Dipendenti pubblici: chi sono? Quali sono i loro diritti?
Tutto quello che c’è da sapere sul contratto di lavoro di un dipendente comunale
Sanremo. La bufera che ha stravolto il comune della città dei fiori ha sortito i suoi effetti anche negli uffici pubblici dei comuni limitrofi, nei quali, ieri mattina, si respirava un clima teso: un misto di incredulità e vergogna verso i comportamenti di alcuni colleghi.
Perché se è vero che nel solo comune di Sanremo, 43 persone sono state arrestate e altre 75 indagate per truffa aggravata ai danni dello Stato, falso e violazione della legge Brunetta, non bisogna dimenticare chi, con diligenza e senso del dovere, il lavoro lo fa veramente.
“Quello che è successo giovedì serve a tutti per correggere il tiro, smuovere le coscienze”, dice un dipendente statale, “Si deve sempre pensare a chi, in questo momento, un lavoro nemmeno ce l’ha”.
Oppure lavora, ma senza le tutele di chi, invece, usufruisce di un contratto con un ente locale.
“Il contratto di lavoro di cui godono gli statali”, ci spiega una dipendente, “E’ sempre servito, in Italia, come punto di riferimento per alzare le tutele di tutti i lavoratori. Anche se, purtroppo, negli ultimi decenni non è più stato così”.
La forbice tra chi lavora nel privato e chi, invece, firma un contratto di lavoro statale è sempre più ampia, tanto che oggi per molti italiani sarebbe un sogno poter godere dei diritti dei fortunati “operai” della macchina burocratica pubblica.
Ma che cos’è un pubblico impiego? Quali sono i diritti e i doveri di chi ce l’ha? Per rispondere a queste domande abbiamo studiato per voi il testo coordinato delle norme contrattuali vigenti, dove abbiamo trovato le seguenti risposte.
Che cosa si intende per pubblico impiego? Con il termine pubblico impiego si intende quel particolare rapporto di lavoro che si instaura tra un dipendente e una pubblica amministrazione.
Come avviene l’accesso ad un impiego pubblico? Con un contratto individuale di lavoro, stipulato a tempo indeterminato o determinato, tramite procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta.
L’orario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è articolato ai sensi delle fonti normative vigenti.
L’orario di lavoro è funzionale all’orario si servizio e di apertura al pubblico, ma la sua distribuzione è improntata a criteri di flessibilità, utilizzando diversi sistemi di articolazione dell’orario:
– orario flessibile: consiste nel consentire di posticipare l’orario di inizio o di anticipare l’orario di uscita o di avvalersi di entrambe le facoltà, limitando al nucleo centrale dell’orario la contemporanea presenza in servizio di tutto il personale addetto alla medesima struttura.
Con questo sistema si possono individuare fasce temporali di flessibilità di entrata e di uscita, tenendo in considerazione i tempi della città ovvero le esigenze personali del lavoratore in ossequio dell’intesa sulla conciliazione vita-lavoro.
– orario plurisettimanale: consiste nella programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali o annuali con orari superiori o inferiori alle 36 ore settimanali, nel rispetto del monte ore complessivo in relazione al periodo di riferimento;
– Possono essere istituiti turni giornalieri di lavoro.
Gli enti pubblici garantiscono, inoltre, priorità nell’impiego flessibile, purché compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, per i dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e per i dipendenti impegnati in attività di volontariato.
I dipendenti statali non possono, di norma, superare le dieci ore lavorative al giorno.
Se il lavoro giornaliero supera le sei ore, il dipendente ha il diritto a una pausa non inferiore ai dieci minuti.
Un altro diritto è quello del riposo settimanale: il lavoratore deve godere di almeno 24 ore consecutive di riposo ogni 7 giorni.
