Furbetti del cartellino, sfila davanti al gip il vigile che timbrava in mutande
Assistito dall’avvocato Alessandro Moroni il vigile “simbolo” dell’inchiesta Stakanov potrà raccontare tutta la sua verità
Imperia. “Io in mutande? Abito sopra ero poco vestito ma non truffavo. Io abito lì nell’alloggio sopra l’Annona, scendo da casa e sono già in servizio; esco dal lavoro e sono a casa”. Quelle giustificazioni, anche un po’ strampalate, Alberto Muraglia dovrà ripeterle domattina al gip che lo interrogherà al secondo piano del Tribunale di Imperia assistito dall’avvocato Alessandro Moroni. E’ probabile che si avvarrà della facoltà di non rispondere come hanno fatto questa mattina i primi indagati sfilati davanti al giudice Massimiliano Botti.
Muraglia è sicuramente il simbolo dell’inchiesta Stakanov della guardia di finanza. Scendeva a timbrare il cartellino persino in mutande. Talvolta gli è capitato di smontare dal servizio, arrivare a casa ed accorgersi di aver dimenticato di strisciare il badge. Per evitare di rivestirsi era sceso anche in pigiama. E quando timbrava sua figlia o sua moglie? Dice che si dimenticava, e per non tornare giù, diceva a sua moglie e a sua figlia di scendere a segnare alla macchinetta l’orario di fine turno.
Il vigile Muraglia ha il divieto di parlare con persone che non siano l’avvocato, la moglie e i suoi tre figli. Non si vede dal giorno dell’arresto né si sente dal portone in fondo alle scale che Adriana, la moglie, apre dopo un po’ di incertezza a chi citofona per chiedere di questa storia delle mutande e del cartellino. “Alberto è tranquillo perché ha la coscienza pulita ma non potevo lasciarlo solo proprio adesso. E lì che studia le carte e cerca le vecchie agende per ricostruire ogni passaggio. Non è il vigile in mutande. È soltanto un uomo che non vede l’ora di mostrare a tutti la verità”. Davanti al giudice martedì avrà la possibilità di dire tutto, anche se forse non sarà ancora la volta buona.