Selfie-dipendenti, fotografi azzardati e samurai: viaggio tra i protagonisti della Monaco Run 2016
Inqualificabili i soliti no borders: si presentano con dei cartelli, ma rifiutano di farsi fotografare dai giornalisti
Ventimiglia. Non si è fatta mancare nulla, l’edizione 2016 della “Monaco Run”: la corsa di 23,8 chilometri che attraversa tre stati: Italia, Francia e Principato di Monaco.
Prima edizione con i corridori “schedati” per motivi di sicurezza, la gara ha visto la partecipazione di personaggi che meritano di essere ricordati e “premiati”. Per questo abbiamo deciso di proporvi una classifica parallela a quella ufficiale.
1) Il samurai. Il vincitore morale della Monaco Run è lui: il giapponese che invece di attillatissimi indumenti da corsa, si è presentato con vesti nipponiche e una scimitarra in mano. Facendosi beffe della classifica, il simpatico corridore, una volta giunto in frontiera, ha chiesto ai militari presenti di fargli una foto ricordo. Il giovane ha poi continuato la sua corsa impugnando la caratteristica spada (giocattolo) e indossando una sorta di caschetto in testa.
2) Il giapponese fotografo. Sempre dall’estremo Oriente, arriva il secondo classificato per originalità. Il Giappone, si sa, è terra di fotografi: chi non ha mai visto un giapponese fotografare dettagli ritenuti, da noi, insignificanti? I poveri giapponesi sono spesso oggetto di dileggio, da parte dei comici di mezzo mondo, per la loro mania degli scatti seriali. Per una questione di giustizia, però, abbiamo deciso di assegnare il secondo posto del podio al corridore giapponese che si è fatto i 23,8 chilometri con la fotocamera in mano, per immortalare il passaggio circostante. Il dna non mente: non ce l’ha proprio fatta a resistere.
3) Il fotografo impavido. Non partecipava alla corsa, ma merita il terzo posto del podio, quel fotografo senza paura che per trovare lo scatto migliore ce l’ha messa proprio tutta. Rischiando di farsi travolgere (e di far cadere i corridori che se lo sono travato davanti), il fotografo si è più volte sdraiato in mezzo alla strada. Nessuno ha ben capito cosa volesse immortalare, nemmeno le forze dell’ordine che lo guardavano stupite. Ma questo non è importante.
Una segnalazione di merito ai selfie-dipendenti che, con grande spirito di sacrificio, hanno corso chilometri e chilometri con in mano uno smartphone per auto-riprendersi e scattarsi selfie indimenticabili.
Inqualificabili i soliti no borders, che si sono presentati alla manifestazione muniti di cartelli manoscritti recanti gli slogan che ormai tutti conosciamo. Avvicinati dai giornalisti, hanno rifiutato di farsi fotografare e se ne sono rimasti in cerchio a parlare tra di loro. Davvero molto coraggiosi e soprattutto educati.