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L’avvocato risponde: “Il contratto di comodato d’uso”

24 novembre 2015 | 11:44
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L’avvocato risponde: “Il contratto di comodato d’uso”

Buongiorno Avvocato,

sono proprietario di un immobile con più vani, sito nel centro di Imperia e tre anni fa, ho concesso a mio figlio, coniugato da poco tempo, di utilizzare con mia nuora l’abitazione a scopo di residenza familiare, senza prevedere alcun termine per la restituzione.

Io sono andato ad abitare da mio fratello, essendo io vedovo e mio fratello non coniugato.

Ad oggi, mio figlio e la mia ormai ex nuora si sono separati e il Tribunale di Imperia ha assegnato a quest’ultima e al mio nipotino l’immobile, a titolo di casa familiare.

Posso richiedere la restituzione della mia casa, dato che ho problemi di salute ed economici e mio fratello non può più ospitarmi, essendo sotto sfratto?

Grazie.

Egregio Signore,

per rispondere al suo quesito, ritengo opportuno provvedere ad inquadrare l’istituto sotteso alla situazione concreta, tenendo in debito conto anche le pronunce Giurisprudenziali che si sono succedute nel tempo.

Per prima cosa, il rapporto sussistente tra lei e la famiglia di suo figlio va qualificato come contratto di comodato.

Tale tipologia di accordo é prevista dall’art.1803 c.c. e si caratterizza per essere un contratto tipico essenzialmente gratuito, con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire al comodante la stessa cosa ricevuta.

Trattasi di contratto reale che si perfeziona nel momento in cui il bene, sia esso mobile che immobile, é consegnato dal comodante al comodatario.

Dal punto di vista della forma, non é prescritta dalla legge alcuna forma particolare, ben potendo esservi comodato anche nella forma verbale.

L’aspetto che rileva, invece, ai fini della presente problematica é la componente “durata” del comodato.

Tale elemento trova la sua disciplina negli art.li 1803, 1809 e 1810 c.c., norme dal cui combinato disposto vengono ricavate le due figure particolari di comodato, ossia “comodato in senso proprio” e “comodato precario”, quest’ultimo sottotipo del primo.

Ai sensi dell’art. 1809 c.c. le parti possono stabilire un termine determinato per la restituzione della cosa al comodante oppure convenire che la cosa comodato sia destinata ad un uso ben determinato.

In quest’ultima ipotesi, il comodante é tenuto alla restituzione della cosa, non appena lo scopo dell’accordo sia stato raggiunto.

Nell’eventualità che il comodante voglia rientrare in possesso della cosa, prima della scadenza del termine o prima che lo scopo del contratto sia raggiunto, potrà farlo solo ai sensi dell’art. 1809 comma 2 e quindi chiedere la restituzione solo in presenza di “ urgente e imprevisto bisogno”.

Ben diversa é la figura del comodato cd. “precario”, ex art. 1810 c.c., fattispecie in cui le parti non hanno previsto né un termine per la restituzione della cosa, né abbiano specificato l’uso al quale la cosa debba essere destinata dal comodatario, con la conseguenza che il comodante può chiederne la restituzione in qualsiasi momento, senza addurre motivi particolari.

Veniamo ora ad analizzare il caso concreto, al fine di verificare a quale tipologia di comodato può essere ricondotto l’accordo sussistente tra di voi ed appurare se il provvedimento di assegnazione dell’ex casa coniugale ha qualche effetto sul comodato.

Per quanto attiene al primo aspetto emerge, chiaramente, che l’immobile é stato da lei concesso per ragioni di soddisfacimento dei bisogni di tutta la famiglia, composta da suo figlio e sua nuora.

Detto questo, risultando chiaramente lo scopo prefissato nell’accordo, si può ragionevolmente escludere che lo stesso rientri nella figura del c.d. “comodato precario”, dal momento che, apparentemente, pur essendo a tempo indeterminato, é evidente l’esigenza del raggiungimento dello “scopo familiare”.