Per quanto concerne il lavoro straordinario, vi è una vera e propria tabella che stabilisce come calcolare il costo delle prestazioni. In caso di lavoro aggiuntivo in orario diurno, la maggiorazione è pari al 15%. Se il lavoro straordinario è prestato in giorni festivi o in orario notturno, si ha una maggiorazione del 30%. Quando invece il dipendente lavora la notte di un giorno festivo, allora la sua paga subirà un aumento del 50% per il numero di ore effettivamente prestate in servizio.
Altra clausola per quei dipendenti che, per particolari esigenze di servizio, non usufruiscono del giorno di riposo settimanale che spetta loro. Nel contratto, in questi casi, è previsto un compenso aggiuntivo pari al 50% della retribuzione giornaliera per ogni ora di lavoro effettivamente prestata. Oltre a questo, il dipendente avrà, in ogni caso, diritto al riposo compensativo da fruire entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo.
Una discreta “sommetta” viene guadagnata anche dai lavoratori “reperibili”, cioè pronti a raggiungere un luogo, in un massimo di 30 minuti, qualora fosse necessario. La reperibilità, infatti, viene pagata € 10,33 per dodici ore al giorno. Ciascun dipendente non può essere messo in reperibilità più di sei volte in un mese.Nel caso in cui il lavoratore reperibile ricevesse una chiamata, le ore di lavoro prestate vengono retribuite come lavoro straordinario o compensate, a richiesta, con equivalente recupero orario.
Un capitolo a parte meritano le ferie: il dipendente ne ha diritto in ogni anno di servizio. Sono regolarmente retribuite anche se, ovviamente, durante le ferie il lavoratore percepirà lo stipendio base, senza le indennità previste per le prestazioni di lavoro straordinario.
Quanto durano? 32 giorni lavorativi, che scendono a 30 per i neoassunti.
Oltre a queste, a tutti i dipendenti sono attribuite 4 giornate di riposo da fruire nell’anno solare. E’ considerato festivo, inoltre, il giorno dedicato al Santo Patrono della località in cui il dipendente presta servizio: un giorno in più di “ferie” che la maggioranza dei lavoratori non ha.
“Le ferie sono un diritto irrinunciabile”, recita l’Art. 10 CCNL 2000-2001, “Non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 16. Esse sono fruite nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le oggettive esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste del dipendente”.
Tra il 1 giugno e il 30 settembre, in ogni caso, il dipendente che ne abbia fatto richiesta deve poter godere di almeno due settimane ininterrotte di ferie.
Nel caso in cui, poi, le ferie vengano bruscamente interrotte o sospese per motivi di servizio, “il dipendente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie, nonché all’indennità di missione per la durata del medesimo viaggio; il dipendente ha inoltre diritto al rimborso delle spese anticipate per il periodo di ferie non goduto”.
Come viene tutelato il dipendente in caso di infortunio sul lavoro o malattie causate dal lavoro stesso? In caso di assenza dovuta ad infortunio sul lavoro o a malattia riconosciuta dipendente da causa di servizio, il dipendente ha il diritto alla conservazione del posto fino alla guarigione clinica e all’intera retribuzione.
Un riguardo particolare, poi, viene garantito a tutti i dipendenti che si trovano in particolari condizioni psico-fisiche.
Art. 21 Ccnl 14/9/2000: “Allo scopo di favorire la riabilitazione e il recupero dei dipendenti a tempo indeterminato nei confronti dei quali sia stato accertato, da una struttura sanitaria pubblica o da strutture associative convenzionate previste dalle leggi regionali vigenti, lo stato di tossicodipendenza o di alcolismo cronico e che si impegnino a sottoporsi ad un progetto terapeutico di recupero predisposto dalle predette strutture, sono stabilite misure di sostegno secondo le modalità di sviluppo del progetto”.
In particolare, il dipendente ha il diritto a conservare il posto di lavoro per l’intera durata del progetto di recupero, con corresponsione del trattamento economico per un tempo non superiore a 18 mesi.
