l'avvocato risponde |
Altre News
/
Zone
/

“Sto per morire e non voglio che mi siano somministrate cure salva-vita”

23 febbraio 2016 | 14:44
Share0
“Sto per morire e non voglio che mi siano somministrate cure salva-vita”

Tenga presente che quanto é stato detto sino ad ora, deve essere visto, puramente, come un approccio a livello giuridico ma non un convincimento personale.

Buongiorno Avvocato,

tempo fa ho perso mia moglie per una grave malattia.

La sua agonia é durata parecchio tempo, dato che era attaccata a macchine che la tenevano in vita.

Un mese fa mi é stato diagnosticato un tumore maligno al fegato e dato che non vorrei, come mia moglie, soffrire a lungo se la malattia avesse decorso negativo, vorrei chiederLe cosa posso fare per evitare tutto questo.

Posso chiedere che non mi vengano somministrate cure salva-vita?

La ringrazio.

Gentile signore,

innanzi tutto mi dispiace per la sua condizione fisica e Le auguro che tutto si risolva nel migliore dei modi.

In ogni caso, volendo darLe una risposta, tengo a precisare che la domanda che mi pone ha per oggetto l’annosa e delicata questione riguardante il diritto di autodeterminazione dei soggetti, rispetto alla propria vita e salute e, più precisamente, i mezzi e modalità utili con cui tale diritto può essere tutelato.

Preliminarmente, occorre dire che nel nostro ordinamento non esiste una vera e propria normativa legislativa applicabile al caso concreto, quindi, tutto ciò che verrà argomentato nel presente parere é frutto di interpretazione giurisprudenziale di altre normative, anche di carattere generale.

Tale interpretazione risulta necessaria se si tiene conto della frammentarietà dei principi in tema di personalità dell’individuo e dei suoi diritti, oltre che di un apparente conflitto di norme che, se da un lato tutelano la salute dell’individuo e il suo diritto alla vita, dall’altro possono ben implicare una illecita intromissione nella sua sfera personale, quando ad esempio lo stesso decida di autodeterminarsi rifiutando di ricevere cure o sostentamento vitale in caso di malattie fortemente invalidanti dal decorso infausto.

Tale diritto di autodeterminazione non é altro che una manifestazione di volontà che, come nel caso di specie ha attinenza alla salute psico-fisica dell’individuo.

Come anticipato, i principi cui si farà ricorso per fornirLe un parere in ordine alla sua manifesta volontà di non essere mantenuto in vita in modo artificiale, in costanza di decorso della grave malattia che ha appena scoperto di avere, sono contenuti nel nostro ordinamento in varie fonti normative.

Andando per ordine, i riferimenti relativi all’individuo vanno rinvenuti negli articoli 13 e 32 della Costituzione.

Sul punto occorre dire che gli articoli in questione tutelano, a ben vedere, due diritti fondamentali dell’individuo e cioé: l’art. 13 Cost. il diritto all’inviolabilità della libertà personale, mentre l’art. 32 comma 1 Cost. il diritto alla salute.

Il comma 2 di quest’ultimo articolo prevede, poi, che nessuno possa essere obbligato a subire un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, ma la stessa non può, comunque, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

In altri termini, non deve travalicarsi il diritto alla personalità dell’individuo.

Nello stesso senso é improntata la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale ( L. 833/78) che all’art 1. così recita..”…La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana… “.

A mio avviso, trattandosi di due diritti costituzionalmente garantiti, si potrebbe verificare, come nel suo caso, un apparente conflitto tra norme.

In altri termini, il problema che si pone ha attinenza all’apparente valutazione di preminenza di un diritto rispetto all’altro, quando gli stessi riguardano la stessa persona e cioé, il suo diritto alla vita e e alla personalità.

La problematica non si rinviene solamente nella Costituzione ma, altresì, nel codice civile e, più precisamente nell’art.5 del c.c., il quale vieta atti di disposizione del proprio corpo ove questi cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica.

Non vi é chi non veda che la scelta di lasciarsi morire (eutanasia passiva), in caso di situazione di malattia, porti inesorabilmente all’applicazione di tale normativa contraria alla volontà dell’individuo, proprio perché si creerebbe diversamente una diminuzione permanente nell’integrità fisica, nella sua accezione più estrema e cioé la morte.

La questione, quindi, verte su considerazioni attinenti alla prevalenza dell’uno o dell’altro diritto.

Cioé personalità o vita.

In merito a situazioni analoghe alla sua, la Giurisprudenza ha avuto modo di fare alcune considerazioni importanti (in tal senso Cass. n. 23676/08).

