rubrica legale |
Altre News
/
Zone
/

L’avvocato risponde: l’accordo pre-matrimoniale in caso di separazione

8 dicembre 2015 | 17:40
Share0
L’avvocato risponde: l’accordo pre-matrimoniale in caso di separazione

Buongiorno Avvocato,

io e mia moglie ci stiamo separando.

Poco prima di sposarci abbiamo firmato un accordo secondo cui, in caso di separazione, mia moglie mi avrebbe ceduto l’immobile di sua proprietà, da me ristrutturato ed adibito a casa coniugale.

Ad oggi lei afferma che tale accordo é del tutto nullo per l’art. 160 c.c. e non mi darà nulla.

Ha ragione? Cosa posso fare?

Grazie

Caro signore,

la risoluzione della questione che mi prospetta deve prendere necessariamente le mosse dalle affermazioni di sua moglie, al fine di escludere le argomentazioni addotte da quest’ultima, una volta analizzata la normativa la normativa di riferimento.

Preliminarmente, occorre inquadrare l’accordo da voi sottoscritto poco prima prima del matrimonio.

Nello specifico, trattasi di scrittura privata avente ad oggetto un accordo secondo cui, al verificarsi di una “certa situazione”, sua moglie provvederà a trasferirle l’immobile coniugale.

Apparentemente la separazione, quale condizione sospensiva dell’attuazione dell’accordo matrimoniale, secondo quanto sostenuto dalla sua ex moglie, farebbe rientrare lo stesso nel novero dei c.d. accordi nulli, in quanto derogativi dell’art. 160 c.c..

Più precisamente, tale articolo prevede che gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.

Nel caso di specie, secondo sua moglie l’accordo prematrimoniale, a suo tempo raggiunto, sarebbe nullo, in quanto derogante disposizioni legislative che tendono ad evitare uno squilibrio tra parti nella separazione, soprattutto in punto di doveri di mantenimento, oltre che impedire un ingiusto arricchimento di una parte a scapito dell’altra.

E’ evidente che la scrittura privata viene inquadrata nel novero degli accordi prematrimoniali, aventi ad oggetto il divorzio, largamente utilizzati e diffusi all’estero ma non in Italia, in cui sono appunto vietati.

Sul punto, la Giurisprudenza risalente era orientata a ritenere gli accordi in oggetto, assunti prima del matrimonio o in sede di separazione consensuale o divorzio, nulli in origine, per evidente illiceità della causa , atteso che gli stessi si presentano come contrastanti con i principi di indisponibilità dello status di divorziato o separato, nonché dei relativi assegni (in tal senso Cass. Civ. n.6857/92).

Ad onor del vero, tale orientamento é criticabile, in quanto non tiene conto dell’evoluzione dei tempi e del sistema normativo orientato a riconoscere sempre più spazi all’autonomia negoziale dei coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale.

E’ in tale solco che va visto l’orientamento Giurisprudenziale più recente (Cass. Civ. n.5302/06), secondo cui gli accordi c.d. prematrimoniali non sono a priori contrastanti con l’ordine pubblico ma   il principio di indisponibilità dell’assegno di divorzio va rinvenuta nella sola tutela del coniuge più debole, a cui spetta farne dichiarare la nullità (relativa).

Tali considerazioni fin qui svolte, tuttavia, pur risultando di interesse, non risultano in realtà applicabili al suo caso, atteso che in realtà non ci si trova di fronte ad una situazione in cui gli accordi prematrimoniali hanno ad oggetto l’assegno di mantenimento o quant’altro faccia riferimento alla condizione di ex coniugi.

Più precisamente la sua situazione é diversa.

L’oggetto dell’accordo non é la situazione post separazione ed i fatti da essa derivanti, ma una “datio in solutum”, collegata alla spesa di ristrutturazione dell’immobile adibito a casa coniugale.

In questo caso, infatti, il fallimento del matrimonio non é causa dell’accordo, come nei negozi prematrimoniali tipo, ma é da inquadrare come mera condizione sospensiva dell’applicazione dell’accordo raggiunto.

Più precisamente, la richiesta di rispetto dell’impegno assunto da sua moglie, non é da far rientrare nella c.d. “sanzione dissuasiva” volta a condizionare la libertà decisionale degli sposi, ma rientra più propriamente nella libertà e autonomia contrattuale prevista dall’art. 1322 c.c..

Sul punto poi si é espressa anche la Giurisprudenza (in tal senso Cass.Civ. n. 2373/2012), secondo cui é valido l’accordo con il quale i coniugi si impegnano a definire il loro assetto patrimoniale in vista della fine dell’unione matrimoniale, atteso che in assenza di diritti inderogabili e di un coniuge economicamente debole, tale accordo si configura come un contratto espressione dell’autonomia contrattuale, caratterizzato da prestazioni e controprestazioni proporzionate tra loro e condizionate dall’avvenimento della condizione sospensiva, identificata nella fine del matrimonio stesso.

In tale prospettiva, cioé di fattispecie rientrante nell’articolo 1322 c.c.,trova altresì applicazione un altro principio interpretativo dei predetti accordi, rinvenibile nell’art. 1363 c.c., secondo cui le clausole del contratto si interpretano le une con le altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.

Anche sotto quest’ultimo profilo, é possibile escludere che l’accordo da voi raggiunto rientri nel novero degli accordi prematrimoniali, in quanto al di là dell’indagine letterale, ciò che ha rilievo é la ratio e la logica della volontà reale delle parti. ( in tal senso Cass. Civ. n. 6566/82).

Nel suo caso questa “ratio logica” é prettamente di natura “restitutoria”, in quanto legata a spese da lei sostenute al fine di ripristinare un alloggio di proprietà di sua moglie, per adibirlo a casa coniugale.

Stante queste argomentazioni, in conclusione, é suo diritto richiedere alla sua ex moglie il rispetto dell’accordo prematrimoniale (da intendersi tale dal punto di vista temporale e non sostanziale), senza vedersi opporre da parte della stessa l’art. 160 c.c., in quanto argomento del tutto infondato per le ragione che le ho citato.

Cordiali saluti.

 Fonte Luca

Per contatti inviare mail a: luca-fonte@libero.it