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Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”

17 febbraio 2016 | 08:50
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Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”
Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”
Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”
Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”
Naufragio Norman Atlantic, “Io sopravvissuto all’inferno chiedo giustizia”

Il drammatico racconto di Osman Omer Delice, artigiano turco che abita a Imperia salvato dall’elicottero della Marina

Imperia. “Io sopravvissuto all’inferno di fiamme e al mare in tempesta ho potuto riabbracciare la mia famiglia, ma ho perso tutto: soldi, auto, vestiti e documenti”.C’è un miracolato “imperiese” nel naufragio del traghetto “Norman Atlantic” avvenuto tra la Grecia e Ancona il 28 dicembre 2014. E’ un artigiano di nazionalità turca Osman Omer Delice, 55 anni, residente in via Clavi.

Un dramma che ancora oggi ha la fortuna di poter raccontare. Allo stesso tempo chiede giustizia perché ha rischiato di morire come altre 11 persone in quella tragedia del mare che aveva visto morire anche dei passeggeri italiani. Ad oltre un anno di distanza ci sono ancora 18 dispersi, forse morti carbonizzati ed ancora imprigionati nel relitto della nave oppure finiti in mare con temperature glaciali quando era in tempesta. “Io fui salvato da un elicottero. La mia salvezza arrivò dal cielo – racconta Osman Delice – Avevo paura di morire. La gente urlava, non sapeva che osa fare quando scoppiò l’incendio. Ci fu il panico tra i 500 passeggeri del traghetto e in 11 morirono. Le fiamme lambivano a tratti anche il ponte su cui ci trovavamo, mentre nella pancia del traghetto avvertivamo ogni tanto delle esplosioni. La nave, intanto, si inclinava sempre di più. La maggior parte delle persone, infatti, per sfuggire al freddo erano rintanate in quei pochi ambienti rimasti agibili. Ma era tutto pieno di fumo e rischiavano un’intossicazione”.

Davanti ad un brigadiere dei carabinieri del comando compagnia di Imperia ha raccontato tutto: “Mi trovavo a bordo della nave quando trascorse poche ore di navigazione era scoppiato un incendio a seguito del quale la mia auto era andata completamente distrutta così come tutto il bagaglio e i documenti. La nave è stata trainata a Brindisi. Ho perso il passaporto, la carta di soggiorno rilasciata dalla Questura di Imperia, quindi alcune cambiali per un totale di 71.500 lire turche che erano state intestata a me dal signor Kenan per l’acquisto di un appartamento in Turchia ed altre cambiali per un totale di 10 mila lire turche intestate a me dal signor Kaban. Ho perso anche quattro telefoni cellulari, tre valigie piene di indumenti, gli atti di proprietà dell’eredità di mio padre, un paio di occhiali da vista per guidare, un navigatore satellitare, un computer portatile, una macchina fotografica ed altri oggetti”.

I ricordi sono ancora ben nitidi nella mente dei sopravvissuti e anche dell’artigiano turco-imperiese. “In modo differente, camionisti, turisti e passeggeri si sono trovati a vivere una situazione drammatica”, racconta l’artigiano turco di Imperia. Era l’alba quando venne diramata la notizia di un grave incendio scoppiato a bordo del traghetto di bandiera italiana Norman Atlantic, con circa 500 persone a bordo, mentre navigava da Igoumenitsa (Grecia) ad Ancona. La nave si trovava nel Canale d’Otranto, a circa 30 miglia dalla costa italiana. Le condizioni meteorologiche nella zona erano estreme, mare in burrasca, con onde di 6 metri e venti fino a 40 nodi (75 km/h). Eravamo nel buio più totale, in piena burrasca, in balia di onde alte 6 metri. “Ho avuto paura, tanta paura. Ma mi sono fatto coraggio perché volevo riabbracciare i miei familiari che mi aspettavano a casa. C’era una pioggia fitta e insistente e il vento soffiava forte. Era difficile persino stare in piedi. Ricordo il fumo denso che bruciava gli occhi e le gola. Il ponte era inclinato e lì c’erano già tante persone, bagnate, infreddolite, stremate, disidratate, terrorizzate. Si accalcavano una addosso all’altra per vincere il freddo intenso di una notte invernale di fine anno in mare aperto”.

La macchina dei soccorsi era scattata immediatamente. Due navi della Marina e la componente aeronavale erano partite in soccorso dei passeggeri. E Osman Omer Delice venne salvato da un angelo arrivato dal cielo come lui stesso racconta: “Era un elicottero della Marina che mi aveva issato a bordo. E’ un miracolo se sono ancora vivo”. Le scialuppe di salvataggio, infatti, erano inutilizzabili; impossibile calare le scalette, il traghetto era troppo inclinato, le lamiere laterali erano incandescenti e i mezzi di soccorso non riuscivano ad avvicinarsi a causa del forte vento e del mare molto mosso. L’evacuazione aerea era l’unica soluzione.

Sul relitto è tutt’ora in corso un incidente probatorio chiesto dalla Procura per accertare le cause dell’incendio, la gestione delle fasi di salvataggio, ma soprattutto la funzionalità di tutti gli impianti a bordo e soprattutto si vuole verificare se le dotazioni di sicurezza fossero a norma. Nell’indagine, coordinata dai pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, sono indagate 12 persone per i reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio plurimo e lesioni nei confronti di centinaia di parti offese. E ora anche Osman Omer Delice, l’artigiano di Imperia, si è rivolto ad un avvocato per ottenere giustizia e soprattutto il risarcimento dei danni subiti, anche quelli psicologici perché “dimenticare di aver visto la morte in faccia è decisamente difficile”.