei casi estremi, vietando in limine l’operazione o intervenendo nel suo corso, per l’inosservanza delle prescrizioni poste a garanzia della genuinità dei richiesti standard informativi.

Al contempo, l’attività di vigilanza della Consob concerne anche la valutazione del comportamento degli intermediari finanziari, quali le Banche, nel rispetto della ripartizione di competenze con la Banca d’Italia: a norma dell’art. 98 del Regolamento di attuazione già citato, per ogni violazione delle norme del T.U. e relativi regolamenti di attuazione, la Consob può e deve irrogare, in base alla gravità della violazione e tenuto conto della eventuale recidiva, una o più delle sanzioni di cui all’art. 196 dello stesso Regolamento, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi 30 gg. o dagli stessi formulate a voce ove abbiano chiesto di essere sentiti, e opererà il meccanismo della responsabilità solidale in capo alle società che si siano avvalse dei responsabili di tali violazioni.

Qualora, in presenza dei presupposti per intervenire nel senso sopra indicato, la Consob ometta la doverosa vigilanza, non esercitando i dovuti poteri ispettivi e impeditivi nei confronti della società emittente titoli e/o tralasciando di applicare o, comunque, sollecitare agli organi competenti l’applicazione nei confronti degli intermediari trasgressori del T.U., la stessa incorrerà in responsabilità extracontrattuale per omissione colposa, in forza del riconosciuto diritto soggettivo, in capo ai sottoscrittori di titoli ed ai risparmiatori in genere, sia alla veridicità delle informazioni contenute nel prospetto dell’emittente, sia alla regolarità, trasparenza e correttezza degli intermediari finanziari abilitati.

Qualora tale responsabilità assumesse rilevanza penale, potrebbe forse ipotizzarsi a carico della Consob una imputazione per omissione in atti d’ufficio ex art.328 c.p.

Considerata la fonte e la natura della responsabilità dei soggetti coinvolti nella vicenda, Vi consiglierei, per le proporzioni che potrebbe assumere la vicenda giudiziaria in termini di tempo, energie e spese, di tralasciare l’aspetto penale o, al massimo, presentare un esposto contro il direttore della Banca per truffa, nonché contro la Consob per omissione in atti d’ufficio, magari anche aderendo alle azioni collettive promosse solitamente in casi analoghi dalle associazioni dei consumatori.

Ritengo, invece, più utile concentrare i Vostri sforzi agendo per via civile, citando il direttore per responsabilità contrattuale e la Consob per responsabilità extracontrattuale, motivando in fatto ed in diritto secondo quanto descritto sopra.

Le richieste, da formulare contro questi due convenuti saranno sicuramente diverse.

Da una lato, si dovrà richiedere l’accertamento della nullità del contratto di intermediazione finanziaria, o, in subordine, qualora le irregolarità commesse dalla Banca non abbiano determinato nel contratto un difetto nella genesi, ma “solo” funzionale, la pronuncia di risoluzione dello stesso, e, per gli effetti, la condanna del direttore alla restituzione dei titoli (sperando in una eventuale ristrutturazione della società fallita), al rimborso del capitale investito, e della commissione corrisposta per il servizio di investimento, nonché la condanna del direttore al pagamento del danno patrimoniale sofferto, tanto nella forma di danno morale, inteso come sofferenza psichica transeunte, quanto nella forma del danno esistenziale, poiché è ovvio che il piccolo risparmiatore che perde metà del suo patrimonio subisce una compressione delle attività esercitabili e normalmente prima esercitate, nonché un generale peggioramento delle condizioni di vita oltre che di salute.

Quanto invece alla Consob, potrete agire contro la stessa per sentirla condannare, in persona del legale rappresentante, al risarcimento in Vostro favore di una somma, valutabile anche in via equitativa, che corrisponda al danno subito per non aver la Consob correttamente vigilato ed aver omesso di porre in essere le dovute attività ispettive e repressive nei confronti dell’emittente società poi fallita.

Per  quanto concerne, invece, la responsabilità extracontrattuale della Consob, scaturente dall’inerzia di questa rispetto alla anomalia di collocamento dei titoli da parte della Banca, la stessa potrà essere ben citata come seconda convenuta nell’atto di citazione contro l’istituto di credito, per essere sentita condannare al risarcimento in solido.

Cordiali saluti.

Fonte Luca

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