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L’avvocato risponde: immissioni di fumo e calore, che fare?

12 gennaio 2016 | 10:54
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L’avvocato risponde: immissioni di fumo e calore, che fare?

Ultimo argomento da affrontare, ha attinenza al suo comportamento nell’arco degli anni intercorsi dall’inizio delle immissioni moleste ad oggi

Buongiorno avvocato,

sono proprietario di un casa sita in una zona periferica di Genova, e da diversi anni mi trovo a subire immissioni di fumo e calore da parte di una piccola attività di fusione e saldatura di materiali ferrosi, nonché produzione di semi lavorati, ubicata nelle vicinanze.

La mia proprietà é semi abitativa, dato che é adibita in parte a laboratorio di calzature ed in parte a civile abitazione, in cui vivo con mio figlio e mia moglie.

Ad oggi, vista la situazione mio figlio si é ammalato di una forma d’asma piuttosto seria e credo che ciò dipenda dalle esalazione della vicina fonderia.

Cosa posso fare e quali mezzi ho a disposizione per tutelare la mia salute e quella della mia famiglia?

Grazie

La soluzione del parere richiesto deve necessariamente prendere le mosse dall’analisi della materia applicabile al caso di specie e, più precisamente, dell’art. 844 c.c..

Tale articolo del codice civile ha ad oggetto le immissioni, qualunque sia la loro natura, che da un fondo possano propagarsi ad altri.

Da tale inquadramento normativo derivano una serie di problematiche che si andranno ora a vedere concretamente.

In via preliminare, va rilevato che l’art 844 c.c. prevede una limitazione alla tutela del soggetto che veda violata la propria proprietà, consistente nel limite della c.d. “normale tollerabilità”, avuto riguardo alla condizione dei luoghi.

Riguardo a quest’ultimo punto, non si evince dalla situazione che mi rappresenta se il luogo in cui vive sia o meno ricompresa nella zona industriale.

Considerando che nessuna specifica é stata da Lei effettuata, se non per dire che si tratta di zona periferica di Genova, si può presumere che non ci si trovi in zona industriale.

Per quanto concerne, invece, il concetto di “normale tollerabilità”, mancando nella legge una misura in base alla quale stabilire, con criteri automatici, il superamento o meno di tale soglia, tale limite dev’essere determinato di volta in volta dal giudice, con riguardo alla condizione dei luoghi ed all’attività che normalmente ivi viene espletata, avuto riguardo al contesto produttivo (in tal senso si veda Cass. Civ. n.6534/85).

Ne deriva che il limite di tollerabilità non é mai un concetto assoluto ma più correttamente relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, senza che possano essere vincolanti per il giudice i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente, pur potendo gli stessi essere considerati come criteri minimali di partenza ( in tal senso si veda Cass. Civ. 1418/06).

Valutando, quindi, come nel caso di specie la situazione concreta e avuto riguardo al fatto che non ci si trova prettamente in una zona industriale, é ragionevole ritenere che l’elemento “luogo”, di cui all’art. 844 c.c. non sarà di ostacolo a veder tutelata la sua posizione.

Riguardo, invece, al concetto di “normale tollerabilità”, il fatto che suo figlio sia diventato asmatico per fenomeni conseguenti e collaterali a legittima attività umana, costituisce indizio del superamento di tale soglia.

Soglia che, tuttavia, come detto non é prestabilita a priori né può esserlo in maniera matematica, in quanto nella materia di cui all’oggetto domina il criterio di relatività caso per caso, essendo affidato al giudice di merito il compito di equilibrare i vari interessi in gioco.

Tale ultima questione costituisce un’ulteriore problematica da affrontare.

Occorre, infatti, dire che in tema di immissioni, la tutela rigorosa del diritto di proprietà e salute, a seconda dei casi, deve essere svolta con equo temperamento, rispetto alle esigenze di produzione, sia essa industriale, agricola o di altra natura ( in tal senso si veda Cass. Civ. n.4158/57).

Questo l’orientamento più risalente.

Più recentemente, invece, la S.C. ha ritenuto che, in ogni caso, la tutela della salute sia un limite intrinseco all’attività di produzione industriale, oltre che nei rapporti di vicinato, dovendo ormai considerarsi prevalente, rispetto alle esigenze della produzione, il soddisfacimento dell’interesse a tutelare una normale qualità della vita ( in tal senso si veda Cass. Civ. n. 5569/10).

Sempre secondo tale orientamento ( a Lei favorevole), il contemperamento degli opposti interessi non implica che nelle zone a prevalente vocazione industriale debbano considerarsi lecite e tollerabili immissioni, per il solo fatto che l’area in oggetto ha tale destinazione ( caso Ilva ne é un esempio).

In altri termini, il giudice dovrà decidere in base a molti elementi, anche non univoci, che porteranno lo stesso dall’astenersi dal prendere provvedimenti di natura coercitiva, ove si rilevi una preminenza dell’interesse produttivo rispetto ad ogni altro diritto.

Solo in tale caso, il giudice ordinerà misure alternative, aventi carattere sanzionatorio-indennitario, prevedendo per il sacrificio della piena proprietà altrui il pagamento di un indennizzo.

Quanto sopra espresso é frutto dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato.

Per quanto concerne, invece, il profilo prettamente “pratico” della questione che mi prospetta, ossia quali azioni può esperire per tutelare se stesso e i suoi cari, effettivo oggetto del presente parere, lo scrivente intende fare alcune precisazioni.

Lei può agire contro il suo vicino con due diverse azioni, riconducibili alternativamente all’art. 844 c.c. e all’art. 2043 c.c..