Potrà godere di permessi giornalieri orari retribuiti nei limite massimo di due ore per la durata del progetto; lavorare con orario ridotto e ricevere mansioni della stessa categoria di inquadramento contrattuale diverse da quelle abituali, quando a richiederlo sia la struttura che gestisce il progetto di recupero come supporto della terapia in atto.
Quando viene concesso un periodo di aspettativa? Viene retribuito?
Per motivi personali, un dipendente assunto a tempo indeterminato può richiedere un periodo di aspettativa per una durata complessiva di dodici mesi in tre anni. Tale periodo non sarà retribuito. Lo stesso vale in caso di gravi e documentati motivi di famiglia che possono tenere il dipendente lontano dal posto di lavoro per un massimo di due anni (in una sola occasione nell’arco della vita lavorativa): il dipendente conserva il suo posto di lavoro, ma non viene retribuito.
Posto assicurato, ma senza paga per chi ricopre cariche pubbliche elettive, coopera con i Paesi in via di Sviluppo, è ammesso a corsi di dottorato di ricerca.
Diritto alla studio. Il dipendente che, durante la sua attività lavorativa, volesse partecipare a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post-universitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, può godere di permessi straordinari retribuiti per un massimo di 150 ore all’anno, oltre ad aver diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza dei corsi e la preparazione agli esami.
I lavoratori che abbiamo maturato almeno 5 anni di servizio presso lo stesso ente hanno diritto, se lo desiderano, a congedi per la formazione. Il periodo di assenza, che sarà retribuito, non deve superare gli 11 mesi consecutivi.
Per quali motivi vengono concessi permessi retribuiti?
– Per partecipare a concorsi, ad esami o per l’aggiornamento professionale;
– in caso di lutto per coniuge, convivente o parente entro il secondo grado;
– matrimonio (15 giorni consecutivi);
– particolari motivi personali o familiari compresa la nascita dei figli (3 giorni);
– effettuazione di testimonianze per fatti non d’ufficio o per gravi calamità naturali che impediscano al dipendente di raggiungere il luogo di lavoro;
– donazione di sangue o midollo osseo.
Cinque i mesi di astensione dal lavoro, retribuiti, in caso di maternità concessi alla lavoratrice madre. Il padre, invece, potrà usufruire di un congedo post partum solo in determinate circostanze: morte o grave infermità della madre, abbandono o affidamento esclusivo del bambino. Gli stessi congedi vengono concessi anche in caso di adozione o affido di minore così da facilitarne l’ingresso nel nuovo ambiente familiare.
Congedi straordinari, ma sempre retribuiti, della durata massima complessiva di due anni, sono concessi a chi deve assistere soggetti disabili.
“Siamo fortunati rispetto a molti altri italiani”, dicono alcuni dipendenti che il loro lavoro lo amano e lo fanno con passione e devozione, “In questo periodo in cui molte persone sono in cassa integrazione, altre non hanno un lavoro e altre ancora devono, per forza, accettare lavori non sufficientemente retribuiti, noi godiamo di tutele e benefit”.
“Dobbiamo ricordarci sempre”, aggiunge un dipendente, “Che lavoriamo al caldo, dietro ad una scrivania: per questo ringrazio tutti i giorni di essere fortunato e lo faccio lavorando seriamente e con coscienza”.
Non tutti i lavoratori delle pubbliche amministrazioni sono fannulloni: per capirlo basta entrare negli uffici comunali e osservare, con discrezione, il lavoro di tanti. O guardare, fuori dai vari palazzi, le luci accese in orari “extra”.
Perché se è vero che l’operazione Stachanov ha mostrato all’opinione pubblica un mondo di truffatori, colti con le mani nel sacco, è giusto “fotografare” anche un’altra Italia: quella di persone che al lavoro ci tengono davvero e, per questo, consapevoli di essere, in un qualche modo, dei privilegiati, nelle loro mansioni danno il meglio di se stessi.