Odissea Sergio Salvagno: cade e si rompe una clavicola, altre sofferenze per l’agronomo imperiese

14 novembre 2015 | 16:14
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Odissea Sergio Salvagno: cade e si rompe una clavicola, altre sofferenze per l’agronomo imperiese

Ora è nuovamente ricoverato alla clinica Sant’Anna e i famigliari attendono l’inizio del processo in tribunale

Imperia. Non c’è pace per Sergio Salvagno, l’agronomo che nel settembre dell’anno scorso era stato colpito al volto da un razzo durante lo sbarco dei pirati.

Dal 29 ottobre scorso è tornato ad essere ospitato alla clinica Sant’Anna dopo un periodo di degenza all’ospedale di Imperia per una crisi epilettica. Ma ad aggravare il suo stato di salute tra ansia e paura e   cure mediche che non sembrano avere effetti sperati, ora c’è anche una brutta caduta. “Mio fratello – racconta a Riviera 24 con tanta amarezza in corpo  Fulvio Salvagno – camminando in stanza ha perso l’equilibrio perché molto debole. E’ caduto e si è rotto la clavicola. Ora ha un tutore, ma il dolore non passa”.

Il 9 dicembre si avvicina. E’ il giorno fissato per la prima udienza del processo che si terrà in tribunale a Imperia. “Mi chiedo se vedrò l’uomo che ha provocato tutto questo – si domanda Fulvio Salvagno – Al dolore di mio fratello e nostro si aggiunge pure il fatto che l’assicurazione non risarcirà il danno. Che cosa succederà allora? Andremo al processo. Ci costituiremo parte civile. Andremo quasi certamente in Cassazione e speriamo di poter ottenere un risarcimento dei danni. Anche se vedo questa strada tutta in salita e senza sbocchi. Nessuno si è più fatto sentire e questa cosa mi fa ancora più rabbia”.

Sergio Salvagno vive il suo dramma accanto ai familiari e agli amici più stretti. “Non ci sono progressi – ammette Fulvio – Ha paura di ogni cosa e questa caduta proprio non ci voleva. Per calmarlo gli danno calmanti e medicine che lo stordiscono come un cavallo. Il riposo è l’unica cosa che gli fa bene, ma deve anche riprendere la riabilitazione, in modo serio e continuativo perché non vediamo davvero alcuna via d’uscita”.