Aborto, quanti sono gli obiettori di coscienza in Liguria? E l’accesso ai servizi quanto è “difficile”?
Rispondiamo a queste domande sulla base dei dati diffusi da Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, nel suo ultimo Rapporto al Parlamento sulla 194
Genova. Il Consiglio d’Europa pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil, ha puntato il dito contro l’Italia. Secondo l’organismo il Paese violerebbe il diritto delle donne alla salute, e nonostante le regole previste dalla legge 194/78, l’accesso ai servizi per l’interruzione di gravidanza (IVG) resta molto “difficile”, tanto da comportare in taluni casi “notevoli rischi”.
In attesa della congrua verifica apertasi a livello europeo, per contro, Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, nel suo ultimo Rapporto al Parlamento sulla 194 (ottobre 2015 – …), presenta una situazione dove “non emergono criticità”.
Ma al riguardo, qual è il quadro generale nella nostra regione? La situazione è davvero così “difficile” come addita il Consiglio d’Europa?
La relazione sopra citata, sulla base dei dati definitivi relativi all’anno 2013 e quelli preliminari per l’anno 2014, attesta che in Liguria il totale di IVG risulta essere pari a 2.908, con un decremento del 6.5% rispetto al dato definitivo del 2013 (3.109).
Il tasso di abortività, calcolato utilizzando le stime della popolazione femminile fornite dall’Istat, invece, risulta essere pari a 9.2 per 1000 donne di età compresa fra i 15 e i 49 anni, con un decremento del 7.1% rispetto al 2013 (9.9 per 1000).
Quanto all’offerta del servizio in termini di numero assoluto di strutture disponibili con reparto di ostetricia e/o ginecologia, dall’analisi emerge che in Regione la copertura è oltremodo soddisfacente. Infatti tutte le 11 strutture di ricovero presenti sul territorio praticano l’IVG. E, insieme alla Valle D’Aosta, si tratta questo di un caso unico in Italia.
Lo stesso vale considerando l’offerta del servizio in termini relativi rispetto alla popolazione femminile fertile e ai punti nascita, dove la distribuzione è la medesima: per ogni 100 000 donne in età fertile (15-499 anni), si contano 3.5 punti nascita e 3.5 punti IVG.
E gli obiettori di coscienza? Quanto questi impediscono l’accesso al servizio IVG?
Dal 2006 al 2013 il numero dei ginecologi obiettori è cresciuto, passando dal 56.3% al 65.4%. Una percentuale comunque esigua se confrontata con quella delle singole regioni d’Italia e con il fatto che, in un’utopica classifica nazionale, la Liguria si trova in 14a posizione (prima assoluta il Molise con 93.3% obiettori). Tutto ciò fa supporre, come si legge anche nel Rapporto, che: “non è il numero di obiettori di per sé a determinare l’accesso all’IVG, ma il modo in cui le strutture sanitarie si organizzano nell’applicazione della legge 194/78“.
E’ stato notato inoltre come all’aumentare degli obiettori di coscienza siano diminuiti i tempi di attesa per accedere ai servizi, e dunque come questi siano migliorati. Tanto è vero che se nel 206 la percentuale di donne che aspettava meno di due settimane, quindi minor tempo, fra rilascio del certificato e intervento era del 51.1%, nel 2013 risulta essere pari al 71.1%. Al tempo stesso, è diminuita la percentuale di donne (dal 14.11% al 7.8%) che aspetta da 22 a 28 giorni, ovvero più a lungo. E’ doveroso aggiungere poi che la Liguria è tra le regioni italiane dove i tempi di attesa per essere sottoposte a una IVG sono fra i più brevi. Prima c’è solo il Molise (88.9%), la Basilicata (86.4%) e l’Emilia Romagna (73.7%).