La zingarata. La caccia al barbone comincia sul web

28 aprile 2016 | 18:29
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La zingarata.  La caccia al barbone comincia sul web

Sui social i commenti di chi avrebbe voluto, testualmente, dare “Fuoco! Ci vuole fuoco, bruciare tutto come appunto fanno da altre parti!! “ oppure “10 giorni per far far fagotto? Che schifo! A calci nel culo! “ e ancora “davanti alle scuole elementari…..al rogo!!! “

Una decina di poliziotti e altrettanti agenti della polizia municipale, un discreto gruppetto di fotografi e la curiosità dei cittadini al passaggio della nutrita squadra di intervento sono gli elementi che hanno contraddistinto l’operazione antiaccattonaggio di mercoledi mattina a Sanremo, a conclusione di un lavoro durato diversi mesi.

L’intervento arriva, come ormai quasi di consuetudine, dopo le segnalazioni massicce sui social network, in particolare Facebook, che sembrano ormai essere determinanti per attivare gli “organi preposti”, che si tratti di una buca nella strada, di una lunga attesa al pronto soccorso o, appunto, di presenze sgradite in città.

L’accattonaggio non è un reato e non è sicuramente uno dei problemi più gravi di Sanremo ma è molto sentito perchè per sua natura avviene proprio in mezzo alla gente. In più la carità è fastidiosa perchè turba la nostra coscienza e ci propone quella parte di società che preferiremmo non conoscere.

Il reato di accattonaggio è stato abolito nel 1995 dalla Corte Costituzionale. La richiesta di elemosina è consentita purchè sia “una legittima richiesta di umana solidarietà che non intacca l’ordine pubblico o la pubblica tranquillità”. Questo ovviamente quando non vengono sfruttati minori o si configuri il maltrattamento di animali. Chi ha ricevuto il decreto di espulsione, quindi, ha altri problemi: è in Italia da più di tre mesi, non ha richiesto l’iscrizione all’anagrafe, non dispone di alcuna risorsa economica,non ha assicurazione sanitaria, non dispone di un alloggio etc. etc… Queste sono le uniche armi in mano alle forze dell’ordine per intervenire, e richiedono appunto mesi di lavoro.

L’operazione dei giorni scorsi però lascia aperti alcuni interrogativi.

Alcuni agenti indossavano mascherine sulla bocca: se il timore era quello di qualche malattia trasmissibile allora nella task force mancava un medico in grado di individuare il problema e predisporre una assistenza adeguata. Anni fa aveva fatto scalpore la presenza di un clochard che girava dai supermercati in zona foce, portatore di patologie infettive gravi, ricoverato e più volte allontanatosi dal reparto malattie infettive.

Nel nostro caso invece nessun controllo specifico e quindi porteremo con noi il dubbio sui rischi effettivamente corsi per via della presenza di quelle persone negli stessi posti frequentati dai nostri bambini. In definitiva ha prevalso la necessità di allontanare quelle presenze non gradite, sottraendole anche agli obbiettivi dei cellulari del popolo del web ormai scatenato nella caccia al barbone.

Già, il web… E proprio sul web, paradossalmente, sono apparsi commenti poco lusinghieri sull’operato della polizia, accompagnati dalle foto degli stessi accattoni di nuovo in giro per la città pochi minuti dopo il blitz: commenti di chi avrebbe voluto, testualmente, dare “Fuoco! Ci vuole fuoco, bruciare tutto come appunto fanno da altre parti!! “ oppure “10 giorni per far far fagotto? Che schifo! A calci nel culo! “ e ancora “davanti alle scuole elementari…..al rogo!!!” e via dicendo…

Vagli a spiegare che quel che si può fare, solo ai soggetti con eventuali precedenti di polizia o non in regola con i documenti, è un decreto di espulsione che prevede un minimo di giorni per l’allontanamento dal paese. Del resto, quelli che vivono sui camper hanno esibito con regolarità assicurazioni, collaudi dei mezzi,e anche il certificato veterinario dei cani che li accompagnano durante l’accattonaggio per evitare che gli vengano sottratti.

L’ondata purificatrice ha colpito tutti indistintamente, gli accattoni “professionisti” genericamente individuati come “zingari” e altri la cui vista può essere fastidiosa ma la cui presenza non sembrava costituire un pericolo per i cittadini.

Proprio con una coppia di loro abbiamo fatto una breve chiacchierata: entrambi romeni, sposati, cattolici, a loro dire con due figli in Romania. Abbiamo chiesto come vivono e quanto ricevono dalla carità della gente. Un piccolo spaccato di vita lontano dalla nostra realtà, e del quale ci dimenticheremo in fretta rientrando a casa per cena.

Quel che raccontano nell’intervista che trovate nel video allegato non è verificabile, ma a sensazione, dagli sguardi e dalla realtà della menomazione fisica, non riusciamo ancora a vederli come il problema più grave della nostra città: sicuramente lui non può entrare in casa nostra dal terrazzo e lei non può adescare i nostri anziani a san Martino.

Forse l’approccio giusto sarebbe quello di guardarli senza simpatia, magari, ma anche senza odio. Insomma, ben altri roghi dovremmo fare, ma sul web è un discorso difficile da far passare.