In via preliminare occorre dire che l’azione di cui all’art. 844 c.c. può essere azionata da Lei per tutelare un diritto proprio, in qualità di proprietario di un immobile adibito in parte ad abitazione ed in parte a laboratorio, a cagione delle immissioni provenienti dalla proprietà altrui.

Secondo la giurisprudenza l’azione di cui all’art’ 844 c.c. ha duplice natura, in quanto da un lato é volta a chiedere l’eliminazione delle cause di dette immissioni, configurandosi, pertanto, come azione ad effetto reale, dall’altra é, invece, volta ad ottenere l’attribuzione di un indennizzo commisurato alla capitalizzazione del minor reddito del fondo dipendente ( quello colpito), a seguito delle immissioni stesse ( in tal senso si veda Cass. Civ. 5287/87).

Ben diversa é l’azione che Lei potrebbe proporre in via cautelare e/o alternativa, a favore di suo figlio minore malato di asma.

In questo caso ciò che viene in gioco é il diritto alla salute.

Sul punto l’orientamento della giurisprudenza é il seguente.

La S.C. ritiene, infatti, che in materia di immissioni le azioni di cui all’art. 844 c.c. e art. 2043 c.c. hanno diverso ambito operativo.

La prima norma impone, infatti, nei limiti della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della produzione con quelle degli altri soggetti, l’obbligo di sopportazione delle propagazioni inevitabili, determinate dall’uso della proprietà, attuato nel contesto delle norme generali e speciali che ne disciplinano l’esercizio.

La seconda, invece, opera ove tali limiti siano superati, come si presume sia avvenuto nel caso di specie e si sia in presenza di un’attività illegittima, di fronte alla quale non ha ragion d’essere l’imposizione di un sacrificio all’altrui diritto di proprietà e godimento (con conseguenze applicazione dei criteri di cui all’art. 844 c.c.).

Trattandosi di un’ipotesi di illiceità del fatto generatore del danno a terzi, come tale va risarcito ai sensi del criterio generale di cui all’art. 2043 c.c. ( in tal senso si veda Cass. Civ. n. 11915/02).

Ne deriva che le due azioni conservano reciproca autonomia, potendo i relativi indennizzi non costituire duplicazione del risarcimento, vista la natura prettamente indennitaria per fatto lecito quello previsto dall’art. 844 c.c., mentre di natura risarcitoria per fatto illecito quello contemplato dall’art. 2043 c.c..

La duplicazione delle azioni, come sin qui rappresentato, comporta l’ulteriore valutazione in merito all’esperibilità di tali azioni sul piano temporale, tenuto conto del fatto che le immissioni si protraggono ormai da anni.

Sul punto posso dire che secondo la giurisprudenza (risalente a dire il vero) ha avuto modo di precisare che l’azione volta all’eliminazione delle immissioni intollerabili é imprescrittibile, attesa la sua natura reale, mentre l’azione per il risarcimento del danno, pur essendo in sé soggetta a prescrizione, può essere sempre esperita ove le immissioni, fatto generatore del danno, perdurino al momento di proposizione della domanda ( in tal senso si veda Cass. Civ. n. 1404/79).

Nel caso di specie é assodato che le immissioni nocive siano ancora sussistenti, di talché l’azione risarcitoria non si é trascritta.

Un’ultima analisi spetta riguardo al nesso causale tra le immissioni e la patologia asmatica di suo figlio, di per sé strettamente legata all’azione ex art. 2043 c.c..

Riguardo alla soluzione delle presente problematica, soccorre il principio giurisprudenziale dell’”id quod plerumque accidit”.

In altri termini, può essere posta una relazione probabilistica concreta tra il fatto certo e cioé il comportamento del danneggiante (immissioni) e l’evento dannoso, secondo il criterio del “ più probabile che non..” .

Secondo la giurisprudenza, infatti, ai fini della configurabilità del nesso causale tra un fatto illecito ed il danno a terzi, non é necessario che quest’ultimo si prospetti come conseguenza certa ed inequivoca dell’evento traumatico ma é sufficiente che la derivazione causale del secondo dal primo possa affermarsi in base ad un criterio di elevata probabilità, senza che altri fattori possano essere intervenuti ( in tal senso Cass. Civ. n. 13530/03).

Nel caso di specie é presumibile sostenere che l’asma di suo figlio sia conseguenza altamente probabile delle immissioni illecite (circostanza da provare comunque) derivanti dall’azione posta in essere dal suo vicino e come tale risarcibile.

Ultimo argomento da affrontare, ha attinenza al suo comportamento nell’arco degli anni intercorsi dall’inizio delle immissioni moleste ad oggi.

Va ricordato che l’azione di cui all’art. 844 c.c. attiene alle immissioni che di per sé superano la normale tollerabilità in senso oggettivo, di talché non ha alcun rilievo la presunta tolleranza del soggetto danneggiato, il quale ad un certo punto si veda costretto ad adire le vie giudiziarie per tutelare i propri interessi.

Stante questa argomentazione e avuto riguardo all’imprescrittibilità delle due azioni risarcitorie di cui in precedenza, ad opinione dello scrivente Lei ben potrebbe, preventivamente all’azione di merito, depositare ricorso ex art. 700 c.p.c., al fine di vedere interrompere immediatamente ed in via cautelare la condotta lesiva della salute di suo figlio, senza vedersi opporre l’eccezione della “tolleranza” manifestata in questi anni, riguardo a presunte immissioni nocive.

Rimango a disposizione per eventuali chiarimenti.

Cordiali saluti.

 Fonte Luca

Per contatti inviare mail a: luca-fonte@libero.it