Ventimiglia, all’Istituto Marco Polo gli studenti tremano dal freddo
Una media di 14 gradi nelle aule, dove i ragazzi indossano la giacca per combattere gli spifferi e la pioggia
Ventimiglia. All’Istituto Marco Polo fa freddo. Nelle aule dove i ragazzi ascoltano le lezioni il termometro segna 14 gradi. E non è tutto: nei corridoi, infatti, la colonnina di mercurio si ferma molto prima: appena 8 gradi.
Troppo pochi per poter studiare. Troppo pochi anche per la legge, che prevede un minimo di 18 gradi negli istituti scolastici.
A denunciare la situazione, non più sostenibile da quando il freddo ha iniziato davvero a farsi sentire, è Andrea Lorenzi, rappresentante di istituto all’ultimo anno delle superiori.
“In tutto l’edificio fa alquanto freddo”, esordisce, “Abbiamo portato un termometro per misurare la temperatura che, come prevedevamo, è ben al di sotto della soglia prevista dalla legge”.
“I miei compagni ascoltano le lezioni tenendosi addosso i giubbotti e i guanti, altri si avvinghiano ai termosifoni, che sono anche pochi…”, prosegue il giovane.
Il motivo delle temperature polari sarebbe riconducibile alla presenza di una sola caldaia per un edificio a tre piani di notevoli dimensioni. “La caldaia è al piano terra, dove ci sono i bimbi delle elementari”, spiega il giovane, “E loro, per fortuna, stanno al caldo. Ma noi no, perché all’ultimo piano non arriva calore a sufficienza”.
Per non parlare delle finestre: anch’esse “colpevoli” di raffreddare i già poco scaldati locali. Cercando di combattere gli spifferi che entrano dai serramenti, gli studenti si sono attrezzati, contornando di scotch da imballaggio i vetri delle finestre. E poi dicono che i giovani non conoscono l’arte dell’arrangiarsi.
“Abbiamo chiesto di poter usare stufette elettriche, ma ci è stato risposto che non è possibile”, dichiara il rappresentate di istituto: un problema di sicurezza sembra vietarlo. Ma le ragioni potrebbero anche essere di natura economica: le stufette elettriche, è risaputo, consumano tanto.
Crepe e fessure, però, non si trovano solo in prossimità degli infissi, ma anche su muri e soffitti. “C’è un buco che non abbiamo ancora capito a cosa serva”, racconta Lorenzi, “Da lì entra l’acqua che finisce direttamente su cavi elettrici scoperti”. Una situazione di quelle da manuale, proprio.
E non è tutto: la scuola, così come prevede la normativa vigente, è provvista di una porta antincendio. Peccato però che non abbia il maniglione anti-panico e diventi così più un pericolo che una via di fuga in caso di incendio o terremoto.
“Lo abbiamo già segnalato più volte”, dice lo studente, “Ma per ora non si sono visti cambiamenti”.
Gli studenti, comprensibilmente inferociti, sono pronti a scendere in strada per chiedere che vengano rispettati i loro diritti.