Tale circostanza, a ben vedere, per effetto della concorde volontà delle parti, é idonea a conferire all’uso, cui la cosa deve essere destinata, il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la eventuale crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante (in tal senso si veda Cass. Civ., sez. I, 2 ottobre 2012, n. 16769, conf. Cass. Civ., sez. III, 14 febbraio 2012, n. 2103, Cass. Civ., sez. III, 21 giugno 2011, n. 13592 e Cass. Civ., sez. III, 28 febbraio 2011, n. 49).

Tale considerazione viene fatta tenendo presente l’orientamento prevalente della Giurisprudenza, anche se si segnalano orientamenti divergenti, basati, il più delle volte, su considerazioni basate sull’assenza di un effettivo accordo sulla concessione del bene per i “bisogni familiari”.

Per quanto concerne la posizione della sua ex nuora, rispetto al contratto di comodato intercorso tra lei e suo figlio, non si può negare la sua qualità di beneficiaria del comodato, in ragione del fatto che, pur non essendo stata parte in senso formale del contratto in questione, essa é comunque un componente del gruppo familiare, in favore del quale lei concesse l’immobile in comodato.

Appurato che sua nuora é parte comodataria, a tutti gli effetti, si tratta ora di appurare se, ed in che misura, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, da parte del Tribunale, possa aver modificato il titolo di godimento della stessa.

In altri termini si tratta di stabilire se siamo ancora in presenza di comodato oppure no, con evidenti conseguenze anche per la sua posizione.

A tal proposito va detto che il provvedimento di assegnazione della casa, a seguito di separazione, visti i suoi limiti soggettivi e oggettivi, non può interferire sui rapporti contrattuali preesistenti e, nello specifico con quelli nascenti da comodato, modificando il titolo di godimento dell’immobile.

Al più, il provvedimento del tribunale si può limitare a concentrare nella persona dell’assegnatario il diritto del comodatario, escludendo altra persona facente parte del nucleo familiare originario.

In tal senso si é espressa la Giurisprudenza (Cass. Sez. unite Sent. n.13603/2004), la quale ha avuto modo di chiarire che “nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario dei figli … non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma II, cod. civ.”.

In altri termini, secondo questa concezione giurisprudenziale cd. “familiarista”, lei potrebbe riottenere l’immobile solo nell’eventualità che vi siano comprovate ragioni sopravvenute ed urgenti, tali da comportare un bisogno da parte sua.

Nel caso che mi ha prospettato ragioni urgenti e sopravvenute ve ne sono, atteso che, ad oggi, lei non é più nelle condizioni di poter soggiornare con suo fratello, stante lo stato di sofferenza fisica dello stesso e lo sfratto in itinere a carico di quest’ultimo.

Ben potrebbe, quindi, ai sensi dell’art. 1809 c.c. comma 2 richiedere la restituzione dell’immobile di sua proprietà, vista la sopravvenienza di situazioni urgenti e inaspettate.

Circostanze che, tuttavia, dovrebbe ben argomentare, in quanto l’urgenza deve essere imminente e concreta, non voluttuaria o artificiosamente indotta.

In altri termini dovrà produrre documentazione idonea, atta a provare l’impossibilità di suo fratello di continuare ad ospitarla in casa sua, stante le sue precarie condizioni di salute e l’imminente sfratto che lo stesso subirà a breve.

Diversamente, in mancanza di tale prova, sarà costretto a consentire il godimento dell’immobile a favore di sua nuora e nipote, fino a che sussisterà fondamento per l’assegnazione della casa familiare che, come è noto, risiede nella convivenza con figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, posticipando con ciò il suo diritto a riottenere l’immobile di proprietà.

E’ solo in quest’ultimo caso che il provvedimento di assegnazione della casa, da parte del Tribunale, potrà “frustrare” le sue legittime aspettative di vedersi restituire l’immobile dato in comodato.

Per concludere, ove risulti provato che vi sono “solide” ragioni urgenti ed imprevedibili, lei sarà legittimato ad esperire azione di rivendicazione, di cui all’art. 948 c.c., dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente, con apposito atto di citazione ex art. 163 c.p.c., nel quale dovrà indicare e provare la sussistenza dei presupposti di legge di cui all’art. 1809, comma 2, del c.c..

Fonte Luca

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