La S.C. riconosce al paziente un vero e proprio diritto a non curarsi, anche se tale condotta lo espone al rischio stesso della perdita della vita, in nome del diritto ad autodeterminarsi.

E’ evidente il richiamo all’art 32 comma 2 della Costituzione.

Ciò perché il conflitto tra due diritti della personalità e della vita, entrambi (come detto) tutelati dalla Costituzione, non può comportare automaticamente il prevalere del secondo sul primo.

Come visto la S.C. dà importanza alla volontà espressa dall’individuo, rispetto al trattamento sanitario salva-vita.

Calando queste considerazioni nel caso concreto, é fuor di dubbio che Lei abbia diritto di manifestare una volontà contraria ad un trattamento salva-vita.

Problematiche di altra natura si pongono, però, in ordine alla tempistica con cui tale volontà viene concretamente manifestata.

In altri termini, per poter negare il proprio consenso all’uso di strumenti salva-vita, occorre che tale volontà sia manifestata in modo pieno e consapevole nel momento idoneo.

Tale circostanza si verifica, solamente, quando il paziente é conscio ed é stato avvisato delle conseguenze del proprio comportamento, affinché lo stesso possa valutarlo in modo pieno e, quindi, attuale rispetto alla malattia.

Questo stato di cose potrebbe costituire un problema, rispetto al fatto che Lei manifesta ora ed anticipatamente la volontà di non usufruire di trattamenti salva-vita.

Ciò, in virtù della mancanza di una manifestazione attuale e cosciente di tale volontà, rispetto al pericolo di perdita della vita, in oggi non ancora manifestatosi.

La soluzione alla problematica che la riguarda é stata affrontata, anche in questo caso, dalla S.C. (in tal senso Cass. n. 21748/07), la quale ha chiarito che, nell’eventualità che il soggetto sia impossibilitato a manifestare la propria volontà, in modo attuale e consapevole, il giudice può autorizzare la disattivazione del presidio salva-vita, solo in presenza di due condizioni che possono esser indicate in: una situazione irreversibile dello stato di incoscienza del soggetto ed elementi di prova chiari, univoci e convincenti, tratti dalle precedenti dichiarazioni del malato riguardo al suo intendimento, ovvero dalla sua personalità, traspaia, in modo evidente, la sua concezione di dignità della persona.

In assenza di tali elementi, il giudice deve negare l’autorizzazione all’interruzione del presidio salva-vita, con conseguente prevalenza del diritto alla vita.

Tenuto conto di questo orientamento, Lei potrà vedere accolta la sua volontà in tema di fine-vita, solo in presenza di questi due elementi.

In ogni caso ben potrà provvedere a redigere le sue volontà per iscritto, nella forma di un vero e proprio “testamento biologico”, anche se lo stesso in oggi non é previsto formalmente dall’ordinamento, ma é frutto di interpretazione giurisprudenziale.

Ciò, almeno, fino alla definitiva ratifica della convenzione di Oviedo del 1997 che, espressamente, lo prevede.

Tale scritto potrà essere considerato, a pieno titolo, una manifestazione di volontà atta a fornire al giudice elementi certi, circa le convinzioni dell’individuo, al fine di vedere rispettata la volontà di autodeterminazione dell’individuo.

Le considerazioni sin qui svolte non sarebbero, comunque, complete ove non Le suggerissi di nominare, comunque, un soggetto terzo che, in sua vece, come se si fosse in presenza di un apposito mandato, decida per Lei, ove non sia più in grado di esprimere la sua volontà in modo attuale e consapevole.

In altri termini, avuto riguardo al fatto che il nostro ordinamento tutela la vita, in modo preminente, sino a che non venga manifestata una volontà attuale e consapevole del paziente di altro avviso, appare necessario “mantenere” l’attualità della manifestazione di tale volontà, attraverso il conferimento ad un terzo di una procura ad hoc.

In tal modo, si potrebbe evitare che un giudice disattenda la sua volontà nel momento in cui Lei si troverà in uno stato di incapacità, relativamente al distacco dell’apparecchiatura salva-vita, lasciando ad altri, appositamente nominati, la possibilità di decidere per Lei.

Ovviamente non si tratterà di una scelta illimitata da parte del terzo, ma si dovrà, comunque, tener conto del reale stato di salute suo, anche in relazione all’irreversibilità della malattia.

Tenga presente che quanto é stato detto sino ad ora, deve essere visto, puramente, come un approccio a livello giuridico ma non un convincimento personale.

Cordiali saluti.

Fonte Luca

Per contatti inviare mail a : luca-fonte@libero.it