La comunità Riviera Flowers dell’Ancora a Ventimiglia, 20 anni di aiuto, amicizia e solidarietà

16 aprile 2016 | 10:01
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La comunità Riviera Flowers dell’Ancora a Ventimiglia, 20 anni di aiuto, amicizia e solidarietà

Una casa che ospita storie intense e dolorose, storie di ricerca e – del ben più difficile – perdono di se stessi. Una famiglia che sorride, sostiene, cura, insegna e da gli strumenti per rimettersi in piedi e riscoprire le potenzialità del proprio futuro. Un luogo di pace e travaglio, di responsabilità, di lavoro, di studio, di riflessione, di solidarietà e di amicizia. È questa la comunità terapeutica Riviera Flowers, una delle sedi operative del Centro di Solidarietà l’Ancora, struttura che ha alle spalle una storia ormai ventennale sul nostro territorio.

Ieri mattina erano in molti a tirare le fila dei molti anni dedicati alla costruzione di questa realtà: il Direttore Tullio Tinti e quello che per primo ne ha ricoperto il ruolo, Dino Durando, gli Enti pubblici proprietari dell’immobile che ospita la comunità stessa – il Comune di Ventimiglia rappresentato dagli Assessori Vera Nesci e Franco Faraldi e dal direttore sociale Isabella Berrino, il Comune di Sanremo rappresentato dal Sindaco Alberto Biancheri, la Provincia di Imperia rappresentata dal consigliere Vincenzo Genduso – , il Vescovo S.E. Monsignor Suetta, il Direttore sociale del distretto sociosanitario 1 Ventimigliese Giovanni Sciolè come rappresentante del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’ASL 1 Imperiese, il fondatore del Centro Solidarietà Ancora don Angelo Di Lorenzo, i suoi primi collaboratori, i volontari “storici” del Centro stesso tra cui il preside Giuseppe Monticone e quelli attuali, i soci della Cooperativa, i membri dell’Associazione Famiglie Ponente Ligure, e alcuni colleghi del Privato Sociale locale.

Il Presidente del Centro Ancora Marco Boeri ha riunito tutti per raccontare la nascita di questa avventura, con l’impegno di proiettarla nel futuro per far fronte alle attuali esigenze di cura e riabilitazione delle persone con problemi di dipendenza, nella consapevolezza che solo una positiva sinergia fra istituzioni, organizzazioni del privato sociale, risorse del territorio, utenti e famiglie sia possibile costruire progetti di intervento duraturi.

Durante questo incontro le ore sono scivolate veloci e grevi ascoltando emozionati gli aneddoti dei personaggi che hanno permesso la realizzazione e la crescita di questa pionieristica struttura. Racconti commossi che con empatico trasporto hanno riportato i presenti negli anni ’80, quando, con sgomento, forse con impreparazione per la novità del tema ma con forte volontà di aiutare le persone in difficoltà, si doveva affrontare rapidamente un problema che stava investendo l’intera società: con somma difficoltà si è dovuta costruire la comunità da zero, a partire dal semplice allaccio dei servizi minimi per rendere la struttura abitabile sino alla ricerca di copertura economica che ne permettesse il sostentamento.

Sono più di mille i ragazzi che in 20 anni sono passati per questo luogo, una struttura che complessivamente ha aiutato però migliaia di persone tra ragazzi in difficoltà e le loro famiglie, non meno bisognose di supporto.
La comunità ora ospita dalle 30 alle 40 persone, dai 18 ai 60 anni. Il 51% di chi inizia il percorso supera il primo step e la percentuale di abbandono mano a mano che si va avanti diminuisce, “perciò il fattore tempo conta, più uno sta in comunità e segue un percorso più ci sono possibilità che ce la faccia. Il 38% delle persone che finisce il percorso, a distanza di due anni sta ancora bene” ci racconta positivo il direttore Tullio Tinti, che per l’incontro ha elaborato i dati della sua comunità. Ogni anno vengono effettuati 2700 interventi individuali, tra visite psichiatriche, colloqui con gli educatori e visite specialistiche presso altre strutture. La capacità di affrontare e di controllare la vita può migliorare notevolmente mediante una serie di esercizi ben precisi che creino una routine quotidiana che permetta di acquisire stabilità. In comunità si sono studiati dei momenti precisi che cadenzano la giornata, dalla colazione al momento della rasatura della barba, dal turno di lavoro che a seconda del giorno può essere nell’orto o nella gestione della pulizia della casa, ai laboratori di yoga, di filosofia, di attività svariate che portano l’attenzione dell’ospite nell’ambiente e nel tempo presente, sganciandolo dalle esperienze passate di dipendenza, migliorando la facoltà di controllare ed ordinare l’ambiente e portandolo a rapportarsi meglio con le altre persone. Queste attività permettono di acquisire strumenti di comprensione della realtà, aiutano a vedere le potenzialità positive che il futuro prospetta. L’aspetto terapeutico si accompagna a uno più culturale che porta a un investimento su sé stessi e permette di acquisire la capacità di controllare meglio la propria esistenza, cessando di subire la vita e ciò che sta attorno diventando/tornando ad essere capaci di fare scelte sempre più coscienti, libere e responsabili; gli educatori, dando fiducia, aiutano a scoprire e potenziare qualità morali ed intellettive, portando gli ospiti al confronto con gli altri.

“Dopo 30 anni di strada, senza baricentro, ho trovato una casa e una famiglia, delle persone a cui sono profondamente legato e grato – ha raccontato un sorridente ospite della struttura. La cosa migliore che potesse succedermi era quella di riscoprirmi persona e capire di poter vivere e divertirmi senza alcol e sostanze stupefacenti. Ho faticato tanto, anche ad accettare di essere aiutato; facevo quello che mi dicevano di fare anche se non credevo che fosse giusto. Ho cominciato un percorso e stabilito relazioni con delle persone che ho cominciato a percepire come una famiglia. La comunità mi ha ridato la vita, anzi, me l’ha data, perché non pensavo di averne una prima”.

Ieri in quella casa immersa nella natura un gruppo di persone – alcuni colleghi, altri sconosciuti – chi con parole e chi con silenzi di ascolto e di riflessione, si è trovato a vivere un’atmosfera di raccoglimento e commozione: una condivisione che ha portato a pensare che ci sono esperienze che sono squarci di bellezza in una società purtroppo non sempre giusta. L’Ancora, così come altre virtuose realtà del territorio come la Spes e la Caritas fanno pensare che un altro mondo, più umano e amico, sia possibile.